ROMA – C’è una nuova inchiesta della Procura di Roma legata all’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, assassinati in circostanze mai chiarite il 20 marzo del 1994 a Mogadiscio. Si tratta di un procedimento, che il procuratore Giuseppe Pignatone ha affidato al pm Elisabetta Ceniccola e che riguarda l’anomala gestione in Italia di Ahmed Ali Rage, detto Gelle, uno che per anni è stato considerato testimone chiave della vicenda al punto che le sue dichiarazioni, rese durante le indagini preliminari e mai confermate al processo, hanno portato alla condanna a 26 anni di reclusione dell’unico imputato, il somalo Omar Hashi Hassan.
Falso in atto pubblico, calunnia e favoreggiamento sono i reati contemplati in questo nuovo fascicolo che tiene ovviamente conto delle ultime novità processuali. Hassan, infatti, dopo aver scontato oltre 17 anni di reclusione, è stato assolto (ed immediatamente scarcerato) il 19 ottobre scorso, per non aver commesso il fatto, dall’accusa di duplice omicidio, nel processo di revisione tenutosi davanti alla corte d’appello di Perugia che ha bollato la testimonianza di Gelle, resa a Digos e Procura di Roma nell’ottobre del 1997, come “contraddittoria, del tutto inattendibile e plausibilmente falsa”.
L’imputato, nonostante avesse sempre negato di aver fatto parte del gruppo di fuoco che uccise i due italiani, non era mai stato creduto nei vari gradi di giudizio. La “fortuna” di Hassan è legata all’intervista che la giornalista Chiara Cazzaniga del programma tv “Chi l’ha visto?” fece a Gelle il 18 febbraio del 2015, dopo averlo rintracciato a Birmingham, in Inghilterra. In quella sede il (presunto) teste oculare riconobbe di non essere mai stato sul luogo dell’agguato, contrariamente a quanto raccontato a suo tempo ai nostri inquirenti, e spiegò che “gli italiani volevano chiudere velocemente il caso e trovare un colpevole”, concetto che gli avrebbe ribadito anche l’allora ambasciatore Cassini.
Analoga versione è stata poi confermata dallo stesso Gelle il 31 marzo 2016 quando è stato sentito per rogatoria dal pm Ceniccola nell’ambito della una nuova indagine sul duplice omicidio. Sulle modalità di gestione del testimone nel periodo in cui è stato in Italia, i giudici di Perugia hanno espresso “sconcerto”: Gelle, nonostante sia stato tenuto “in custodia” dal personale di Polizia e sia stato foraggiato economicamente dall’ottobre al dicembre di 20 anni fa, è sparito dalla circolazione “senza lasciare traccia ed eludendo qualsiasi sorveglianza”.
“Non risultano poi essere state effettuate ricerche mirate per cercare di rintracciarlo – aveva aggiunto la Corte d’appello di Perugia nelle motivazioni della sentenza –, ricerche svolte proficuamente anni dopo, senza neppure particolari difficoltà, non dalle forze di Polizia, ma da giornalisti della Rai”.
“La notizia che la Procura di Roma è impegnata nell’indagine sulla gestione del falso testimone del caso Alpi-Hrovatin, Ahmed Ali Rage, è molto positiva”, ha commentato il capogruppo Pd nella commissione Giustizia della Camera, Walter Verini.
Il parlamentare, circa un mese fa, insieme alla Federazione Nazionale della Stampa e alla mamma di Ilaria, la signora Luciana Alpi, aveva chiesto che “la tragica vicenda torni ad essere al centro del mondo dell’informazione, del mondo politico e, innanzitutto, di quello giudiziario perché dopo le motivazioni della sentenza d’appello di Perugia, la verità sugli omicidi di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin è davvero più vicina”.
“Quella sentenza evidenzia, infatti, la cattiva gestione delle indagini che portarono alla condanna di un innocente, il somalo Hasci Omar Hassan, ora libero dopo una preziosa inchiesta della giornalista di Chi l’ha visto? Ora si deve andare avanti nella ricerca della verità – conclude Verini – per scoprire chi e perché volle stroncare le vite dei due giornalisti e chi depistò la ricerca della verità”. (agi)
La nuova inchiesta della Procura di Roma sulla gestione del testimone Gelle