In vita delegittimato da colleghi “benpensanti”, da morto vergognosamente screditato

Pippo Fava, 33 anni fa ucciso un cronista vero

Giuseppe Fava

Giuseppe Fava

ROMA – “A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”. Risuonano ancora oggi le parole del giornalista Pippo Fava, ucciso il 5 gennaio del 1984, mentre andava a prendere la nipote che recitava in “Pensaci, Giacomino!” al teatro Verga di Catania. Non fece neanche in tempo a scendere dalla sua Renault 5 che fu attinto da cinque proiettili della famigerata calibro 7,65, arma di molti omicidi di mafia.
Eppure Fava, già delegittimato da tanti “benpensanti” colleghi in vita, fu drammaticamente screditato nel momento della morte. L’omicidio, infatti, fu etichettato come delitto per questioni di donne, con titoloni che parlavano di omicidio per “movente passionale”. E per chi proprio non credeva alle donne, ecco la seconda pista accreditata: il movente economico, per le difficoltà in cui versava la sua rivista “I Siciliani”.
Persino i funerali diventarono terreno di scontro. L’allora sindaco di Catania, Angelo Munzone, affermò che la mafia a Catania non esisteva. Solo successivamente, l’evidenza delle denunce giornalistiche di Pippo Fava sulle collusioni tra Cosa nostra ed i cavalieri del lavoro catanesi, quella zona grigia in cui convergono gli interessi della mafia, dell’economia e della politica, verrà rivalutata dalla magistratura inquirente.
Nel 1998 si è concluso a Catania il processo “Orsa Maggiore 3” dove per l’omicidio di Giuseppe Fava sono stati condannati all’ergastolo il boss mafioso Nitto Santapaola, ritenuto il mandante, Marcello D’Agata e Francesco Giammuso come organizzatori (poi assolti), ed Aldo Ercolano come esecutore assieme al reo confesso Maurizio Avola.
Giuseppe Fava era un giornalista che cercava di scavare nei meandri meno investigati della “verità” che ai più sfuggeva, iniziando dai rapporti fra mafia e politica. “Mi rendo conto che c’è un’enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione”, affermò Fava il 28 dicembre 1983, nel corso della sua ultima intervista rilasciata ad Enzo Biagi. E quelle frasi per l’epoca rivoluzionarie, ancora oggi hanno un fortissimo valore civile.
A 33 anni dalla sua scomparsa, gli allora giovani con i quali il “direttore” fondò i Siciliani, continuano con impegno la ricerca della verità. Fra questi, il suo storico amico e collaboratore, Riccardo Orioles che, proprio per non aver rinunciato alle idee di Pippo Fava, vive oggi in condizioni di grande disagio sociale e per il quale è stata richiesta l’applicazione della Legge Bacchelli.
Come ogni 5 gennaio il ricordo di Fava riscalda il cuore di tanti giovani, nella speranza che le sue idee camminino sulle nostre gambe non soltanto il giorno della sua uccisione. (agi)

Rosi Bindi: “Da Pippo Fava una preziosa eredità da cui attingere”

ROMA – “33 anni fa la mafia uccideva Giuseppe Fava, un giornalista libero e autorevole che con coraggio e lucidità aveva raccontato la difficile realtà siciliana e denunciato i legami e tra la criminalità e le classi dirigenti catanesi”. Così il ricordo di Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, dedicato a “Un intellettuale scomodo, che non si era fatto intimidire e che ha lasciato una preziosa eredità di passione civile e rigore morale a cui possiamo attingere ancora oggi”.
“Le mafie – aggiunge Bindi – sono cambiate, sparano sempre meno ma continuano a inquinare e condizionare l’economia e la vita del Paese. Il ruolo del giornalismo d’inchiesta è fondamentale per conoscere e capire le nuove strategie criminali per questo la memoria del sacrificio Pippo Fava deve tradursi in un impegno concreto a non lasciare soli i troppi i giornalisti minacciati dalle mafie in Italia”.

M5S: “Pippo Fava, un esempio per il Paese e per tutti noi”

ROMA – “Un esempio del giornalismo che combatte la corruzione, la criminalità e le mafie. Un esempio per il Paese e per tutti noi, ma soprattutto per coloro che oggi continuano a percorrere le sue orme, lottando contro le ingiustizie anche a costo di mettere a repentaglio la propria vita”.
Così, i gruppi parlamentari M5S di Camera e Senato, ricordando, a 33 anni dalla sua scomparsa, Pippo Fava, il giornalista e scrittore ucciso dalla mafia a Catania la sera del 5 gennaio 1984. “Un giornalista incapace per vigliaccheria o per calcolo della verità, scrisse una volta Fava in un suo editoriale, si porta sulla coscienza tutti i dolori che avrebbe potuto evitare, le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Aveva ragione – proseguono i parlamentari – è infatti grazie al suo coraggioso lavoro, alla sua coscienza critica e alla sua scomoda intellettualità che il nostro Paese ha maturato sensibilità e consapevolezza sul pericolo delle mafie”. “Il suo messaggio – concludono i deputati del M5S – resta tuttavia fortemente attuale, affinché ancora oggi si apra una profonda riflessione sui passi compiuti sino ad ora e, al contempo, la strada che rimane da compiere. La nostra sentita vicinanza alla sua famiglia e ai suoi cari”.

Pietro Grasso rende omaggio a Fava e rilancia Bacchelli a Orioles

ROMA – Ricorda che “33 anni sono passati da quel giorno in cui la mafia uccise Pippo Fava, un giornalista tutto d’un pezzo”. Pietro Grasso scrive su Facebook che “il suo ricordo e la sua lezione hanno superato la prova del tempo: oltre a celebrare la sua figura e a seguirne gli insegnamenti, dovremmo anche tutelare i giornalisti che oggi pagano un grande prezzo umano e materiale perche’ animati dalla sua stessa passione e rigore professionale”. E allora il presidente del Senato ribadisce che “qualche giorno fa ho pubblicamente sostenuto la petizione che chiede di conferire a Riccardo Orioles i benefici previsti dalla legge Bacchelli: credo che sarebbe non solo un grande segnale di attenzione delle istituzioni verso un giornalista di grande spessore ma anche – osserva ancora – un bellissimo modo per ricordare concretamente Pippo Fava”.

Giancarlo Caselli: “Legge Bacchelli a Orioles per la schiena dritta”

ROMA – “Motivare l’adesione alla richiesta di applicazione della Legge Bacchelli a Riccardo Orioles è piuttosto difficile”. È quanto spiega il magistrato Giancarlo Caselli ai promotori della Petizione che su Change.org. “Difficile – spiega Caselli – perché di sicuro è in agguato l’intelligente e graffiante ironia di Riccardo. Pronto a «pungerti/trafiggerti» se osi parlare dell’eccezionale contributo che ha sempre e costantemente dato alla nostra democrazia, attraverso un’informazione libera, coraggiosa, controcorrente, spesso solitaria”. “Ma le cose stanno proprio così – conclude Caselli – e si possono scrivere anche a rischio di qualche sapido rimbrotto di Orioles”.

Laura Boldrini ricorda Fava: “Immutato bisogno di passione ideale”

ROMA – “La vita e la morte di Pippo Fava, ucciso dalla mafia a Catania 33 anni fa, restano una lezione di straordinaria attualità sull’insostituibile valore civile dell’informazione”, afferma Laura Boldrini. “Fava – prosegue la presidente della Camera – credeva che il giornalismo costituisse non solo un antidoto contro la corruzione, la violenza e la criminalità, ma anche uno strumento per tenere alta l’attenzione della giustizia e imporre alla politica il buon governo. Anche grazie alla sua coraggiosa opera di denuncia il Paese ha acquisito maggiore consapevolezza della gravità del fenomeno mafioso: un fenomeno diffuso in tutto il territorio nazionale e capillarmente presente nei settori nevralgici del nostro Paese, al Sud come al Nord, che pone un’odiosa e pesante ipoteca sul futuro, ostacolando non solo lo sviluppo dell’economia ma anche la crescita culturale e civile”.
“A distanza di tanti anni dall’omicidio sono cambiate le forme delle presenza mafiosa, ma resta immutato il bisogno che contro di esse ci si impegni con la stessa passione ideale che aveva mosso Pippo Fava. E ai giornalisti che, sulle sue orme, oggi raccontano a proprio rischio storie di malaffare e di degrado sfidando la criminalità organizzata, la buona politica e le istituzioni devono fornire – aggiunge – più efficaci strumenti di tutela giuridica. Mi auguro che in questa legislatura si riesca finalmente a varare un provvedimento sulle cosiddette «querele temerarie» capace di scoraggiare le esorbitanti richieste di risarcimento troppo spesso avanzate al solo scopo di intimidire l’informazione. Invio il mio affettuoso saluto a Claudio Fava, componente della Camera dei deputati ed erede della battaglia civile del padre”. (agi)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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