ISTANBUL (Turchia) – Per la prima volta dopo 16 giorni dalla scomparsa a Istanbul di Jamal Khashoggi, il presidente americano Donald Trump dice quello che tutti pensano: il giornalista dissidente saudita “è morto”. E lo fa, in un’intervista al New York Times, basandosi sui risultati dell’intelligence “provenienti da ogni parte”. Poi avverte: “È una brutta storia e le conseguenze saranno severe” se sarà provata la responsabilità di Riad. La monarchia starebbe però già correndo ai ripari e, sempre secondo il Nyt, sarebbe pronta a incolpare un alto funzionario dei servizi sauditi.
Trump è stato aggiornato ieri alla Casa Bianca dal segretario di Stato Mike Pompeo, di ritorno dalla missione a Riad e Ankara, che gli ha chiesto di lasciare al principe ereditario Mohammed bin Salman qualche giorno in più rispetto alla scadenza di questo fine settimana. Ai cronisti, ha assicurato lui stesso che il principe si è impegnato personalmente con il presidente a fare chiarezza.
La Casa Bianca, scrive il Nyt, sarebbe inoltre già stata informata del nome che i sauditi vorrebbero sacrificare nella speranza di smorzare la crisi internazionale e alleggerire la posizione dell’erede al trono: si tratta, rivela il Nyt, del generale Ahemd al-Assiri, uomo di punta dei servizi sauditi e consigliere della corona. I sospetti di insabbiamento, però, restano forti. Le ong sollecitano un’indagine indipendente dell’Onu. Ma il Palazzo di Vetro frena: ci sarà solo “se tutte le parti coinvolte lo chiedono o se c’è un mandato legislativo da parte di un organo delle Nazioni Unite”.
Intanto l’assenza di risposte credibili sulla sorte del giornalista sta costringendo in queste ore i governi occidentali a prendere le distanze dall’Arabia Saudita. La “Davos del deserto”, organizzata bin Salman per attrarre investimenti, rischia sempre più il flop.
L’ultima defezione, la più pesante, arriva proprio da Washington: anche il segretario al Tesoro americano Steven Mnuchin ha scelto di fare un passo indietro, scuotendo immediatamente i mercati, timorosi che la situazione sfugga di mano all’amministrazione di Donald Trump e spinga il Regno a reagire con un calo della produzione di greggio, facendone rialzare il prezzo. Il forfait americano arriva poco dopo quello dei ministri economici di Gran Bretagna, Francia e Olanda.
La conferenza di Riad, prevista dal 23 al 25 ottobre, avrà quindi un profilo ben più basso delle attese, visti anche i ritiri di molti giganti della finanza e dell’editoria, da Uber a Credit Suisse passando per BlackStone e Cnn.
Sul fronte dell’inchiesta, dopo aver concluso le ispezioni del Consolato e della residenza del console, la polizia turca ha esteso per la prima volta le ricerche fuori città, nella “Foresta di Belgrado”, un bosco meta di escursionisti alla periferia di Istanbul. Lì si sarebbe diretto uno dei mezzi usciti dal Consolato poco dopo l’ingresso di Khashoggi. Nel mirino ci sarebbe pure una fattoria nella vicina provincia di Yalova.
L’inchiesta “viene condotta in modo meticoloso e approfondito”, ha assicurato il ministro della Giustizia turco Abdullah Gul, promettendo che porterà “risultati rapidamente”.
Non si ferma neppure la ridda di speculazioni sui media vicini a Recep Tayyip Erdogan. Uno dei presunti killer, il luogotenente dell’aviazione Mashal Saad al-Bostani, sarebbe morto dopo essere tornato a casa in un “incidente d’auto sospetto”. Forse “messo a tacere”, sostiene il quotidiano Yeni Safak. Mentre Sabah ha diffuso alcuni fermo immagine che confermerebbero la presenza in Consolato del fedelissimo di bin Salman, il 47enne Maher Abdulaziz Mutreb, suo frequente accompagnatore all’estero. Probabilmente lo stesso agente indicato dalle fonti del New York Times come quello responsabile di un “interrogatorio finito male”.
Il Washington Post ha, intanto, pubblicato l’ultimo editoriale di Khashoggi, recapitato dal suo traduttore all’indomani della scomparsa. “Ciò di cui il mondo arabo ha più bisogno è la libertà di espressione”, recita il titolo, quasi un testamento spirituale. Un articolo in cui l’opinionista del quotidiano statunitense ricorda le aspettative tradite della Primavera Araba, denunciando arresti e censure dalla sua Arabia Saudita a Egitto e Libano, e lancia un appello per creare “un forum globale indipendente, libero dall’influenza dei governi nazionalisti che diffondono l’odio attraverso la propaganda”. (ansa)
Uno dei presunti killer del giornalista è morto in un “incidente d’auto” sospetto