NAPOLI – Grande esperto di lirica e una delle più autorevoli voci della musicologia italiana, Paolo Isotta, morto improvvisamente all’età di 70 anni a Napoli, nella sua residenza di corso Vittorio Emanuele, è stato un raffinato e geniale saggista e un “temuto” critico dotato di una “vis polemica” contrassegnata da amori e furori.
Lo stile franco, brillante e funambolico, segnato da posizioni controcorrente che hanno travalicato il recinto del mondo dello spettacolo, ha fatto di Isotta una figura intellettuale di spicco: nel 2017 è stato insignito del prestigioso Premio Isaiah Berlin alla carriera “per altissimi meriti culturali”, dopo avere firmato alcuni tra i più autorevoli saggi sui più grandi compositori del Belpaese, da Paisiello a Rossini, da Donizetti a Verdi.
Nato a Napoli il 18 ottobre 1950, città che amava profondamente e checnon ha mai lasciato, figlio di un avvocato civilista, Paolo Isotta frequenta il liceo classico “Umberto I” e poi le facoltà di Giurisprudenza e di Lettere dell’Università “Federico II”. I suoi studi musicali avvengono sotto la guida del pianista Vincenzo Vitale, allievo di Alfred Cortot e maestro di pianisti celebri come Michele Campanella e Bruno Canino. Studia anche composizione con Renato Parodi e Renato Dionisi.
Isotta ha vissuto in quasi totale simbiosi con la musica, conoscendone gli aspetti più profondi e reconditi, nonché quelli squisitamente tecnici, entrando in contatto, spesso in maniera polemica, con i più grandi personaggi del mondo musicale internazionale.
Isotta ha insegnato ai Conservatori di Reggio Calabria e Torino e al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, di cui era professore emerito dal 2019. Ha abbandonato l’insegnamento nel 1994 «per progressiva intolleranza verso gli allievi attuali».
La sua carriera di critico musicale inizia al “Giornale” di Indro Montanelli, nel 1974, per poi passare al “Corriere della Sera” nel 1980, con cui ha collaborato fino alla pensione, per 35 anni. Giornalista professionista iscritto all’Ordine della Campania dal 8 giugno 1976, il 16 ottobre 2015 annuncia infatti: «Torno a essere un musicista e null’altro che questo. Col presente articolo si chiude la mia attività di critico musicale svolta per più di quarantadue anni». I suoi elzeviri, grazie alla rara competenza e alla sua scrittura sempre ricercata nello stile, gli fanno vincere il Premiolino nel 1990.
Isotta ha diretto con Piero Buscaroli, altro grande musicologo, le collane “Musica e Storia” per Mondadori e “La Musica” per Rusconi e ha scritto anche diversi saggi su Antonio Caldara, Gioachino Rossini (“I diamanti della corona” del 1974 e “Per una lettura de “Il Turco in Italia” di Rossini” del 1984), sull’influenza della musica sull’opera di Thomas Mann (“Il ventriloquo di Dio” del 1983), su Niccolò Paganini, sul direttore d’orchestra Victor De Sabata e l’“Omaggio a Renata Tebaldi” del 2002.
Negli ultimi anni Isotta ha scritto molto: “La virtù dell’elefante: la musica, i libri, gli amici e San Gennaro” (Marsilio, 2014, Premio Acqui Storia e Premio giornalistico Italo De Feo nel 2015); “Altri canti di Marte” (Marsilio, 2015); “Paisiello e il mito di Fedra” (Quaderni di Napoli nobilissima, 2016, Premio Paisiello 2017); “Jérusalem: Verdi et la persécution de l’honneur” (Opéra Royale de Wallonie, 2017); “Il canto degli animali. I nostri fratelli e i loro sentimenti in musica e poesia” (Marsilio, 2017, finalista Premio Viareggio-Rèpaci 2017); “La dotta lira. Ovidio e la musica” (Marsilio, 2018, finalista Premio Napoli 2019); Verdi a Parigi (Marsilio, 2020).“Dal prossimo 4 marzo, nella collana Specchi di Marsilio, sarà in libreria il suo ultimo libro, “San Totò”, in cui Paolo Isotta aveva individuato un filo capace di unire Antonio De Curtis ad Aristofane, Plauto e Orazio, fino ad arrivare alle maschere della Commedia dell’Arte e alla Rivista del Novecento.
Tra le sue polemiche, resta celebre quella nei confronti del direttore d’orchestra Claudio Abbado che contrapponeva a Riccardo Muti del quale è stato grande amico fino a qualche anno fa. Ne “La virtù dell’elefante” Isotta dedica ampio spazio sia ad Abbado che a Muti, dopo avere pubblicato nel 2013 un articolo fortemente critico nei confronti del direttore d’orchestra Daniel Harding e, indirettamente, di Abbado. Articolo che gli costò il divieto di entrare al Teatro alla Scala dopo che l’allora sovrintendente Stéphane Lissner lo dichiarò “persona non gradita”.
Dopo l’addio al “Corriere della Sera” Isotta si è dedicato allo studio e alla pubblicazione di nuovi libri, ma parallelamente ha collaborato con “Il Fatto Quotidiano”, dove ha scritto di musica, cultura, politica e costume e, dal 2018, con “Libero”.
Originale e ironico, Paolo Isotta non lo fu solo nella sua attività di critico musicale, ma anche nella vita. Cattolico praticante, Isotta era anche omosessuale e viveva questa condizione, come lui stesso amava ripetere, nei suoi aspetti “eroici”, disprezzando l’imborghesimento dell’omosessualità sintetizzato dalla parola “gay” che definiva «eufemismo piccolo-borghese da mezza calzetta». (adnkronos)