STOCCOLMA (Svezia) – La giornalista e scrittrice bielorussa Svetlana Aleksievich ha vinto il premio Nobel per la Letteratura del 2015. Lo ha annunciato la filologa svedese Sara Danius, neo segretario permanente dell’Accademia Reale svedese.
Aleksievich, 67 anni, si è aggiudicata il riconoscimento “per la sua opera polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo”. Da giorni, la scrittrice era data tra i favoriti. Si tratta della prima volta nella storia dei Nobel che viene premiato un genere giornalistico.
Il premio, del valore di otto milioni di corone (circa 850mila euro), verrà consegnato il 10 dicembre – giorno in cui morì Alfred Nobel – a Stoccolma da Re Carlo XVI Gustavo di Svezia. L’anno scorso a vincere fu il francese Patrick Modiano.
Aleksievich è la quattordicesima donna (in 113 anni di storia), a vincere il Premio Nobel per la Letteratura, contro 99 uomini che hanno ricevuto lo stesso riconoscimento. È la seconda persona di origini ucraine a vincerlo dopo Shmuel Yosef Agnon che lo ottenne nel 1966. Sono sei, con la neo premiata, gli scrittori di lingua russa laureati dall’Accademia Svedese. In precedenza l’ultima donna a vincere il Nobel letterario è stata nel 2013 la scrittrice canadese Alice Munro.
Aleksievich ha commentato inizialmente con una sola parola la notizia della decisione dell’Accademia di Svezia di premiarla: “Fantastico!”. A renderlo noto è stata la filologa svedese Sara Danius, neo segretario permanente dell’Accademia Reale svedese, riferendo alla televisione del colloquio avuto con Svetlana Aleksievich.
In una successiva intervista con la televisione svedese, la scrittrice ha detto di essere stata “colta di sorpresa” dalla telefonata con cui da Stoccolma le hanno annunciato che aveva vinto il premio. “È una grande cosa poter vincere questo premio”, ha aggiunto, ricordando che tra coloro che hanno conseguito l’ambito riconoscimento figurano personaggi quali Ivan Bunin, vincitore nel 1933 e Boris Pasternak, nel 1958.
Aleksievich ha detto di volersi recare alla cerimonia di consegna del premio in programma per il 10 dicembre a Stoccolma. Non sa ancora, invece, come userà la somma del premio perché – ha spiegato – “ho diverse idee per nuovi libri”. “Grazie Svezia!”, ha poi concluso.
Far raccontare a donne e uomini, vittime e carnefici, un dramma corale, quello delle “piccole persone” coinvolte dalla “Grande Utopia” comunista, che ha squassato la storia dell’Urss-Russia per settant’anni, con conseguenze morali che giungono fino a oggi: è questo il cuore del lavoro letterario della Aleksievich, 67 anni, emblema del coraggio degli intellettuali nell’era post sovietica.
Il suo libro “Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del Comunismo”, tradotto in numerose lingue e in italiano da Bompiani nel 2014, sullo sfondo del grande dramma collettivo del crollo dell’Unione Sovietica e della tormentosa e problematica nascita di una “nuova Russia”, costituisce il coronamento ideale di un lavoro di trent’anni.
In quest’opera sono decine i protagonisti-narratori che raccontano cos’è stata l’epocale svolta tuttora in atto in Russia: contadini, operai, studenti, intellettuali, dalla semplice militante al generale, all’alto funzionario del Cremlino, al volonteroso carnefice di ieri forse ormai consapevole dei troppi orrori dello spietato regime che serviva. Nonchè misconosciuti eroi sovietici del tempo di pace e del tempo di guerra, i quali non sanno rassegnarsi al tramonto degli ideali e alle mediocri servitù di un’esistenza che, rispettando solo successo e denaro, esclude i deboli e gli ultimi.
Svetlana Aleksievich ha tratteggiato uno spaccato della tramontata “civiltà sovietica”, redigendo, con la sua coraggiosa opera, quasi un’enciclopedia dei sogni dell’«uomo rosso», fecondata dal dono che ha l’autrice bielorussa di saper penetrare l’anima di coloro che hanno vissuto quell’epoca anche esaltante e stentano oggi ad adattarsi a un “tempo di seconda mano”.
Nata il 31 maggio 1948 a Ivano-Frankivsk, città dell’Ucraina, situata nella parte occidentale del paese, da padre bielorusso e madre ucraina, entrambi insegnanti nelle scuole rurali dell’allora Unione Sovietica, la giornalista e scrittrice è nota soprattutto per essere stata cronista, per i suoi connazionali, dei principali eventi dell’Unione Sovietica della seconda meta del XX secolo.
Fortemente critica nei confronti del regime dittatoriale in Bielorussia, è stata perseguita dal regime del presidente Aleksandr Lukasenko e i suoi libri sono stati banditi dal paese. Era accusata di essere un agente della Cia. Dopo dodici anni all’estero, vissuti soprattutto a Parigi, è tornata da poco a Minsk.
Svetlana Aleksievich ha pubblicato libri tradotti in oltre quaranta lingue e ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali, tra gli ultimi il Premio per la pace degli editori tedeschi alla Fiera di Francoforte (2013), il Prix Medicis Essai (2013) e il Premio Masi Grosso d’Oro Veneziano (2014). Dal 2013 il suo nome figurava tra i candidati al premio Nobel per la letteratura, che ora ha attenuto.
Tra i libri di Svetlana Aleksievich sono usciti in Italia “Preghiera per Cernobyl” (2002), “Ragazzi di zinco” (2003) e “Incantati dalla morte” (2005), tutti e tre pubblicati dalle Edizioni e/o. Il suo libro di maggior successo è considerato “Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del Comunismo”, pubblicato in italiano da Bompiani nel 2014.
“Per me non e tanto importante che tu scriva quello che ti ho raccontato, ma che andando via ti volti a guardare la mia casetta, e non una ma due volte”. Così si rivolge a Svetlana Aleksievich, congedandosi da lei sulla soglia della sua “cheta”, una contadina bielorussa citata nel libro. Con la speranza di avere affidato il racconto della sua vita a qualcuno capace di vero ascolto. (Adnkronos)
Per la prima volta nella storia dei Nobel viene premiato un genere giornalistico