ROMA – «Non so quante persone abbiano assistito alla nostra aggressione ma sono sicuro che fossero più di dieci. Alcune erano affacciate alle finestre dei palazzi che davano su via Forni e stavano osservando ciò che accadeva. Nessuno è intervenuto per aiutarci. Anzi, in particolare, ricordo che durante le fasi dell’aggressione ho udito il rumore di alcune tapparelle che venivano chiuse».
È uno stralcio del verbale che il giornalista di Nemo, Daniele Piervincenzi, ha reso il 13 novembre scorso ai magistrati della Procura di Roma che indagano su Roberto Spada. Il documento, contenuto nella memoria che i pm Giovanni Musarò e Ilaria Calò hanno consegnato oggi ai giudici del tribunale del riesame, è indicativo del pesante clima di paura e di omertà che si respira a Ostia, feudo del clan degli Spada.
Ai pm il cronista, che ha preso da Spada una testata in faccia ed è stato colpito più volte con il manganello, ha chiarito il motivo per cui lui e l’operatore Edoardo Anselmi non hanno voluto farsi medicare all’ospedale Grassi di Ostia ricorrendo prima ai sanitari del Sant’Eugenio e poi a una clinica privata: «Abbiamo avuto paura che in quel momento restare lì non sarebbe stato per noi sicuro – è la giustificazione del giornalista –. Temevamo, infatti, non solo che qualche appartenente alla famiglia Spada potesse raggiungerci presso l’ospedale e farci del male, ma altresì che potessero rubarci la telecamera con i video che avevamo girato». E ancora Piervincenzi: «Dopo quanto accaduto temo ritorsioni nei miei confronti da parte degli Spada e ho paura per la mia incolumità e per quella dei miei familiari».
Per i pm, che hanno chiesto al riesame la conferma del carcere, non ci sono dubbi: «La condotta perpetrata da Roberto Spada e ostentata in maniera evidente e provocatoria, è idonea ad esercitare sui soggetti passivi l’intimidazione propria delle organizzazioni mafiose», compiendo, tra l’altro, «l’azione in luogo pubblico, davanti a numerosi testimoni» e «rivendicando il diritto di decidere chi poteva stazionare nella zona teatro dei fatti», cioè la palestra di famiglia Femus Boxe.
Il tribunale del riesame di Roma deciderà, quindi, nelle prossime ore se confermare o meno l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Anna Maria Fattori nei confronti di Roberto Spada, da alcuni giorni detenuto nel carcere di Tolmezzo.
La Procura di Roma, rappresentata dai pm della Dda Giovanni Musarò e Ilaria Calò, ha infatti ribadito, con il deposito di una corposa memoria, la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso contestata a Spada, oltre a quella dei futili motivi che supportano l’accusa di violenza privata e lesioni personali. Dal canto suo, la difesa dell’imputato (rimasto nel carcere di massima sicurezza) si è espressa per la revoca della misura cautelare e, in subordine, per la concessione dei domiciliari. (agi)