Al Giubileo della Comunicazione rinuncia al discorso e ricorda: “Andare incontro all’altro”

Papa Francesco suona la sveglia ai giornalisti

Papa Francesco oggi nella Sala Nervi del Vaticano per l’udienza generale del Giubileo della Comunicazione (Foto Markus Perwanger/Giornalisti Italia)

CITTÀ DEL VATICANO – «Nelle mani ho un discorso di nove pagine. A quest’ora, con lo stomaco che incomincia a muoversi, leggere nove pagine sarebbe una tortura. Io darò questo al Prefetto. Che sia lui a comunicarlo a voi». Con buona pace del protocollo, come ormai ci ha abituato, Papa Francesco si conferma ancora una volta affabulatore per eccellenza e con i giornalisti, che oggi affollavano la Sala Nervi del Vaticano per l’udienza generale del Giubileo della Comunicazione, si limita ai saluti e a poche parole pronunciate a braccio: «Volevo soltanto dire una parola sulla comunicazione. Comunicare è uscire un po’ da sé stessi per dare del mio all’altro. E la comunicazione non solo è l’uscita, ma anche l’incontro con l’altro. Saper comunicare è una grande saggezza, una grande saggezza!». Estrema sintesi di un messaggio che tanti giornalisti dovrebbero tenere sempre a mente piuttosto che predicare bene e razzolare male.

Il Giubileo della Comunicazione nella Sala Nervi del Vaticano (Foto Giornalisti Italia)

«Sono contento di questo Giubileo dei comunicatori. Il vostro lavoro – ha sottolineato il Pontefice – è un lavoro che costruisce: costruisce la società, costruisce la Chiesa, fa andare avanti tutti, a patto che sia vero. “Padre, io sempre dico le cose vere…”.

La processione dei giornalisti in Via della Conciliazione (Foto Giornalisti Italia)

“Ma tu, sei vero? Non solo le cose che tu dici, ma tu, nel tuo interiore, nella tua vita, sei vero?”. È una prova tanto grande. Comunicare quello che fa Dio con il Figlio, e la comunicazione di Dio con il Figlio e lo Spirito Santo. Comunicare una cosa divina. Grazie di quello che voi fate, grazie tante! Sono contento. E adesso vorrei salutarvi, e prima di tutto dare la benedizione». A buon intenditor poche parole.
La giornata si era aperta con la processione dei giornalisti e gli operatori della comunicazione che, dopo aver varcato la Porta Santa, hanno assistito in Sala Nervi ad un momento di riflessione, aperto da Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione, con l’invito a «interrogarci su come sperare ancora nella comunicazione tra persone e macchine, su come la tecnologia può e deve essere guidata» e, soprattutto, sul ruolo dei giornalisti che deve essere sempre animato dalla «volontà di tornare alle radici del nostro mestiere, alla radice della nostra speranza»

Mario Calabresi

E a proposito di speranza e di come raccontarla, la giornalista filippina naturalizzata statunitense Maria Ressa, Premio Nobel per la Pace nel 2021, e lo scrittore irlandese Colum McCann,  vincitore del National Book Award e dell’International Impac Dublin Literary Award, hanno animato il dibattito moderato dal giornalista Mario Calabresi.
«Ci può essere salvezza? Si può ancora comunicare la speranza? Si può ancora comunicare con speranza? O la nostra è solo una narrazione disperata?», ha chiesto Calabresi ai due relatori ricordando sì che «il male va raccontato, ma la sua narrazione non può essere totalitaria». Bisogna, infatti, evidenziare i “segni di resistenza” che la società sembra ormai incapace di cogliere: «Ci deve essere salvezza, ci può essere salvezza e spetta ai professionisti dell’informazione raccontarla».

Maria Ressa

Insomma, come ha detto Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata della comunicazione «Il buon comunicatore fa sì che chi ascolta, legge o guarda possa essere partecipe, possa essere vicino».
Maria Ressa, che ha pagato sulla propria pelle il prezzo della censura, si è soffermata sulla «profonda trasformazione del nostro mondo inevitabilmente segnato dalle moderne tecnologie che, quando votate alla sola ricerca del profitto, distruggono la fiducia delle persone, causando epidemia di solitudine».
«Per essere qua oggi, – ha ricordato – ho dovuto chiedere l’approvazione alla Corte suprema filippina. Dici una bugia un milione di volte, e diventa una verità. Se si convincono le persone che le menzogne corrispondono ai fatti, le controlli».

Colum McCann

McCann si è, invece, soffermato sulla civilizzazione partendo dalle macerie causate dalla guerra e sul valore delle storie: «la colla che ci tiene uniti, senza le quali siamo niente». Quando le ignoriamo, infatti, «raggiungiamo il punto cruciale del nostro possibile oscuramento capace di distruggerci interamente». Insomma, «non possiamo amare il prossimo, perché non abbiamo più nessun prossimo che non sia la nostra stessa persona. E così facendo perdiamo il nostro significato. Chiediamoci, invece, chi siamo, se corrispondiamo solo a noi stessi».
Prima dell’arrivo di Papa Francesco, a deliziare la platea, con due brani di Bach e Piazzolla, è stato il maestro Uno Ughi con la sua orchestra.

Il concerto del M° Uto Ughi con la sua orchestra (Foto Markus Perwanger/Giornalisti Italia)

Un’altra giornata storica con un messaggio univoco: condanna del pensiero unico, pluralismo, libertà di pensiero e di stampa, rispetto per le opinioni altrui e, soprattutto, per gli altri. Principi elementari che stanno alla base delle azioni e delle opere degli «uomini di buona volontà». Principi sui quali in tanti, tra i presenti di oggi in Sala Nervi, farebbero bene a riflettere. Soprattutto coloro i quali pensano di avere in mano le chiavi del mondo senza accorgersi che stanno per perde anche quelle di casa. (giornalistitalia.it)

Il direttore di Giornalisti Italia, Carlo Parisi, segretario generale della Figec Cisal, presente in Sala Nervi con i consiglieri nazionali Margherita Agata, Antonio Boschi, Paolo Corsini, Renato D’Argenio, Donato Fioriti, Giulio Francese, Santino Franchina, Andro Merkù, Enrico Paissan, Pierluigi Roesler Franz e Luca Romagnoli. (Foto Antonio Capano)

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