ROMA – Di nuovo colpa dei videogiochi? Da sempre accusate di promuovere la “cultura delle armi”, le “consolle” sono di nuovo nell’occhio del ciclone dopo le stragi di venerdì sera a Parigi: stavolta perchè sembra ormai acclarato che rappresentino lo strumento di comunicazione preferito dei terroristi.
Da sabato sera circola con insistenza la voce che gli uomini armati che hanno messo sotto assedio Parigi il giorno prima abbiano pianificato le loro operazioni comunicando attraverso la PlayStation 4 della Sony. La consolle permette, infatti, di parlarsi o chattare in modalità criptata, come su Skype.
“Rumors”, a quanto pare, alimentati da un articolo pubblicato sul sito internet di Forbes, dal titolo emblematico: “Come i terroristi dello Stato Islamico a Parigi potrebbero aver utilizzato la Playstation 4 per discutere e pianificare gli attentati”.
L’articolo, a firma del collaboratore Paul Tassi, cita il ministro degli Interni belga, Jan Jambon, “che ha apertamente dichiarato che i componenti del gruppo Stato Islamico utilizzano la PS4 per comunicare, proprio perchè è difficile da controllare, ancora di più rispetto a WhatsApp”.
In realtà, ai più attenti non è sfuggito che la dichiarazione del ministro belga risale a prima degli attacchi di Parigi, a martedì 10 novembre, nel quadro di una conferenza organizzata a Bruxelles.
Il vice primo ministro, oltre che ministro della Sicurezza e degli Interni, aveva parlato delle difficoltà nel contrastare la propaganda online del Daesh (acronimo arabo dell’Isis) e degli aspiranti jihadisti che “si radicalizzano davanti al proprio pc”. Poi aveva detto: “Ho sentito dire che inviano 100mila messaggi al giorno su Twitter”.
Quando gli era stato chiesto delle misure prese dall’intelligence belga contro questo fenomeno, Jan Jambon aveva risposto: “Collaboriamo con i grandi gruppi di internet, come WhatsApp, Google, Facebook, quando sono individuati messaggi di propaganda. Ho sentito dire che la modalità di comunicazione tra terroristi più difficile da monitorare è la PS4. È molto, molto difficile per i nostri servizi, non solo i nostri, i servizi internazionali, decriptare le comunicazioni che transitano attraverso la PlayStation 4. Anche WhatsApp è difficile, ma i servizi riescono a decriptarlo. Ma la PS4, rappresenta una sfida”.
Il ministro non ha dunque parlato in modo specifico delle stragi di venerdì sera a Parigi. Anche se alcuni siti, come il francese BeGeek, parlano di una PS4 ritrovata a casa di uno dei terroristi nel corso di una perquisizione a Bruxelles.
Mentre qualche internauta ironizza sulla necessità di una legge anti-PS4, c’è chi ricorda che non è la prima volta che la consolle della Sony è citata nell’ambito di una vicenda di terrorismo.
Un austriaco di 14 anni che aveva scaricato un manuale per la fabbricazione di bombe dalla sua “Play” è stato condannato a due anni di reclusione a maggio, dopo essersi dichiarato colpevole per le accuse di terrorismo mosse nei suoi confronti. Era inoltre entrato in contatto con jihadisti in Siria dalla sua consolle, aveva indicato il procuratore.
Nel dicembre 2013, Guardian e New York Times avevano svelato – basandosi sui documenti riservati resi pubblici da Edward Snowden, la talpa del datagate – che Nsa e Cia spiano i giochi online, in particolare quelli sulla Xbox, la consolle di Microsoft. Ad esempio, agenti si erano infiltrati nelle discussioni online di “World of Warcraft”, un popolare videogioco. Fino a quale punto i servizi di intelligence possono “ficcare il naso” in questo tipo di comunicazioni online sui giochi di Sony, la PlayStation Network? Si tratta di un problema di risorse umane o di difficoltà a decriptarle?
L’uscita del ministro belga è destinata a riaprire il dibattito, sulla scia dell’emozione per le stragi di Parigi… (Askanews)
Forbes cita il ministro degli Interni belga: “I terroristi Isis la usano per comunicare”