MILANO – “Con quel titolo non volevo offendere nessuno, ma aprire una discussione, un dibattito. Non è questo, in fondo, il mestiere di giornalista?”. Si è difeso così, rendendo dichiarazioni spontanee, il giornalista Maurizio Belpietro nel processo con rito abbreviato davanti alla decima sezione penale del Tribunale di Milano, in cui è imputato per avere “offeso pubblicamente l’Islam, mediante vilipendio di coloro che la professano” per la pubblicazione, l’8 gennaio 2015, sulla prima pagina di Libero, giornale di cui all’epoca era direttore, del titolo “Questo è l’Islam”, corredato da una foto che mostrava l’attacco terroristico al settimanale satirico Charlie Hebdo a Parigi, avvenuto il giorno precedente.
“Quel titolo è stato pubblicato il giorno dopo una strage. Quelle persone – ha aggiunto il direttore de “La Verità”, già assolto per il titolo “Bastardi islamici” sempre su Libero – non sono morte per mano di un pazzo, ma di gente che aveva intenzioni precise e dei principi che sono quelli dell’Islam”.
Il pm Piero Basilone ha contestato a Belpietro, difeso dall’avvocato Valentina Ramella, pure l’aggravante di “avere commesso il fatto per finalità di discriminazione e di odio religioso” e la violazione della legge Mancino del 1993 che punisce “discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Il Caim, Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano e Monza, si è costituito parte civile.
“Nei secoli – ha continuato l’imputato – abbiamo acquisito la possibilità di criticare anche la religione, anche sul Papa abbiamo letto le cose più incredibili. Quel giorno a Parigi il diritto di criticare è stato punito con le armi”.
Si ritorna in aula, per la discussione delle parti, il prossimo 16 giugno. (ansa)
Imputato per il titolo su Libero dopo strage di Parigi contro il giornale Charlie Hebdo