MILANO – “Tolleranza zero” con gli editori pirata, che non pagano stipendi e contributi, ma anche nei confronti degli abusivi e di quanti, a vario titolo, esercitano la professione giornalistica risultando sconosciuti all’Inpgi per evasione contributiva.
In un mercato editoriale devastato dalla crisi pubblicitaria, dal calo delle vendite e dalla spending review che ha falciato la pubblicità istituzionale e gli abbonamenti ai giornali ed alle agenzie di stampa, non si può consentire ai pirati dell’editoria di stare sul mercato a costo zero e svendendo spazi pubblicitari: si alimenta e favorisce la concorrenza sleale agli editori seri che, invece, investono nelle risorse umane credendo nella qualità dell’informazione, ma sono costretti a chiudere e licenziare. Nessun dubbio, quindi, sul fatto che le aziende pirata vanno chiuse senza se e senza ma.
L’Ordine dei giornalisti, dal canto suo, deve provvedere a denunciare per esercizio abusivo della professione quanti non sono iscritti all’Albo, ma svolgono lavoro giornalistico, spesso dipendente, occupandosi quotidianamente di servizi importanti come la cronaca nera e giudiziaria, la politica, lo sport. L’Odg deve, inoltre, cancellare per inattività professionale quanti svolgono attività giornalistica, ma risultano sconosciuti all’Inpgi. Restringendo la platea degli iscritti a quanti effettivamente accettano di svolgere la professione nel rispetto delle regole, gli editori pirata avrebbero meno margini per attuare le loro politiche illusorie o ricattatorie.
Per contribuire a salvare l’Inpgi alimentando la gestione principale, in occasione del prossimo rinnovo del Contratto Fieg-Fnsi è, inoltre, assolutamente necessario eliminare l’obbligo per le aziende di assicurare il minimo contributivo per i collaboratori fissi art. 2 ed i corrispondenti art. 12 anche in presenza di basse retribuzioni. Gli editori, a parità di aliquota contributiva, quindi di costo aziendale, non avrebbero motivo ad optare per i co.co.co. ed i giornalisti ne trarrebbero solo vantaggi perché si vedrebbero accreditati i contributi all’Inpgi 1, molto più vantaggiosi rispetto alla gestione separata. In tal caso, va da sé, che sotto la soglia contributiva non sarebbe garantito l’accesso alla disoccupazione che, comunque, non è assicurato ai co.co.co.
Quanto ai pensionati, nulla contro quanti, con pensioni minime, sono purtroppo costretti a continuare a collaborare per tirare a campare, ma a chi ha la fortuna di avere una sostanziosa pensione dovranno essere applicate aliquote contributive talmente elevate da scoraggiare gli editori a utilizzarli al posto dei giovani. Le grandi firme, con grosse pensioni, dovranno infatti costare tanto contribuendo, così, ad alimentare le entrate dell’Inpgi. L’Inpgi, inoltre, in nome della mutualità per cui è nato, non può continuare ad escludere il patrimonio immobiliare dalle prestazioni. Ai giornalisti in difficoltà dovrebbe essere, infatti, garantito un canone di locazione agevolato.
Ma è la mancanza di investimenti, soprattutto pubblici, il nodo centrale della scellerata politica e dell’arroganza di un Governo sempre più convinto che il Parlamento sia un optional e il sindacato la causa di tutti i mali. Ad esempio l’impegno sulla modifica della legge sui prepensionamenti con la legge 416 che prevedeva l’obbligo di 1 nuova assunzione a tempo indeterminato ogni 3 prepensionamenti, che il Governo si è rimangiato facendo venire meno i finanziamenti all’occupazione, quindi mettendo le aziende in grande difficoltà.
Al Governo, inoltre, l’obbligo, non più derogabile, di richiedere alle aziende che beneficiano di contributi pubblici e pubblicità istituzionale il Durc non solo contributivo, ma anche retributivo. Molte aziende stanno, infatti, provvedendo a pagare i contributi previdenziali, incassare i contributi e continuare a non pagare gli stipendi dei giornalisti. Una giungla soprattutto nel campo dell’emittenza televisiva in relazione ai contributi Corecom.
Il Governo, infine, dovrebbe provvedere a modificare subito le regole in materia di elargizione della cassa integrazione. È paradossale, infatti, che chi perde il lavoro deve accontentarsi delle circa 900 euro nette al mese di cassa integrazione perché se volesse racimolare qualche soldo in più si vedrebbe tagliare il mensile, mentre chi aveva già un altro lavoro può tranquillamente cumulare il reddito senza alcuna penalizzazione. Paradossi italiani che Fnsi e Inpgi hanno il dovere di rilevare nelle sedi competenti. giornalistitalia.it
Carlo Parisi
Giunta Esecutiva Fnsi
Consigliere generale Inpgi
Più che una relazione al convegno di Milano, il programma di un dirigente Fnsi. Del resto, questa è l’unica ricetta che può consentire alla categoria di alzare la testa…