ROMA – È tempo di inchiodare gli editori alle loro responsabilità sul boom del giornalismo precario, sfruttato, sottopagato, mandato allo sbaraglio a rischio dell’incolumità. Daniele Piervincenzi, aggredito ad Ostia e per il quale vi è stata una sacrosanta sollevazione popolare, è uno di loro, esposto ad ogni rischio e pericolo sul lavoro, inviato dalla Rai nel covo della malavita senza contratto giornalistico, senza alcuna tutela e copertura sociale e assicurativa.
Nelle sue stesse condizioni sono diversi centinaia di colleghi soltanto nella Rai che, secondo il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, è un mondo da Far West su cui vanno accesi i riflettori degli organismi di vigilanza.
Dopo la mobilitazione sotto Montecitorio e nelle piazze di Ostia, è ora di portare la protesta sotto casa degli editori, sotto le finestre della Rai, in difesa della legalità, del diritto di cronaca e dell’occupazione, e per denunciare non solo e non soltanto l’inerzia del Governo e del Parlamento, ma anche le colpe degli editori che non rispettano le regole elementari del contratto, peraltro scaduto da quasi due anni.
Nonostante gli aiuti e gli incentivi fiscali ottenuti dal Governo su previdenza e stati di crisi, nonostante le promesse ai più alti livelli e gli ottimismi sulla ripresa dell’economia, e nonostante l’80% del fatturato editoriale venga ancora dalla carta stampata, crolla l’occupazione, si svuotano le redazioni, si continuano a mortificare professionalità, a calpestare esperienze, a mercificare la notizia, ma soprattutto ad alimentare lavoro precario, vite precarie, libertà precarie.
Denuncia il presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni: “Nei primi sei mesi del 2017 abbiamo già registrato una perdita di 800 posti di lavoro (a tempo indeterminato, ndr) dopo gli oltre 2.700 persi dal 2012. Oggi il 65% degli iscritti all’albo dei giornalisti è precario o disoccupato, e 8 giornalisti su 10 prendono 10mila euro l’anno, un reddito di fame e sotto la soglia della povertà”. (giornalistitalia.it)
Romano Bartoloni