ROMA – Nessuna richiesta di appartenenza politica – tantomeno una dichiarazione di voto – ai giornalisti che partecipano a trasmissioni (o a telegiornali) in qualità di opinionisti. Ma la necessità di esplicitare da parte loro il sostegno ad una tesi di discussione e da parte del conduttore di tesi e opinioni diverse. È questo il senso del provvedimento sulla par condicio nelle trasmissioni elettorali reso noto il 9 gennaio dall’Agcom. Quella “norma sugli opinionisti” che negli ultimi due giorni ha mandato su tutte le furie anchorman e conduttori televisivi, e convinto l’Ordine dei giornalisti a chiedere un chiarimento all’autorità. Che puntualmente è arrivato.
“È indispensabile – afferma l’Agcom – garantire, laddove il format della trasmissione preveda l’intervento di un giornalista o di un opinionista a sostegno di una tesi, uno spazio adeguato anche alla rappresentazione di altre sensibilità culturali in ossequio al principio non solo del pluralismo, ma anche del contraddittorio, della completezza e dell’oggettività dell’informazione stessa, garantendo in ogni caso la verifica di dati e informazioni emersi dal confronto”.
La disposizione – spiegano all’Agcom – fa riferimento al caso specifico di programmi extra tg il cui format venga focalizzato sull’approfondimento, esclusivo o prevalente, di un te ma specifico, rilevante in merito alla posizione assunta, nei diversi programmi elettorali, dai soggetti politici in competizione.
“In questa particolare circostanza, ove il format tematico della trasmissione preveda l’invito di esperti (opinionisti, giornalisti, testimonial e così via) a sostegno di una tesi, rispetto al tema specifico trattato, si richiede sia posta particolare attenzione anche ad altre posizioni che caratterizzano il dibattito politico-elettorale su quello specifico argomento, garantendo la verifica di dati e informazioni emersi dal confronto”. Ancora: “Ciò che viene in rilievo in questa circostanza è l’esigenza, prevista dalla normativa di riferimento, nonché da numerose sentenze della Corte costituzionale, di garantire in ogni caso il diritto alla corretta e completa informazione dello spettatore rispetto al tema trattato, dando conto del dibattito esistente sull’argomento che assume rilevanza ai fini della formazione di una scelta consapevole. Si tratta, dunque, di una disposizione, complementare a quelle che prevedono la parità di accesso dei soggetti politici, basata sulla tutela del diritto all’informazione da parte dei cittadini sui temi oggetto di confronto elettorale che è posto a fondamento della normativa”.
La disposizione è attuativa del generale principio di un “equilibrato contraddittorio” da osservare all’interno delle singole trasmissioni, come ribadito anche in passato dall’autorità, facendo propria la maggiore specificazione adottata per la Rai, riconosce l’osservanza di tale principio nella generale dialettica interna ai programmi di approfondimento legati all’attualità della cronaca su temi di informazione politico-elettorale.
“Non rientrano in questa casistica”, spiegano infine all’autorità per le garanzie nelle comunicazioni, “trasmissioni di approfondimento caratterizzate da format diversi da quello nei quali gli esperti non siano invitati in ragione del loro sostegno ad una tesi in un formato tematico”. Infine, si fa presente che la legge primaria vieta di “fornire, anche in forma indiretta, indicazioni di voto o manifestare le proprie preferenze di voto” sottolineando in particolare che “I registi ed i conduttori sono altresì tenuti ad un comportamento corretto ed imparziale nella gestione del programma, così da non esercitare, anche in forma surrettizia, influenza sulle libere scelte degli elettori”.
Un chiarimento che per la Federazione Nazionale della Stampa “dirada alcuni dubbi”, ma – rilevano il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, e il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna – lascia “il vizio genetico del regolamento che non avrebbe dovuto specificamente individuare il giornalista come un soggetto che sceglie a priori di sostenere una tesi essendo il giornalista tenuto per legge al rispetto della verità che può e deve anche dinamicamente percepire”.
Il ministro dello Sport con delega all’editoria, Luca Lotti, dal canto suo rileva che “l’Agcom parla di opinioni, non di partiti politici. I giornalisti non hanno un colore politico definito, e quindi sono ovviamente sempre indipendenti e liberi di dire la propria opinione. Ed è giusto che sia così. Se c’è un giornalista che esprime un’opinione ci deve essere anche un altro giornalista che ne esprime un’altra. Niente a che vedere con i partiti”.
“Stravagante e soprattutto offensivo”. Così Paolo Pirovano, consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, e Pierfrancesco Gallizzi, consigliere nazionale della Fnsi e vicepresidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti, a nome del Movimento Giornalisti Liberi, hanno definito il nuovo schema di regolamento per l’applicazione della par condicio varato dal Garante per le comunicazioni Agcom, preoccupati dal fatto che un giornalista dovesse dichiarare le proprie intenzioni di voto. “Con il pretesto della par condicio – è la tesi di Pirovano e Gallizzi –, l’Agcom vuole decidere gli argomenti da inserire nelle trasmissioni”.
Infine, il presidente della Commissione di vigilanza della Rai, Roberto Fico: “Giusto un chiarimento. In queste ore sta facendo molto discutere un aspetto della delibera Agcom sulla par condicio per le tv private secondo cui nelle trasmissioni di informazione e approfondimento, laddove sia previsto «l’intervento di un giornalista o di un opinionista a sostegno di una tesi», deve essere dato «uno spazio adeguato anche alla rappresentazione di altre sensibilità culturali». Secondo alcuni organi di stampa la stessa norma sarebbe contenuta nella delibera della Commissione di vigilanza Rai. Le cose non stanno proprio così. È vero – aggiunge Fico – che questa norma è prevista nelle delibere della Commissione del 2018 e del 2013, ma si riferisce a tutt’altro: ovvero a tutte quelle trasmissioni che durante la par condicio non sono ricondotte sotto la responsabilità di una testata giornalistica e quindi non possono ospitare soggetti politici o trattare temi elettorali, ma comunque possono trovarsi a discutere di temi politici. Nelle trasmissioni che ospitano politici vale, invece, soltanto l’obbligo, come è ovvio, di rispettare la par condicio, nel senso di fare sì che lo spettatore non possa attribuire un orientamento politico al conduttore e alla testata e non si determinino mai situazioni di vantaggio o svantaggio per una determinata forza politica. L’equivoco nasce, quindi, dal fatto che l’Agcom ha preso quella norma – conclude Fico – e l’ha inserita nell’articolo che riguarda i programmi di informazione e di approfondimento, cosa che ha scatenato le polemiche di queste ore”.