ROMA – La nuova convenzione (o concessione, secondo il termine finora utilizzato e al momento in regime di prorogatio) tra lo Stato e la Rai dovrà definire in primo luogo il perimetro “minimo” del servizio pubblico radiotelevisivo, e al tempo stesso impegnerà però la stessa Rai a ridefinire a sua volta il meccanismo di servizio pubblico che dovrà assicurare.
Lo ha detto il sottosegretario all’Economia con delega alle comunicazioni, Antonello Giacomelli, nel corso dell’audizione in Commissione di Vigilanza. Giacomelli ha parlato di convenzione dalla durata decennale, quindi allungata rispetto ad oggi, e in questo settore parlare di un’indicazione che ha un traguardo decennale “è molto impegnativo – ha riconosciuto Giacomelli – perché le trasformazioni e i cambiamenti che intervengono hanno una velocità molto superiore a questo termine temporale”. Tuttavia – ha detto ancora Giacomelli – “per impostare un ragionamento in termini seri in fatto di prospettiva si è pensato che 10 anni siano adeguati”.
Quello che si chiede alla Rai è “un servizio pubblico multimediale che tiene conto delle novità già intervenute e delle iniziative già intraprese dalla Rai, anche da parte dello Stato c’è consapevolezza del mutamento intervenuto”.
Il sottosegretario ha parlato anche dell’esigenza di definire il tema della idoneità del sistema della contabilità separata, identificare con chiarezza “gli ambiti dell’attività del servizio pubblico rispetto a quello di tipo commerciale”. Tema su cui ci si interroga da tempo, e pertanto “la concessione, e quindi l’atto di convenzione, sia lo strumento giusto per portare a dare una risposta che sia soddisfacente rispetto a questa esigenza”. Di qui la definizione nella convenzione di quello che Giacomelli ha indicato come “perimetro minimo” di servizio pubblico, “la sua essenzialità”, e intendendo “non tanto che sia inibita ogni ulteriore iniziativa ma che sia identificato con chiarezza, ai fini del rapporto con lo Stato, ad essere l’oggetto della convenzione”.
Invitando – ha detto ancora Giacomelli – gli organi che amministrano la Rai, oggi il Cda e poi l’amministratore delegato, “anche a tener conto nella definizione del piano industriale e del piano editoriale di una esigenza cambiata rispetto al passato: in termini di reti, canali, essenzialità, relazione tra obiettivi e risorse”.
A giudizio del sottosegretario proprio questo “dev’essere uno degli atti fondativi del servizio pubblico rispetto al contesto cambiato e a competenze che devono concorrere e non sovrapporsi. Compito di chi amministra la Rai è andare a costruire, sulla base di queste indicazioni, i piani in coerenza con esse”.
Giacomelli ha anche ricordato come dalla consultazione pubblica sulla futura Rai sia emersa l’esigenza di un sostegno alla produzione nazionale dell’audiovisivo; “è emersa chiaramente”. E più in generale il sistema Italia “non può fare a meno di Rai per l’accompagnamento sul mercato. Di qui – secondo Giacomelli – la produzione, se non di un vero e proprio canale in lingua inglese che sia capace di affermare gli interessi e la cultura del nostro Paese nella dimensione internazionale”.
Accompagnato da pluralismo e attenzione per le minoranze linguistiche. A proposito ancora di risorse, Giacomelli ha sottolineato che è “necessaria una riflessione più ampia e valutare se questo contrarsi della pubblicità e uno spostamento su una pluralità di soggetti, questa difficoltà del mercato a sostenere complessivamente il settore dell’editoria attenga alla difesa del pluralismo, alla possibilità di determinare condizioni reali perché sia possibile per ciascuno sostenere la propria attività editoriale. E su questo occorre una generale riflessione di sistema”.
Giacomelli ha anche detto che alla concessione si potrà arrivare in tempi rapidi, procedendo con l’approvazione dello schema di rinnovo da parte del Consiglio dei ministri e quindi passare al parere della commissione di Vigilanza prima di procedere al definitivo via libero. E questo proprio al fine di limitare il più possibile il “tempo di incertezza di fronte a questo atto che segna la ridefinizione del servizio pubblico”.
Il sottosegretario ha anche rilevato “non c’è necessità di utilizzare tutto il lasso di tempo che il Parlamento ha concesso”, come pure ha sottolineato che sarebbe stato “inopportuno” che fosse un governo chiamato alla gestione degli affari correnti a proporre un testo chiave come il rinnovo della concessione.
Il testo che si sta definendo dev’essere conosciuto nei dettagli dal Consiglio dei ministri che deve approvarlo, ma non è inutile un approfondimento già in questa fase”. E sarà rispettato – ha assicurato – il termine dei 30 giorni entro cui far avere alla commissione di vigilanza lo schema di convenzione che verrà da Palazzo Chigi.
Giacomelli ha anche ricordato che la concessione “è un atto unilaterale dello Stato, mentre il contratto di servizio dev’essere accettato e firmato dalle due parti. È evidente che la commissione non ha lo stesso obbligo del parlamentare che presenta un emendamento, non deve indicare una copertura”. È stata così indicata “una espansione degli obblighi dell’azienda ma senza che vi siano le condizioni di copertura”.
Dal sottosegretario sono poi venute di apprezzamento per il lavoro della commissione di vigilanza svolto in questa legislatura. E tornando al “perimetro minimo” di servizio pubblico che la convenzione dovrà fissare, Giacomelli ha detto che “compito nostro è definire questo”, oltre quel tipo di interessi che possono essere soddisfatti da un numero di canali le iniziative sono possibili ma in ambito aziendale.
“Non vogliamo oltrepassare il confine, vogliamo stare nel pieno delle nostre prerogative e non oltre – ha detto ancora –, perché oltre c’è il mercato con tutte le implicazioni che questo comporta. Chi amministra l’azienda avrà dalla politica e dalle istituzioni le indicazioni esatte dei livelli a cui deve riperimetrare identità stessa di reti e canali, il loro numero e via dicendo”.
Giacomelli, infine, ha detto che “aver introdotto in bolletta elettrica il canone di abbonamento Rai ha contrastato efficacemente l’evasione” del canone stesso. Il sottosegretario ha ricordato che questa modalità del pagamento del canone “elimina un problema storico del Paese fin qui rimasto solo oggetto, a turno, delle interrogazioni di chi si trovava in quel momento all’opposizione”.
A proposito sempre di canone e di risorse destinate alla Rai, il sottosegretario ha precisato che nell’arco di un triennio la ripartizione dell’extragettito prevede per i primi due anni una quota di 50% per la Rai e di 50% per gli obiettivi di finanza generale, mentre nel terzo anno sarà per i due terzi destinato alla finanza generale e il restante terzo alla Rai. (agi)