BARI – Al Bif&st anteprima internazionale per “Prima che la notte” di Daniele Vicari, film tv con Fabrizio Gifuni nei panni del giornalista e intellettuale Pippo Fava ucciso dalla mafia a Catania il 5 gennaio 1985. Un nuovo lavoro del regista di “Diaz” e “Velocità massima”, ancora una volta nel segno dell’etica, che andrà in onda su Rai 1 il 23 maggio, nella Giornata della legalità.
“Prima che la notte”, prodotto da Rai Fiction e Iff e tratto dal libro omonimo scritto da Michele Gambino e Claudio Fava, racconta gli ultimi due anni della vita straordinaria dell’intellettuale catanese nel segno di un giornalismo “dalla schiena dritta” (così lo definisce Vicari).
«In tutti i settori c’è gente che non si vende, e questo vale anche per i giornalisti. Molti di loro oggi sono sotto scorta e hanno sicuramente una vita difficile, ma l’Italia resta comunque al 45/o posto nella classifica annuale di Reporters sans Frontieres e questo vorrà dire qualcosa», dice a Bari Daniele Vicari.
«Il problema vero – aggiunge Vicari – è che il nostro Paese è spesso colluso, ci sono zone d’ombra in cui si fa fatica ad entrare».
In questo film-denuncia troviamo Pippo Fava ultra-cinquantenne che, dopo i suoi successi in radio, teatro e cinema, torna nella sua Catania per fondare un giornale (I Siciliani) fatto tutto da giovani, compreso il figlio Claudio (Dario Aita). Una testata che darà ben presto fastidio. La sua denuncia della collusione tra imprenditori catanesi e mafia locale guidata da Nitto Santapaola non passerà inosservata tanto che Fava troverà la morte, per colpi di arma da fuoco, nella sua auto. Ma intanto quello che ha seminato, come si vede nel film, continua a vivere nei giovani formati al suo giornalismo etico e di inchiesta.
«Era un intellettuale libero e anche un uomo molto generoso che restituiva quello che aveva avuto – spiega Vicari –. Da qui anche la storia straordinaria de I Siciliani, magazine innovativo che si potrebbe definire quasi una testata online ante litteram».
Dice Fabrizio Gifuni che ha reso con intelligenza il personaggio scanzonato di Fava: «Era un grande giornalista d’inchiesta senza retorica, ma allo stesso tempo aveva una grande capacità di invenzione della realtà che rendeva poetica e teatrale. Una volta raccontò sul suo giornale in maniera epica una mareggiata, con tanto di onde alte sette metri, a Catania, ma quelle onde non erano mai state così alte. Era fatto così».
Sul fronte libertà di stampa l’attore è invece più scettico: «Non ci sono scuole per creare giornalisti dalla schiena dritta. Molto dipende dalla capacità di guardarsi allo specchio di ognuno, e questo è una cosa che non si insegna. L’informazione – conclude Gifuni – è sempre legata alla proprietà dei giornali, una cosa che pesa molto. Così uno la schiena dritta, alla fine, se la deve creare da solo». (ansa)
Il film di Daniele Vicari sul giornalista ucciso dalla mafia il 23 maggio su Rai Uno