PECHINO (Cina) – Un’atmosfera pesante circonda l’anniversario del massacro di piazza Tiananmen, avvenuto il 4 giugno del 1989 e mai riconosciuto da Pechino. Il governo cinese ha ammesso la morte di 241 persone nel corso di quello che ha definito un “moto controrivoluzionario”, rifiutandosi, però, di fornire dettagli.
Secondo i gruppi umanitari tra cui spicca quello delle “Madri di piazza Tiananmen”, donne i cui figli sono morti sulla piazza centrale di Pechino e nelle vie adiacenti nella notte di sangue tra il 3 e il 4 giugno, le vittime potrebbero essere state migliaia.
La censura ha ordinato a “tutti i siti web” di cancellare un editoriale che era stato pubblicato dal quotidiano Global Times diretto contro gli autori di una lettera diffusa attraverso Internet con la quale si chiede al governo di fare chiarezza sui drammatici avvenimenti di 26 anni fa.
La lettera, firmata da una decina di studenti cinesi all’estero, fornisce anche un’accurata ricostruzione dell’intervento dell’Esercito di Liberazione Popolare contro gli studenti che occupavano la piazza da quasi due mesi e contro i cittadini che hanno cercato di proteggere i giovani.
“Questo pezzo di storia – si legge nella lettera – è stato così accuratamente censurato e mistificato che la maggior parte delle persone del nostro gruppo di età (tra i 20 e i 30 anni) lo conoscono in modo incompleto”.
Il 26 maggio il Global Times – un giornale che spesso difende in modo aggressivo le posizioni del suo editore, il Partito Comunista Cinese – si è scagliato con un editoriale contro gli autori della lettera, definendoli “giovani che hanno subìto all’estero un lavaggio del cervello”.
Il giorno seguente, secondo quanto riferito dal sito web China Digital Times, gestito da esuli cinesi, l’ufficio di propaganda del Pcc ha inviato a tutti i media una direttiva con la quale si ingiungeva loro di cancellare l’editoriale, che forse ha avuto il torto di funzionare come una promozione indiretta della lettera dei dissidenti.
La professoressa in pensione Ding Zilin, 80 anni, una delle fondatrici delle “Madri di piazza Tiananmen” ha affermato di essere controllata “più strettamente” degli altri anni, denunciando che alcuni membri della sua organizzazione sono stati convocati dalla polizia poco dopo averle reso visita.
Il dissidente Hu Jia ha dichiarato al sito web di Hong Kong “ejinsight.com” che le autorità stanno creando un “clima di paura” per evitare che i membri del gruppo si riuniscano.
Ogni anno, le “Madri” diffondono una lettera aperta al governo con le loro richieste: “riabilitazione” del movimento di protesta del 1989, chiarezza sui nomi e sul numero delle vittime, punizione dei colpevoli della strage. La stessa Ding Zilin ha ipotizzato che il rafforzamento dei controlli potrebbe essere dovuto alle sue dichiarazioni a favore dell’anziana giornalista Gao Yu, condannata a sette anni di prigione per aver diffuso un documento riservato del Partito, il cosiddetto “documento n.9” col quale nel 2012 è stata annunciata la “stretta” in corso sulla libertà di espressione.
Come tutti gli anni una manifestazione in ricordo del massacro si terrà ad Hong Kong, la Speciale Regione Amministrativa della Cina dove nel 2014 si sono svolte massicce manifestazioni contro il governo di Pechino che hanno ricordato quelle tenute dal movimento democratico cinese nel 1989.
Ad uno dei leader del cosiddetto “movimento degli ombrelli” di Hong Kong, il 18enne Joshua Wong, è stato vietato di entrare in Malaysia, dove avrebbe dovuto partecipare a un seminario sul movimento.
Il capo della polizia di Kuala Lumpur, Abu Bakr Khalid, ha spiegato con queste parole le ragioni del divieto: “Avrebbe parlato anche della Cina. Noi conosciamo i suoi discorsi anti-cinesi. Non vogliamo che ci rovini le relazioni con la Cina”. (Ansa)