ROMA – «Il Consiglio di amministrazione della Rai riunitosi oggi, primo giugno, a Viale Mazzini e presieduto da Monica Maggioni ha ascoltato l’informativa della Presidente in merito alla decisione del Direttore generale Antonio Campo Dall’Orto di lasciare l’incarico». Inizia così la nota diramata da Viale Mazzini per comunicare l’ufficialità delle dimissioni del dg, sottolineando che «Rai e il Direttore generale hanno raggiunto un accordo per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro». L’azienda, quindi, «procederà alla nomina di un nuovo Direttore generale nel Consiglio di Amministrazione previsto per il prossimo 6 giugno».
Attenzione: «Antonio Campo Dall’Orto – scrive l’Ufficio Stampa Rai – ha deciso di rinunciare a qualsiasi tipo di trattamento economico ulteriore oltre la data stabilita come ultimo giorno di lavoro. Il Dg uscente ha assicurato che rimarrà a disposizione del suo successore per fornire ogni elemento utile a garantire una transizione la più fluida e fruttuosa possibile».
Naturalmente Monica Maggioni ringrazia Antonio Campo Dall’Orto «per il lavoro fatto insieme nella volontà di perseguire l’obiettivo di un Servizio Pubblico forte e attrattivo. Anche i Consiglieri ribadiscono il ringraziamento ad Antonio Campo Dall’Orto per il percorso comune».
Nel seduta odierna è stata, inoltre, «affrontata la questione relativa all’articolo 9 della legge 198 approvata il 26 ottobre 2016, che introduce il limite massimo retributivo di 240 mila euro annui. È stata condivisa e deliberata – fa sapere la Rai – una prima ipotesi di griglia applicativa che si tradurrà in una policy puntuale da definire nel prossimo Cda».
Il Consiglio di amministrazione di Viale Mazzini ha, infine, «ribadito il proprio supporto all’apertura di una fase negoziale per il rinnovo dei contratti di lavoro, peraltro già espressa dall’azienda alle parti, considerando la questione prioritaria per la prospettiva di innovazione e qualificazione del lavoro nell’ambito del servizio pubblico».
Dimissioni ufficializzate in Cda: “risoluzione consensuale” e rinuncia alla buonuscita