PALERMO – La tessera di iscrizione all’Ordine dei Giornalisti venne rilasciata postuma a Giuseppe (Peppino) Impastato e reca la data del 9 maggio 1978, quella della sua morte. È stato un riconoscimento che è andato ben oltre l’onda emotiva di quell’assassinio per mano della mafia, nonostante all’inizio si tentò di coprirlo anche istituzionalmente spacciandolo finanche per suicidio, addirittura un’emulazione di quello di Giangiacomo Feltrinelli.
La storia di Peppino è stata la storia di un figlio di mafioso che si è ribellato, tenacemente, al dilagare del “potere misto” finalizzato al malaffare e ai crimini in danno della gente comune, seria, onesta e laboriosa, e lo ha fatto con la sola arma di cui disponeva, quella dell’informazione, anzi, della contro-informazione, attraverso una sua pubblicazione non registrata e quella sua creatura, Radio Aut, dalle cui frequenze partivano le raffiche, spesso condite di satira pungente, contro “Tano Seduto” e gli altri componenti dei comitati d’affari, sbeffeggiati e messi alla gogna mediatica.
Ma quel 9 maggio del ’78 smise di “cantare”, di denunciare attraverso il foglio “L’Idea Socialista” e il programma radiofonico “Onda pazza” la devastazione del territorio per mano di speculatori e mafiosi, il traffico internazionale della droga attraverso la gestione oggettiva dell’aeroporto di Punta Raisi, le insospettabili connivenze. Era pericoloso, per Peppino, glielo avevano detto in tanti, ma in tanti ascoltavano di nascosto Radio Aut, come durante la seconda guerra mondiale si ascoltava “Radio Londra”.
La sua era una delle prime radio libere, era la prima fase dell’evoluzione dell’informazione che faticosamente si faceva strada in tutto il Paese, ma era riuscito a “dare fastidio”, in una realtà “obbediente” e omertosa, entrando clandestinamente nelle case della gente, spesso nelle coscienze. Peppino Impastato non va inquadrato solo come un’icona di una parte politica ben definita, alla quale apparteneva (era tesserato del Psiup), la sua figura e il suo operato hanno permesso di identificarlo come strenuo combattente della mafia (che ha soppresso, prima e dopo di lui, molti altri giornalisti) e della libertà di informazione contro quella ritenuta di regime e che negli anni settanta, in Sicilia, pretendeva di influenzare i lettori affermando persino l’inesistenza della mafia, da Peppino definita con ben altri termini.
La sua barbara esecuzione venne offuscata, però, da un altro grave fatto: il rinvenimento del cadavere di Aldo Moro, proprio il 9 maggio, in via Caetani a Roma. Mentre le Brigate Rosse davano corso all’esecuzione dello statista democristiano, la mafia uccideva Impastato, ma il peso mediatico delle notizie non poteva essere identico. Ma non per questo motivo il “caso Impastato” finì nell’oblio. Peppino non è mai diventato un “santino” da ricordare solo in occasione degli anniversari, resta nell’immaginario collettivo come un ostinato nemico della mafia e della mafiosità, e i suoi familiari, attraverso la “Casa della Memoria” (più volte oggetto di atti vandalici) continuano a perpetuare il valore della cultura della legalità, di un’informazione libera e obiettiva, di una società libera da condizionamenti e presunte verità assolute.
Radio Aut non c’è più, da oltre dieci anni trasmette “Radio 100 passi”, che ha sede a Palermo in locali confiscati alla mafia. Mandanti ed esecutori della soluzione finale per Peppino sono stati condannati, ma a distanza di tanti anni, è come se quella radio continuasse a gracchiare, a essere un tarlo nel cervello, a dare fastidio come un calabrone. Era questo il suo obiettivo. (giornalistitalia.it)
Letterio Licordari