ROMA – La legge bocciata dalla Corte Costituzionale in materia di perequazione delle pensioni è la cosiddetta norma Fornero contenuto nel “Salva Italia”. L’impatto sui conti pubblici, stimato dall’Avvocatura dello Stato quando si tenne l’udienza pubblica, sarebbe di circa 1,8 miliardi per il 2012 e circa 3 miliardi per il 2013.
La norma che, per il 2012 e 2013, ha stabilito, “in considerazione della contingente situazione finanziaria”, che sui trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo Inps scattasse il blocco della perequazione, ossia il meccanismo che adegua le pensione al costo della vita, è incostituzionale. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, “bocciando” l’art. 24 del decreto legge 201/2011.
“L’interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio”, afferma la Corte nella sentenza 70 depositata ieri, di cui è relatore il giudice Silvana Sciarra.
A sollevare la questione di legittimità costituzionale erano stati, con varie ordinanze tra il 2013 e il 2014, il Tribunale di Palermo, sezione lavoro; la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna; la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria.
Secondo la Consulta, le motivazioni indicate alla base del decreto sono blande e generiche, mentre l’esito che si produce per i pensionati è pesante. “Deve rammentarsi – si legge nella sentenza – che, per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensì sull’ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento è già stato intaccato”.
“La censura relativa al comma 25 dell’art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011, se vagliata sotto i profili della proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico – dice ancora la sentenza – induce a ritenere che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività”.
“Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36 Costituzione) e l’adeguatezza (art. 38). Quest’ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà” (art. 2) e “al contempo attuazione del principio di eguaglianza”, (art. 3).
“Stiamo verificando l’impatto che la sentenza della Consulta può avere sui conti pubblici, non sarà una prova facile ma non siamo molto preoccupati”. Così fonti di Palazzo Chigi che sottolineando come “siamo al governo per risolvere questioni complesse, quindi calma e gesso: studieremo la sentenza e troveremo la soluzione”.
Il blocco dell’indicizzazione delle pensioni scattato con il Salva Italia e ora bocciato dalla Consulta ha toccato una platea di circa 6 milioni di persone, ovvero quante sono quelle con un reddito da pensione superiore ai 1.500 euro mensili lordi, secondo gli ultimi dati dell’Istat sulla previdenza, aggiornati al 2013. Lo stop alla perequazione ha, infatti, interessato gli assegni superiori a tre volte il minimo (circa 1.500 euro al mese).
Guardando alle percentuali si tratta di oltre il 36% del totale degli oltre 16,3 milioni di pensionati italiani. Nel dettaglio, i pensionati d’oro, che superano i dieci mila euro mensili, sono circa 12 mila (lo 0,1%).
“Ancora non abbiamo effettuato i calcoli, ma è chiaro che la sentenza ha conseguenze rilevanti sul bilancio pubblico”. Così il viceministro dell’Economi,a Enrico Morando, dopo la sentenza della Consulta. “Stupisce l’assenza di bilanciamento rispetto all’articolo 81” della Carta. Così “si scarica un onere significativo sul bilancio dello Stato”. (Ansa) La sentenza della Corte Costituzionle
“No al blocco della perequazione 2012-2013”. Si apre un buco di 5-10 miliardi