ROMA – L’Avvocatura Generale dello Stato ha dato oggi via libera, ma solo per sei mesi e retroattivamente dal 1° gennaio al 30 giugno 2022 (e non più per 5 anni) come aveva deciso il Consiglio di amministrazione Inpgi il 23 giugno 2021, sia al taglio dell’1% degli stipendi e delle pensioni Inpgi 1 dei giornalisti, sia alla rimodulazione del divieto di cumulo – anch’essa con effetto retroattivo – con la riduzione a soli 5 mila euro lordi l’anno della franchigia ammessa dal 1° gennaio 2022, che ammontava, invece, a ben 22 mila 907,04 euro lordi l’anno e che consentiva ad un giornalista di non vedersi decurtata entro tale limite la propria pensione di anzianità in caso di collaborazioni giornalistiche di lavoro autonomo.
La decisione dell’Avvocatura dello Stato è destinata, quindi, a suscitare reazioni e polemiche nella categoria perché riguarda indistintamente tutti i giornalisti in attività di servizio e in pensione e viene di fatto a determinare un vero e proprio “pasticcio burocratico all’italiana”, perché crea una enorme confusione che darà vita ad un notevole contenzioso davanti ai tribunali del lavoro di tutta Italia ai quali potranno rivolgersi singolarmente tutti i giornalisti.
In pratica, l’Avvocatura dello Stato, dopo aver preso atto che l’Inpgi 1 è confluito nell’Inps dal 1° luglio 2022 in base alla legge finanziaria n. 234 del 2021, ha ridotto di 4 anni e mezzo l’originaria durata fissata in 5 anni dalla delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Inpgi n. 27, approvata a maggioranza il 23 giugno 2021 con il voto contrario dei tre consiglieri di opposizione Carlo Parisi, Elena Polidori e Daniela Stigliano e dopo aver acquisito il preventivo parere favorevole delle Parti Sociali Fnsi e Fieg, che introduceva un contributo straordinario di solidarietà dell’1% sia sulle retribuzioni imponibili dei giornalisti in attività, sia sull’ammontare lordo delle pensioni dei giornalisti. E restringeva notevolmente la possibilità per un giornalista titolare di pensione di anzianità di effettuare collaborazioni di lavoro autonomo.
La riduzione a soli 6 mesi di queste misure di contenimento del disavanzo Inpgi 1 è stata giustificata dall’Avvocatura dal fatto che dovevano confluire esclusivamente nel bilancio della Cassa previdenziale privatizzata dei giornalisti, ma non in quello dell’Inps.
Nonostante la durata dell’efficacia del provvedimento sia stata ridotta a 6 mesi, suscita comunque seri dubbi di legittimità il taglio dell’1% di tutte le pensioni Inpgi 1, che avrebbe consentito all’ente di risparmiare 5 milioni e mezzo di euro l’anno, perché è il quarto taglio consecutivo dei vitalizi dei giornalisti in ordine di tempo. E stranamente l’Avvocatura dello Stato non ha tenuto conto che la Terza Sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Franco Frattini con le due sentenze parallele n. 5288 e 5290 del 26 luglio 2019, nel respingere i ricorsi di un gruppo di giornalisti in pensione contro il precedente verdetto del Tar del Lazio e convalidando, quindi, il taglio triennale delle pensioni Inpgi 1 superiori a 38 mila euro lordi l’anno (dal 1° marzo 2017 al 29 febbraio 2020), aveva affermato che: «non sarebbe legittima una successiva proroga del termine del prelievo, che si porrebbe evidentemente in contrasto con il carattere “contingente, straordinario e temporalmente circoscritto” della misura» (cioè non potevano essere reiterati in futuro altri tagli dei vitalizi).
Ma si è anche dimenticata addirittura di ben 60 decisioni uniformi della Cassazione che ha definitivamente respinto altrettanti ricorsi presentati per la maggior parte dalla Cassa Nazionale di Previdenza dei Dottori Commercialisti e per la restante parte dalla Cassa Nazionale di Previdenza dei Ragionieri e Periti Commerciali. Motivo: mancava obbligatoriamente un’apposita norma di legge da parte del Parlamento, in applicazione dell’art. 23 della Costituzione. E questo stesso principio giuridico, equiparato ormai al cosiddetto “diritto vivente”, valeva anche per tutte le altre Casse previdenziali privatizzate, come l’Inpgi 1.
Analogamente appare illegittima anche la rimodulazione con notevoli restrizioni e con effetto retroattivo e per 180 giorni dal 1° gennaio scorso del divieto di cumulo perché con ben nove decisioni (delle quali otto univoche negli ultimi tre anni e tre ordinanze depositate in cancelleria il 27, 28 e 30 giugno 2022) la sezione Lavoro della Cassazione ha definitivamente disapplicato l’art. 15 del Regolamento dell’Inpgi del 24 luglio 1995 e successive modifiche, che prevede la decurtazione della pensione di anzianità di un giornalista nel caso in cui il titolare svolga attività lavorativa e percepisca redditi da lavoro.
Si tratta, quindi, di un orientamento ormai decisamente consolidato da parte della Suprema Corte, che anche in questo caso è considerato “diritto vivente”, e che ha di fatto uniformato la normativa Inpgi 1 a quella dell’Inps, consentendo per legge la piena libertà di cumulo tra la pensione di anzianità e l’attività lavorativa senza alcuna limitazione.
Infine, è destinata a far discutere anche l’applicazione di un contributo addizionale dell’1%, sempre nel periodo 1° gennaio-30 giugno 2022 a carico dei giornalisti in attività di servizio, attraverso una trattenuta in busta paga da parte dei datori di lavoro. La contribuzione versata andrà ad incrementare il monte contributivo di ciascun lavoratore dipendente, producendo un aumento, sia pure impercettibile, della futura pensione che sarà erogata dall’Inps. Davvero una magra consolazione.
Un vero e proprio “pasticcio burocratico all’italiana” il via libera dell’Avvocatura Generale dello Stato al taglio retroattivo e per 6 mesi dell’1% di stipendi e pensioni dei giornalisti e alla rimodulazione con notevoli restrizioni del divieto di cumulo. Si prevede un notevole contenzioso giudiziario davanti ai tribunali del lavoro di tutta Italia ai quali potranno rivolgersi singolarmente tutti i giornalisti. (giornalistitalia.it)
Pierluigi Roesler Franz
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