ROMA – Non dovremmo più stupirci di cosa accade al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti dove, fatta salva una ormai irriducibile opposizione che – osteggiata su tutto – prova la strada della riforma, tutto sembra correre verso la giustificazione delle tesi di chi ne vorrebbe l’abolizione. Difficile riformarlo con una maggioranza che contraddice se stessa e snatura per interessi diversi (tutti meno quelli della categoria) la proposta di riforma elaborata dalla stessa. Non basta.
Anche la pessima figura fatta con il Garante sul tema della privacy non ha scalfito una dirigenza ordinistica che rappresenta solo pezzi di categoria, parte dei quali con la professione hanno poco a che fare pur ergendosi, in modo strumentale, a paladina di precari e collaboratori. Tutto pur di giustificare la propria sopravvivenza. E in questo clima si colloca anche la composizione della nuova commissione per la riforma (quale, se parte del Cnog nemmeno fa la professione?).
Dalla stessa, perché sgradito alla maggioranza e presidenza del Cnog, è stato escluso Pino Rea. Figura culturalmente e professionalmente ineccepibile. Anima del centro Lsdi e con una lunga esperienza sindacale alle spalle. Un neo difficile da digerire per la maggioranza ordinistica nei cui confronti Rea con altri, è stato critico. Insomma, una posizione inaccettabile.
Bene ha fatto il collega Carlo Bonini, a rifiutare il posto in commissione dopo il veto a Rea. Bene ha fatto l’opposizione a non mollare. La solidarietà a Pino Rea non è una moneta scontata. Ma convinta. Giornalista è chi giornalista fa per lavoro vero. Soprattutto pensando. A costo di essere sgradito. Ma di piacere alla dirigenza dell’Ordine, sinceramente poco ci importa. Preferiamo Pino Rea e chi, come lui, dice no e pensa con la propria testa.
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