Un racconto pieno di luci e ombre ma anche di grandi emozioni del grande giornalista

Paolo Guzzanti & Silvio Berlusconi

Paolo Guzzanti con Silvio Berlusconi in Parlamento e la copertina del libro

ROMA – Prima di parlarvi dell’ultimo libro di Paolo Guzzanti, è giusto che vi faccia una premessa. Sono tra quei cronisti calabresi che sono cresciuti quando al Giornale di Calabria di Piero Ardenti, appena nato, era arrivato un giovane giornalista “venuto da fuori” che si chiamava Paolo Guzzanti e che, già allora, per molti di noi era un’icona.

Pino Nano

Non chiedetemi il perché. A volte ci sono dei dettagli che deformano e condizionano i nostri giudizi, e così è stato nel mio caso con Paolo Guzzanti. Io avevo 25 anni e lo consideravo già allora un maestro di scrittura. Quando poi Paolo lasciò la Calabria per andare a Repubblica, chiamato da Eugenio Scalfari, ho continuato a chiedere di lui ad uno dei suoi vecchi compagni di lavoro, il giornalista Pantaleone Sergi, e il racconto che me ne faceva Lullo (noi in Calabria lo chiamiamo così) era altrettanto “leggendario”.
A distanza di tanti anni ci ritroviamo insieme consiglieri nazionali della Figec Cisal, il nuovo sindacato dei giornalisti e degli operatori dell’informazione, della comunicazione, dell’arte e della cultura, di cui siamo entrambi soci promotori e fondatori.

Chiamato da Eugenio Scalfari, Paolo Guzzanti lasciò Il Giornale di Calabria per fare l’inviato a la Repubblica

Insomma, Paolo Guzzanti era Paolo Guzzanti già 40 anni fa. Ma oggi ne ho la conferma assoluta, nel caso in cui – nel corso di questi lunghi anni, ma non è mai accaduto – io abbia avuto un solo dubbio sulle sue capacità di narrazione.
Il suo ultimo libro, che vi consiglio di leggere, “Silvio. La vita vera di Berlusconi” (Compagnia Editoriale Aliberti, 496 pagine, 19,90 euro) – la biografia ormai “classica” del Cavaliere scritta da Paolo Guzzanti e aggiornata agli eventi del 2023 e alla scomparsa del protagonista – è un capolavoro di scrittura.
È la storia d’Italia rappresentata attraverso la favola personale di uno dei suoi grandi protagonisti: Silvio Berlusconi. Un saggio di politica italiana ma anche un’analisi di politica economica ed internazionale. Un affresco antropologico e sociologico di questi ultimi 50 anni di politica italiana. Una sorta di vero e proprio diario di bordo di uno dei più influenti giornalisti italiani alle prese con un incontro privato, quasi riservato, con il leader di Forza Italia.

Silvio Berlusconi

Ne viene fuori una narrazione diretta, avvolgente, forte, appassionata, a volte pungente e anche dissacrante del personaggio, ma che trasuda anche di ammirazione per le capacità dell’uomo Silvio Berlusconi, e per il “sogno di una Italia nuova” che Silvio Berlusconi era capace di farti toccare con mano.
Un diario di viaggio e di vita che oggi ci restituisce l’immagine fiera di un Berlusconi che per Paolo Guzzanti era molto più che un leader politico.
«Questo libro – scrive Guzzanti – mostra e dimostra che il suo carattere, fin dall’infanzia, è stato quello di un autocrate molto laborioso e spesso geniale; ma uno – come ricordò persino suo padre Luigi e mi confermò la madre Rosa nella lunga intervista qui riprodotta – che non tollera, non sopporta, non ammette controlli, condizionamenti, rallentamenti alla sua “politica del fare”, che è la politica del fare quel che più gli aggrada, conviene e che è nelle sue corde e persino nei suoi capricci».

La tessera di giornalista di Paolo Guzzanti

Un libro che si legge tutto di un fiato, che è soprattutto anche una parte importante della storia privata di questo straordinario giornalista italiano, e che Paolo Guzzanti oggi riapre riprende e rilegge dal momento in cui Berlusconi muore.
«Inizio a scrivere alle nove e trentacinque di lunedì 12 giugno 2023, appena saputo della morte di Silvio Berlusconi. Una morte che, per oltre tre mesi, ha respinto recalcitrando e apparendo in un paio di video in cui si nota drammaticamente lo sforzo fisico e il tentativo di nascondere la sofferenza di una respirazione compromessa: “Per voi mi sono messo per la prima volta dopo mesi in giacca e camicia”. Aveva passato una notte di torpore e all’alba si è svegliato, ha chiesto aiuto, ma il suo corpo non ne voleva più sapere. Un minuto dopo, tutto il mondo sapeva, tutti i politici e tutti i giornali e telegiornali commentavano l’uscita di scena di Silvio Berlusconi».

Paolo Guzzanti, giornalista professionista, saggista e politico, editorialista de Il Giornale, del quale è stato vicedirettore, e de Il Riformista, membro della Fondazione Italia – Usa, già conduttore dei programmi tv Chi l’ha visto?, Fai la TV e Bar Condicio, è consigliere nazionale della Figec Cisal

È quasi commovente il racconto che Paolo Guzzanti fa del suo ultimo incontro con lui.
«L’avevo visto per l’ultima volta il 3 marzo 2023, nella sua villa di Arcore dove ero stato altre tre volte in trent’anni. La prima fu quando mi mostrò dalla finestra del suo salotto dei distinti signori che oscillavano in giardino con dei calici in mano. Mi fecero l’effetto di fenicotteri, ma erano illustri professori e politologi, oltre che giornalisti e parlamentari, che avevano scelto di giocare la sua partita. Berlusconi aveva radunato un gruppo di persone di varia origine e molte qualità, fra cui il filosofo comunista Lucio Colletti e tanti altri. Sussurrò anche a me il segretissimo nome che aveva creato per il nuovo partito: Forza Italia. “Non è geniale?”. Risposi con una smorfia abbozzando un vago sorriso. No, non mi sembrava geniale un partito che si chiamasse Forza Italia. Ero snob e i fatti gli dettero ragione: quel nome da stadio e da tifoseria nazional-popolare ebbe un immediato e poi lunghissimo successo. I detrattori lo definirono “partito di plastica” e la sinistra in genere si dedicò con i suoi giornali a rendere ridicola, goffa, vagamente indecente quella formazione politica messa su in quattro e quattr’otto che diventò l’asse di una alleanza impensabile, impossibile, contro tutte le leggi della politica».

Papa Giovanni Paolo II e Silvio Berlusconi

Un fiume in piena, un racconto incisivo, a tratti sofisticato, elitario, rigoroso, puntiglioso, straordinariamente confidenziale. Il Berlusconi che ci propone Paolo Guzzanti è davvero mille cose insieme, immagine raffinatissima  – luci e ombre comprese – di un protagonista della vita della Repubblica di cui parleranno i libri di storia che verranno.
Sentite questa: «Berlusconi considera i papi come suoi compagni di tavolo e quando fu ricevuto dal pontefice polacco Giovanni Paolo II, dopo la nomina a Cavaliere del lavoro, riuscì a stupirlo assicurandogli che lui, il papa, poteva continuare tranquillamente il suo lavoro visto che vendeva un prodotto di successo – Dio – e che dunque non doveva preoccuparsi per la sua attività imprenditoriale di suo vicario in Terra, basata su un prodotto di eccellenza. Karol Wojtyła lo guardò con curiosità e sorpresa: nessuno aveva osato paragonarlo a un commesso viaggiatore che vendeva il “prodotto Dio”, ma l’audacia della similitudine l’aveva colpito».

Paolo Guzzanti

Rieccolo il grande “inviato” Paolo Guzzanti.
«Per Berlusconi Dio e il papa equivalevano a Pippo Baudo, a Mike Bongiorno, a un valido palinsesto in cui potevano giocare le sue famose zie monache e il non meno famoso prete della sua infanzia, che lanciava anatemi contro il comunismo illustrando le angherie subite dalla “Chiesa del silenzio” dell’Europa orientale. In fondo, questo aspetto lo rende di nuovo simile al borghese Napoleone che si genuflette, compie i riti prescritti ma all’occorrenza schiaffeggia il papa e gli strappa la corona per mettersela in testa con le sue stesse mani».
Nel libro di Paolo Guzzanti c’è davvero di tutto. C’è il bello e il brutto del Caso-Berlusconi, ma anche della politica italiana di questo mezzo secolo senza rete e senza reticenza alcuna. Il grande cronista è rimasto tale e quale anche in questa occasione e, pur dichiarando il suo amore per l’uomo che racconta, lo descrive nella piena interezza con cui la storia ce lo ha realmente presentato.
«Alla svolta del millennio, lui era l’uomo del secolo, mentre quelli che lo sostenevano gli slacciavano le scarpe. È passato sotto un tunnel di processi che neanche in un videogioco e ora cerca di riportare a vita politica una Forza Italia che non sa vivere senza l’occhio del padre nobile. Vorrebbe un partito capace di produrre idee e progetti pieni di fantasia e di speranza disponendo di dirigenti ideatori, ma il materiale scarseggia. E così lui rilancia l’idea rock, lo spettacolo, la kermesse in cui tutti parleranno solo per riempire il vuoto dell’apparizione almeno in voce».

Anche la foto di copertina del libro ha sollevato mille reazioni diverse

Leggetelo questo libro, sarà utile per capire meglio cosa è accaduto in Italia in questo ultimo mezzo secolo. Paolo Guzzanti questa volta ci prende per mano, e anche “per la gola dei sentimenti”, come solo il grande inviato di Eugenio Scalfari sapeva già fare 40 anni fa.
«Oggi Berlusconi non ha più nemici e i pochi che aveva, come Michele Santoro, gli rendono omaggio. Ma nel passato aspro e glorioso è stato – senza fare una piega, solo forse un plissé – il bersaglio più insultato, oltre che osannato, in un’epoca in cui l’esercizio dell’insulto, dell’odio, dell’invettiva era violento, da guerra civile mentale».

Paolo Guzzanti è stato senatore dal 30 maggio 2001 al 28 aprile 2008 (legislature XIV e XV). Eletto con Forza Italia, ha presieduto dal 2002 al 2006 la commissione d’inchiesta sul Dossier Mitrokhin ed è stato sotto scorta armata dal 2003 al 2008 a causa della segnalazione di possibili attentati. È stato anche deputato nella XVI legislatura. Eletto nel Popolo delle Libertà nel 2009, il 17 maggio 2012 è passato al gruppo misto rimanendovi fino al 22 maggio 2012, quando ha aderito ad “Iniziativa Liberale” fino alla fine della legislatura, il 14 marzo 2013

Guzzanti & Berlusconi, Paolo & Silvio, il Politico & il Giornalista, il Sognatore & lo Scrittore, il Fantasista & il Testimone del suo tempo. È un incontro casuale che trasforma la vita di Paolo Guzzanti, e nasce da qui la vera grande biografia del leader di Forza Italia.
«Forse soltanto in Italia sarebbe potuto succedere quel che accadde quando, appena arrivato a Palazzo Chigi, lesse sulla prima pagina del “Corriere della Sera” un avviso di garanzia e apprese di essere indagato come criminale, mentre presiedeva a Napoli un convegno internazionale sulla criminalità, con accuse risultate tutte false. Bossi, creatore della Lega Nord, fuggì, il governo crollò per un artificio e poi dopo la vittoria di Prodi bisognò rifare tutto da capo. I fatti di Genova furono elementi di un’unica provocazione, che fecero apparire l’Italia e il suo governo come creature mostruose».
L’altra faccia della medaglia è la storia di una biografia fortemente voluta all’inizio da Silvio Berlusconi.
«Verso la metà di giugno del 2000 Berlusconi mi disse di essere stato molto colpito dalla lettura dell’autobiografia di Lee Iacocca, amministratore delegato e salvatore della Chrysler, un repubblicano reaganiano intraprendente, tosto, pieno di inventiva, determinato, brillante e anche cattivo in affari. L’autobiografia di Iacocca è un librone di più di cinquecento pagine e a Berlusconi era venuta voglia di scrivere la propria autobiografia, con l’aiuto di qualcuno. Ero io disposto a dargli una mano? E “Perché no”, dissi. Io sono un giornalista, da sempre raccolgo vite altrui, è il mio mestiere. E la vita di Berlusconi era certamente un oggetto degno di nota: “Proviamo”, dissi. E aggiunsi: “Senza impegno”.
– Ma come fu il primo incontro tra Paolo e Silvio?
«Tutto quel che ricordo di quell’incontro – scrive Guzzanti – è positivo: un uomo disteso, molto interessante e intelligente, ma anche con un carattere di ferro, determinato, volitivo. Era evidente la sua ossessione di piacere. Essere seduttivo. Un autocrate istintivo, pretendeva come un diritto naturale che tutti, ma proprio tutti, fossero pazzi di lui. Considerava coloro che lo detestavano e lo combattevano prima di tutto come persone che non l’avevano capito: “Se potessero leggermi nel pensiero, non potrebbero non approvare quel che faccio”, diceva… Ma una volta davanti al registratore, come i lettori potranno vedere, la storia che Berlusconi fa di se stesso, dei suoi tempi, del suo contesto, è una storia edificante, eroica, a metà strada fra il libro Cuore di De Amicis e un cortometraggio pubblicitario. E tuttavia costituisce un documento importante».

Paolo Guzzanti

Atto Secondo. Paolo Guzzanti in questo suo romanzo – perché tale è questo sua saggio politico – confessa anche che dell’autobiografia fortemente voluta, almeno inizialmente, da Silvio Berlusconi, poi invece non se ne fece nulla.
«Io raccolsi questa prima puntata della sua vita, provai a sistemare il materiale sbobinato, ma comunque lo maneggiassi mi sembrava poco trattabile: un misto di esibizioni di buoni sentimenti ed eroismi. Eroismi infantili, adolescenziali, universitari, eroismi imprenditoriali, televisivi, pubblicitari, edilizi, familiari; eroismi esaltanti e allo stesso tempo un po’ deprimenti. Mandai a Berlusconi un inizio d’opera, ma lui non mi fece più sapere niente e infine mi disse di averci ripensato: “Qualsiasi cosa io scriva di me, o qualcuno scriva di buono su di me, mi si ritorcerà contro, troveranno sempre il modo di darmi addosso. Meglio lasciar perdere”. E così fu».

Il funerali di Stato di Silvio Berlusconi nel Duomo di Milano

Siamo dunque ai giorni nostri. Silvio Berlusconi muore e Paolo Guzzanti riprende il suo vecchio diario, e in questo si riconferma il grande maestro del giornalismo italiano quale è sempre stato.
«Quando ho deciso di scrivere questa “storia italiana”, la storia di Silvio Berlusconi in quello che potremmo considerare un giorno il “finale di partita”, della sua partita, mi sono ricordato di queste cassette, in parte già sbobinate e trascritte, in parte da trascrivere. E così le ho riascoltate a mente fresca, col senno di poi, con una distanza storica che un decennio in una certa misura consente. E ho trascritto integralmente quel che Berlusconi dice di sé, con brevissime mie interruzioni. Avrei potuto barare, alla maniera di quasi tutti i giornalisti, interpolando questi solitari soliloqui della memoria di Berlusconi con domande posticce, a posteriori, per costruire un dialogo. Ma sarebbe stato un dialogo fasullo e non ho alcuna voglia di ingannare il lettore, il quale potrà farsi da solo l’idea che preferisce di questo Berlusconi che racconta se stesso, e della madre che racconta la storia del figlio».

Paolo Guzzanti

Tutto puoi aspettarti da uno come Paolo Guzzanti, tranne però che possa identificare Silvio Berlusconi ad una macchia di inchiostro… Eppure lo fa.
Berlusconi è un protagonista – come si dice oggi – divisivo, nel senso che ha funzionato come il test di Rorschach, quello delle macchie d’inchiostro. Le macchie non significano nulla, ma chi le guarda può vedere ciò che affiora dalla sua mente. Da ciò che la gente vede nelle macchie gli psicologi traggono informazioni sulle persone, non sulle macchie. Berlusconi è stato tutt’altro che una macchia d’inchiostro insignificante, ma la gente lo ha amato, odiato, disprezzato, perdonato, adorato sulla base di ciò che Berlusconi ha significato per ciascun italiano.
Il resto è da leggere.
Potrei andare avanti ancora per molto, ma è giusto che ognuno si faccia una sua idea su questo straordinario racconto della Storia della Repubblica. (giornalistitalia.it)

Pino Nano

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