ROMA – Ergastolo per il boss Vincenzo Virga e assoluzione per Vito Mazzara. È la decisione dei giudici della Prima sezione penale della Corte di Cassazione sul processo per l’omicidio del giornalista e sociologo Mauro Rostagno. I giudici di Piazza Cavour hanno, infatti, rigettato i ricorsi presentati dalla difesa di Virga e dalla Procura generale di Palermo contro la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Palermo del febbraio 2018.
Dunque, ci sono voluti 32 lunghissimi anni per arrivare ad avere la verità, almeno quella giudiziaria, sull’omicidio di Mauro Rostagno, ucciso la sera del 26 settembre del 1988 nei pressi della comunità di Saman a Trapani.
Oltre 20 anni sono serviti per arrivare al processo di primo grado. E ce ne sono voluti altri 12 per avere la sentenza definitiva, giunta questa sera alla Corte di Cassazione. Indagini lunghe, in cui non sono mancati episodi di depistaggi. Basti pensare che è tuttora in corso, davanti al Tribunale di Trapani, un procedimento contro dieci persone, tra cui esponenti delle forze dell’ordine, un maresciallo della Guardia di Finanza e un luogotenente dei Carabinieri, entrambi in pensione, accusati di falsa testimonianza na anche la vedova di un generale che prestava servizio nei Servizi segreti.
Alla sbarra Vincenzo Virga, capo della mafia di Trapani individuato come il mandante e Vito Mazzara. In primo grado furono condannati entrambi. In appello Mazzara, accusato di essere il killer, è stato invece assolto.
Era la sera quel 26 settembre quando Mauro Rostagno era alla guida della sua Fiat Duna di colore bianco. Era quasi arrivato a Lenzi, nelle campagne di Valderice, dove aveva sede la comunità Saman e dove abitava. Accanto a Rostagno c’era una giovane, Monica Serra, un’ospite della comunità, che faceva parte della squadra di giovani cronisti che Rostagno aveva messo in piedi per la tv locale Rtc.
I sicari lo stavano aspettando in un punto buio della strada di campagna, un budello stretto. All’improvviso fu colpito da decine di colpi. Gridò alla giovane di nascondersi dietro il sedile. Nessuno ha sentito nulla. Nessuno ha sentito quei colpi di mitraglietta e di lupara.
Ma chi era Mauro Rostagno? Il sociologo arrivò a Trapani per creare la comunità di recupero tossicodipendenti Saman. Subito dopo iniziò a collaborare con Rtc, una televisione locale di cui divenne il principale animatore, discutendo di mafia e malaffare, con nomi e cognomi.
Ecco come la figlia, Maddalena, che non si è mai rassegnata alla mancata verità sulla morte del padre, lo descrisse in aula, durante il processo di primo grado: «Mio padre voleva fare il terapeuta di Trapani».
In altre parole, Rostagno avrebbe voluto prendersi cura dei trapanesi. Una città difficile, dove c’era la corruzione. E dove era forte la presenza della mafia. Quella stessa mafia che la sera del 26 settembre di 32 anni decise di uccidere Mauro Rostagno. Come hanno stabilito i giudici della Corte d’assise di Trapani prima e della Corte d’assise d’appello di Palermo dopo.
Per il collegio d’appello fu, insomma, un delitto di mafia, ma restano ancora molti punti oscuri, che tanti anni di indagini non hanno ancora chiarito. Vincenzo Sinacori, fino agli anni 90 capo della famiglia di Mazara del Vallo, ha detto: «Rostagno è morto per le sue trasmissioni televisive, non perdeva occasione di attaccare Cosa nostra’».
La sentenza di primo grado è stata riformata solo in parte con i giudici della Corte d’Assise d’Appello che, evidentemente, non avevano ritenuto sufficienti per una condanna le analisi delle impronte genetiche trovate sui resti del fucile a canne mozze rinvenuti per terra sul luogo del delitto (la canna di legno si ruppe al momento dell’esplosione dei primi colpi), effettuati dai periti della Corte d’Assise di Trapani Paola De Simone, Elena Carra e Silvano Presciuttini.
Su questo punto la difesa di Mazzara aveva tentato di far riaprire l’istruttoria dibattimentale e di produrre una nuova perizia sul Dna, richiesta che però non è stata accolta dai giudici d’Appello. Ecco perché sono particolarmente interessanti le motivazioni della sentenza, che dovevano essere depositate entro novanta giorni, e che sono state depositate molto tempo dopo, per comprendere quali siano state le effettive valutazioni.
«Intanto c’è una conferma che è stato un delitto di mafia. Noi confidavamo nella conferma, leggeremo con attenzione le motivazioni per comprendere le ragioni di questa riforma. Comprenderemo le ragioni dell’assoluzione che evidentemente hanno a che fare con la prova scientifica. Capiremo se è stata ritenuta una prova i cui risultati sono inutilizzabili o è una prova che è nata male in partenza», aveva detto l’avvocato Carmelo Miceli, legale di parte civile. La sorella del sociologo Carla aveva parlato di una «sentenza illogica».
Il Pg Domenico Gozzo, che assieme al collega Umberto De Giglio aveva chiesto la conferma degli ergastoli per entrambi gli imputati, prima di uscire dall’aula aveva detto ai giornalisti: «Continueremo a lavorare». Ma se da un lato sul nome del killer c’è ancora un alone di mistero, sono più chiari i contorni in cui si è consumato il delitto.
«L’omicidio di Mauro Rostagno – avevano scritto i giudici di primo grado – volto a stroncare una voce libera e indipendente, che denunziava il malaffare, ed esortava i cittadini trapanesi a liberarsi della tirannia del potere mafioso, era un monito per chiunque volesse seguirne l’esempio o raccoglierne l’appello, soprattutto in un’area come quella del trapanese dove un ammaestramento del genere poteva impressionare molti».
E nel corso della requisitoria anche i Pg avevano evidenziato presunti depistaggi che si sarebbero verificati nel corso delle indagini. Perché Rostagno dava fastidio alla mafia e non solo. Fu ucciso mentre si apprestava a raccontare in tv, su Rtc, gli affari di mafia e massoneria. «Bisognava mettere a tacere per sempre quella voce – scrivevano ancora i giudici – che come un tarlo insidiava e minava la sicurezza degli affari e le trame collusive delle cosche con altri ambienti di potere».
Il collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, fino agli anni 90 capo della famiglia di Mazara del Vallo, aveva raccontato le irritazioni del capomafia Francesco Messina Denaro, padre del superlatitante Matteo, ad ogni trasmissione televisiva. Poi c’è stato chi come Francesco Milazzo ha parlato di un ordine «partito dalla Provincia, perché il giornalista aveva toccato qualche nome importante nelle sue trasmissioni».
Di recente l’assassinio di Mauro Rostagno fu accostato a un altro omicidio “eccellente”, quello della giornalista Rai Ilaria Alpi. Un accostamento rigettato dalla figlia, Maddalena Rostagno, che aveva detto: «Girano articoli che parlano di questo “link” tra i due omicidi con una quantità di imprecisioni e mere ipotesi date come prove. Invito i giornalisti a fare distinzione e chiarezza tra prove e ipotesi e per chi volesse approfondire ricordo che durante il processo di primo grado si è affrontato l’argomento e se ne può leggere nelle motivazioni della sentenza, che trovate online».
Il gip di Roma Andrea Fanelli aveva disposto di acquisire atti relativi al fascicolo di indagine sulla morte del giornalista Mauro Rostagno nell’ambito del procedimento per l’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Una richiesta fatta per verificare eventuali possibili collegamenti tra i due casi. Oggi, finalmente, si potrà mettere la parola fine su uno dei mille misteri di mafia.
«È importante che sia stato confermato il contesto mafioso dell’omicidio, ma è un peccato che resti un vuoto sugli esecutori materiali del delitto”, afferma l’avvocato Fausto Maria Amato, legale di Elisabetta Roveri e Maddalena Rostagno, compagna e figlia di Mauro Rostagno, commentando la sentenza.
«Provo molta amarezza per questa sentenza di assoluzione per Vito Mazzara. Ma anche perché abbiamo dovuto aspettare 32 anni dall’omicidio di mio fratello per avere una sentenza definitiva. Sì, sono davvero amareggiata per come sono andate le cose». A parlare con l’Adnkronos è Carla Rostagno, sorella di Mauro Rostagno.
Per Carla Rostagno, assistita dall’avvocato Fabio Lanfranca, «si è perso del tempo prezioso, e il tempo che si perde è sempre a vantaggio degli assassini. Per cui sono spariti dei reperti, sono state
cancellate delle intercettazioni telefoniche, ci sono stati moltissimi depistaggi e una mancanza di attenzione che potevano servire adesso con le analisi».
La sorella del giornalista ucciso si dice anche convinta che dietro l’omicidio di Mauro Rostagno non ci fosse solo la mafia. Carla Rostagno dice di sentirsi, dopo tutti questi anni, «come se fossi sulle montagne russe. È stato pesantissimo – spiega – prima avere dovuto aspettare 20 anni per il primo processo». E ringrazia il giudice Angelo Pellino, Presidente della Corte d’assise di Trapani,
«perché in primo grado aveva fatto un lavoro molto scrupoloso – afferma – aveva svolto un lavoro magnifico. Poi, a Palermo purtroppo è andata diversamente». In appello Vito Mazzara è stato assolto dall’accusa, assoluzione oggi confermata dalla Cassazione.
Carla Rostagno continua a ripetere che prova «tanta amarezza» soprattutto «per tutti gli anni di ritardi che ci sono stati e, inoltre, sono convinta che non è stata solo la mafia a volere la morte di mio fratello. Senza dubbio è stata la mafia a volere la sua morte ma lo scenario è più allargato, diciamo che adesso non si può fare più nulla. Perché se si perde del tempo prezioso all’inizio non si può fare molto. Se solo si fossero fatte le indagini come si doveva…».
Si emoziona quando parla del fratello: «Per me Mauro era una persona illuminata. Riusciva a vedere al di là delle cose. Se oggi fosse vivo continuerebbe le sue battaglie. Sono molto orgogliosa di avere avuto un fratello come lui…». (adnkronos)