GRESSONEY (Aosta) – Il giornalismo potrà avere un futuro soltanto se riuscirà a coniugare un linguaggio moderno con la solidità dei contenuti informativi. Adesso, i media tradizionali faticano a rendersi interessanti per le nuove generazioni al punto che, in generale, (statistiche alla mano) i giovani fra i 18 e i 35 anni non leggono giornali e non s’informano attraverso le emittenti televisive ma attingono quanto serve loro attraverso altri canali. Dunque, occorre riconquistare quel mondo perduto e, per farlo, appare indispensabile rinnovare stile e modo di proporsi.
È quanto emerge dal dibattito che si è sviluppato a Gressoney (Aosta) in occasione della consegna del Premio “Subito” assegnato a Diego Bianchi, collaboratore del “Venerdì” di Repubblica e conduttore della trasmissione “Propaganda”, in onda su La7. Il vincitore è noto con lo pseudonimo di “Zoro”.
«Oggi – conferma Diego Bianchi – il panorama è occupato dalle fake news che circolano sul web con la velocità del vento o da notizie vere, ma irrilevanti rispetto agli interessi del pubblico».
Dunque? «Dunque, occorre riproporsi con uno stile irrituale (e, magari, provocatorio) per incuriosire i giovani e i giovanissimi. Ma il cuore della notizia deve essere documentato, frutto di ricerche e di reportage. L’obiettivo dovrebbe essere quello di raccontare il mondo politico e il Paese appassionando, insieme, un blogger e il Presidente della Repubblica».
Non proprio facile. Ad affrontare questo percorso, editori e giornalisti sembrano impreparati perché hanno a disposizione mezzi obsoleti e perché, troppo spesso, rinunciano a rinnovare se stessi e il proprio mestiere.
Il Premio “Subito” era nato a Spotorno nel 2013 con l’obiettivo di diventare un punto di riferimento dell’innovazione mass-mediatica, assegnandosi il compito di “laboratorio, dibattito e approfondimento sui linguaggi”.
Per questa sesta edizione, si è trasferito in Val d’Aosta dove la giuria è stata presieduta da Gianni Riotta, attualmente editorialista de “La Stampa” e docente all’università statunitense di Princeton.
«Certo – rileva Riotta – le fake news ci sono sempre state. Basta pensare al cavallo d Troia. La differenza fra allora e oggi sta nella capacità della rete di diffonderle in grande quantità e in tempi infinitesimali. La smentita (quando c’è) è assai lenta». Anche Riotta punta l’indice contro la categoria degli operatori dell’informazione.
“I giornalisti – sottolinea – non sono attrezzati per questo tipo di battaglia. Vasti settori dell’informazione non sono di qualità, ma soltanto di quantità». (giornalistitalia.it)