ROMA – Pagina 99, il quotidiano di economia e cultura fondato l’11 febbraio 2014, chiude battenti. Non è riuscito a resistere neppure un anno.
A nulla sono serviti i ripetuti ridimensionamenti che, appena un mese dopo la nascita, avevano costretto l’editrice Finam Media srl a passare dall’edizione quotidiana (dal martedì al venerdì) a quella settimanale del sabato abbinata alla versione on line. Il Consiglio d’amministrazione del giornale di viale Liegi (presidente Guido Paolo Gamucci e consiglieri Emanuele Bevilacqua e Mario Cuccia) ha, infatti, deciso di sospendere anche la versione on line.
“Quello del 3 gennaio – scrive il direttore Emanuele Bevilacqua nell’edizione di oggi – è l’ultimo numero di pagina99, per il momento. Siamo alla ricerca di nuova linfa. Torniamo ad essere lettori connessi e ricettivi, sognando un sistema integrato di carta e digitale che ci avvicini al futuro”.
L’ultimo numero di pagina99 assicura, però, il direttore “starà in edicola un po’ più a lungo del solito. Non per sempre però. È probabile che noi siamo dei pessimi comunicatori. Infatti non ci va di piangerci addosso né di prendercela con qualcuno. E quel che è ancora più grave, non ci va nemmeno di autocommiserarci o aprire spazi di autocelebrazione. Eppure sentiamo il bisogno di ringraziare ancora tutti quelli che ci hanno manifestato solidarietà e affetto e anche chi ha colto l’occasione per rivolgerci qualche domanda o qualche critica. Tutto fa brodo”.
Con la chiusura del numero in edicola, “e verosimilmente dell’esperienza di pagina99, torniamo – scrive Bevilacqua – a fare i lettori. Non abbiamo mai smesso, abbiamo continuato a leggere la stampa italiana e quella internazionale. Abbiamo le nostre passioni, firme che amiamo leggere e giornali che non ci dispiacciono e, anzi, ci piacciono proprio. Eppure ora che torniamo a fare full time i lettori di giornali saremo necessariamente più insoddisfatti. Perché abbiamo ancora un sogno”.
Il direttore di Pagina 99 si augura “che da qualche parte, in questo Paese difficile e spento, ci sia qualcuno che stia progettando un giornale che ci piacerà leggere per intero. Un giornale che non si limiti a raccontare con ampi retroscena quel che è accaduto ieri e che lo commenti in tutte le salse possibili. A noi piace (ma anche no), sapere cosa ha in testa Renzi, è utile materiale di conversazione a cena quando non si sa cosa dire e gli argomenti familiari si stanno esaurendo. Il giorno dopo apriremo quello stesso giornale e troveremo altri retroscena e altre interpretazioni che poco hanno a che vedere con quelle del giorno prima. Tanto a che serve avere una memoria, contare sull’esperienza?”.
“Ci piace – afferma Emanuele Bevilacqua – legge titoli arguti su giornali cui siamo affezionati. Ma che poi dietro il titolo mostrano un nulla nostalgico. Ci piace apprendere da scrittori che hanno vinto lo Strega grazie all’abilità propria e delle proprie case editrici, quale sia il loro rapporto con la tecnologia, con lo smartphone o con la bicicletta. Così come ci diverte avere tante pagine dedicate al tempo libero, alle passioni e alla cucina. Sì. Ci piace gustare una doppia pagina dedicata alle melanzane e a tutta la creatività che si può esprimere cucinandole.
Il fatto è che vorremmo un giornale che sa di essere parte di un sistema integrato, dove le notizie e i commenti seguono un loro percorso: dai social media al web, ai talk show della sera. Un giornale che sappia ritagliarsi uno spazio nuovo, una nuova autorevolezza, che sappia raccontare le proprie storie senza che si vada a sovrapporre a quella di altri media.
Non siamo nostalgici della carta. Da editori preferiremmo non averla, macchinari enormi per stamparla, inchiostri, camion per trasportarla, quintali di copie prodotte che finiscono invendute nei posti sbagliati. Il digitale è pulito, luminoso e, anche se non ha ancora trovato il suo linguaggio (e usa quello di altri strumenti, dai giornali alla tv), prima o poi riuscirà a trovare una propria voce e allora ne vedremo delle belle. Tuttavia per il momento l’editoria digitale ha i lettori ma non acquirenti, o per lo meno non a sufficienza. E quindi non può economicamente badare a se stessa. Vogliamo dire con questo che carta e digitale hanno bisogno l’una dell’altro. Devono trovare un nuovo equilibrio.
Siamo in un momento storico patetico, non crediamo più in quel che credevamo e non abbiamo ancora nuovi sogni da sognare. E i media, che sono figli nostri, non sono da meno, mentre la carta muore perché da sola non ce la fa, il digitale trionfa, ma non riesce a diventare adulto. Ci riuscirà, diventerà adulto, è solo questione di tempo e di uomini, e di soldi, lasciatemelo dire. Di uomini, di tempo e di soldi. Ma nel frattempo noi lettori che facciamo? Dove troviamo un giornale che rispetti la nostra dignità di uomini che hanno memoria e che non vogliono perderla inseguendo furbizie ben scritte? Dove troviamo un giornale che ci racconti una storia che ci aiuti a capire quale mondo sta dietro a quella storia? Un giornale, come dice il condirettore di pagina99 Luigi Spinola, «che sognavo di fare fin da bambino»?
Insomma, c’è tanta roba di qualità da leggere in giro, ma – conclude il direttore di Pagina 99 – noi cerchiamo un sistema dal web alla carta e ritorno, che ci faccia sentire connessi e ricettivi. Vogliamo essere aperti e positivi nell’affrontare le difficoltà e i cambiamenti di questa nostra epoca fantastica e tutta da raccontare. Abbiamo però bisogno di strumenti per capire, non di frammenti da interpretare. Avevamo un sogno? Veramente lo avremmo ancora. Un multimedia empatico che ci accompagni in questo percorso. Lo ritroveremo?”.
Il quotidiano di economia e cultura fondato l’11 febbraio 2014. L’editoriale del direttore