ROMA – È davvero singolare lo “Schema di decreto legislativo recante revisione della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti”, per il quale la VII Commissione della Camera dei deputati (Cultura, scienza e istruzione) ha espresso parere favorevole, su proposta del relatore Roberto Rampi (deputato Pd e pubblicista), istituendo il Collegio unico nazionale per le minoranze linguistiche e quelli per le Province autonome di Trento e Bolzano e per le regioni Abruzzo e Molise.
Ad ogni Collegio sono attribuiti 1 seggio per la quota pubblicisti (19 in tutto) e 1 per quella professionisti (19), oltre a 1 pubblicista e 1 professionista da eleggere nel Collegio unico nazionale per le minoranze linguistiche, per un totale di 40 consiglieri. Alle regioni con un numero di professionisti superiore a mille, viene inoltre assegnato un seggio ulteriore in ragione di 1 ogni 1000 o frazione di mille, fermo restando il limite complessivo di 40 consiglieri professionisti e tenendo conto che nessun Ordine regionale o interregionale (si ha forse intenzione di riesumarli?) può ottenere più di un quinto dei rappresentanti, ovvero più di 8 consiglieri professionisti.
In base agli iscritti al 31 dicembre 2016, a beneficiare di ulteriori consiglieri professionisti sarebbero: Lombardia (8 che si riducono a 7 per via dello sbarramento), Lazio (7), Emilia Romagna, Campania, Piemonte, Veneto, Toscana e Sicilia (1).
Niente di nuovo per Trento e Bolzano, che in Collegio unico hanno sempre votato appartenendo ad una delle venti regioni italiane, il Trentino Alto Adige. La novità, assurda e giustamente intollerabile per i giornalisti delle due regioni in questione, riguarda invece Abruzzo e Molise.
Nel testo approvato viene confermata la riduzione del numero dei consiglieri nazionali a “non più di 60 membri di cui due terzi professionisti e un terzo pubblicisti” e per giustificare l’accorpamento di Abruzzo e Molise viene indicata una motivazione (“quali Regioni confinanti con il minor numero di iscritti”) che produce un paradosso di non poco conto.
Il Molise (628 iscritti di cui 70 professionisti e 558 pubblicisti) è, infatti, decisamente perdente rispetto all’Abruzzo (2011 iscritti di cui 409 professionisti e 1602 pubblicisti) e da solo non ha ovviamente la forza per eleggere propri rappresentanti in una platea a stragrande maggioranza abruzzese. E come se non bastasse, va rilevato che il Molise, in Italia, non è fanalino di coda in tema di iscritti all’Ordine dei giornalisti. La Valle d’Aosta, infatti, di iscritti ne ha 332 (86 professionisti e 246 pubblicisti), ovvero la metà del Molise, ma “rischia” di essere rappresentata addirittura da 3 consiglieri nazionali: 1 professionista, 1 pubblicista e 1 rappresentante delle minoranze linguistiche. Un paradosso beffardo che, giustamente, i molisani non intendono mandare giù.
Lo schema approvato dalla VII Commissione contiene anche due osservazioni: “l’opportunità di attribuire al Consiglio nazionale poteri di verifica dell’effettivo adempimento degli obblighi di formazione degli iscritti all’albo” e l’ipotesi di esercitare la delega per venire incontro alle esigenze di snellimento e semplificazione del contenzioso disciplinare dei giornalisti o, comunque, l’eventualità di assumere nel prossimo futuro iniziative normative in tal senso”.
Certo, tra le novità contenute nel testo non mancano gli aspetti positivi. A partire dall’obbligo per i candidati al Consiglio nazionale dell’Ordine di essere titolari di una posizione previdenziale attiva presso l’Inpgi, l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani. Un aspetto che, finalmente, fa giustizia di un altro paradosso: quello che finora ha consentito l’elezione di iscritti all’Ordine che non hanno mai esercitato la professione giornalistica, ovvero di quanti non sono stati mai iscritti all’Inpgi perché nella loro vita professionale non hanno mai percepito un solo centesimo di retribuzione e, magari – chiamati a far parte della Commissione Ricorsi o del Collegio di disciplina nazionale – hanno avuto la possibilità di discettare finanche in materia di deontologia professionale decidendo la vita e la morte (professionale) di chi giornalista lo è sempre stato. Di nome e di fatto. (giornalistitalia.it)
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