La lista civica per il Consiglio nazionale e per quello regionale con Carlo Picozza presidente

Odg: Riforma & Dignità per una svolta nel Lazio

Pierluigi Roesler Franz (candidato consigliere nazionale professionista dell’Ordine dei giornalisti) e Carlo Picozza (candidato presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio)

ROMA – Ho deciso di candidarmi nel Lazio al Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti nella Lista civica “Riforma & Dignità” con sette autorevoli colleghi della mia regione (Paolo Corsini, Francesco Gagliardi, Giovanni Innamorati, Silvia Mattoni, Alessandra Rotolo, Anna Scafuri e Alessandra Spitz) ed assieme ad una squadra altrettanto valida per il Consiglio Regionale di Roma (Carlo Picozza candidato presidente, Gianni Dragoni, Roberto Monteforte, Manuela Moreno, Elena Panarella e Pietro Suber in lizza per il Consiglio e Rossana Livolsi e Barbara Pavarotti in corsa per i revisori dei conti) perché credo fermamente che occorra dare una svolta ad un Ordine che rischierebbe di restare ingessato senza più ricompattare una categoria, purtroppo, in via di disfacimento e che ha l’assoluta necessità di essere, invece, ampliata al più presto con l’ingresso di nuove figure professionali se vuole davvero sopravvivere.
Tra i principali compiti dell’Ordine, che è un ente pubblico, dovrebbe esservi quello di proporre alle Camere delle modifiche o integrazioni di norme non più al passo con i tempi che riguardino tutti i giornalisti in attività di servizio e i pensionati e il mondo dell’informazione.
Se sarò eletto mi impegno solennemente affinché il Cnog affronti al più presto queste tematiche e predisponga delle apposite proposte da inviare in Parlamento anche sotto forma di petizione come prevede l’art. 50 della Costituzione.
Occorre, innanzitutto, tener conto della gravissima e irreversibile crisi dell’editoria tradizionale che si protrae in Italia ormai dal 2009 con un crollo di vendite della carta stampata e con l’inarrestabile uscita anticipata dalle redazioni – anche con l’improprio utilizzo dei prepensionamenti previsti dalla legge 416 del 1981 – di migliaia di colleghi ancora in giovane età, come avevo, purtroppo, profetizzato – ma rimasto inascoltato – nel 1994 in pieno periodo di “vacche grasse”. Ciò ha creato un pesantissimo disavanzo nelle casse dell’Inpgi, che da 70 anni – in base alla legge Rubinacci del 1951 tuttora in vigore – è un ente previdenziale sostitutivo dell’Inps ed è l’unico tra tutte le Casse privatizzate in Italia ad assicurare l’assistenza e la previdenza di lavoratori subordinati. Il boom del lavoro autonomo giornalistico – anche mascherato – sta, però, gradualmente ed inesorabilmente soppiantando il lavoro subordinato giornalistico a tempo indeterminato.
In questo delicatissimo momento l’Ordine nazionale dei giornalisti può quindi svolgere un ruolo importantissimo e forse decisivo per rimettere in carreggiata l’Inpgi, finora usato come bancomat dallo Stato e dagli editori, attraverso una serie di urgenti e indilazionabili provvedimenti come la concreta ed immediata regolamentazione dell’equo compenso per dare finalmente tranquillità a migliaia di colleghi sinora ingiustamente bistrattati con retribuzioni quasi di fame e inammissibili in un Paese civile.
Analogamente dovrebbe essere finalmente applicata fino in fondo sia nel settore pubblico, sia nel settore privato la legge n. 150 del 2000 sugli uffici stampa, rimasta, purtroppo, inattuata da più di 20 anni, come rilevato dalla Corte Costituzionale con un ultimatum al Parlamento nel giugno 2020. Su questa delicata materia sono di recente intervenute anche le sezioni unite civili della Cassazione con la sentenza n. 21764 del 29 luglio 2021 che chiarisce finalmente come stanno le cose. Ma va applicata d’ufficio e alla lettera senza ulteriori indugi e furbizie soprattutto da parte dello Stato. Ricordo i due fondamentali principi affermati in questa storica decisione:
1) «Deve essere considerata giornalistica l’attività svolta nell’ambito dell’ufficio stampa di cui alla legge n. 150 del 2000 per la quale il legislatore ha richiesto il titolo dell’iscrizione all’albo professionale e previsto un’area speciale di contrattazione con la partecipazione delle organizzazioni sindacali dei giornalisti»;
2) «In presenza dello svolgimento di attività giornalistica l’iscrizione all’Inpgi ha portata generale a prescindere dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro e dal contratto collettivo applicabile al rapporto».
È poi indispensabile una radicale riforma dell’ormai del tutto superata legge n. 69 del 3 febbraio 1963 che prenda finalmente atto a 360° dell’online e delle nuove figure di giornalismo. Ed è proprio questa anche la legge che assurdamente fissa ancora le attuali elezioni senza, tra l’altro, prevedere liste di candidati ufficiali da votare on line come avviene da tempo negli altri enti di categoria.
A distanza di quasi 60 anni è ormai giunto il momento di voltare pagina venendo incontro ai colleghi, riconoscendo i loro sacrosanti diritti e le loro giuste esigenze ed aspirazioni e regolarizzando a tutti gli effetti chi oggi è ingiustamente ancora escluso dalla professione, pur vivendo prevalentemente di giornalismo.
Basta con le chiacchiere. Servono i fatti. Così come dopo decenni di polemiche, di discussioni e di proposte in Parlamento senza, però, mai arrivare a nulla, è urgentissima e indilazionabile la riforma della legge sulla diffamazione soprattutto in sede civile con:
a) l’introduzione obbligatoria – prima che si inizi una causa contro un giornalista – della rettifica di un articolo ritenuto diffamatorio, ma con possibilità di replica ed eventuale controreplica;
b) la fissazione di un termine non superiore ai 6 mesi contro gli assurdi attuali 5 anni per presentare in tribunale una richiesta di risarcimento danni nei confronti di un giornalista;
c) la soluzione del delicatissimo problema della rivalsa da parte degli editori (cioé la cosiddetta “manleva”) sui direttori e sugli autori di articoli ritenuti diffamatori;
d) la competenza esclusiva da parte del giudice del luogo dove si stampa un giornale o dove si registra un sito online, anziché quella del giudice della città in cui risiede la persona diffamata che costringerebbe il direttore o un giornalista accusato ad effettuare un giro d’Italia per potersi difendere e per di più con un costo altissimo delle parcelle dei propri legali.
È, inoltre, altrettanto indispensabile varare delle nuove norme sulle querele bavaglio dopo che si è, purtroppo, impantanato da due anni a Palazzo Madama il meritorio disegno di legge del senatore e giornalista Primo Di Nicola in base al quale chi chiede un indennizzo da diffamazione con cifre astronomiche e perda poi la causa perché le accuse si rivelino davanti al giudice del tutto infondate o pretestuose dovrebbe risarcire il giornalista del 25% dell’importo preteso inizialmente. Questo disegno di legge va, invece, approvato al più presto proprio per tutelare la libertà di stampa e il pieno diritto dei cittadini, dei lettori, dei radioascoltatori e dei telespettatori ad una corretta e compiuta informazione, come sancisce l’art. 21 della Costituzione, l’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e l’articolo 10 della Cedu – Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Occorre poi introdurre anche norme penali ben più severe per arginare il triste fenomeno in continua crescita, sia in termini di quantità sia in termini di gravità, delle pressioni indebite ed illegittime, delle continue minacce, delle intimidazioni e delle violenze alle giornaliste e ai giornalisti, e soprattutto ai free lance e ai più deboli ed indifesi. In proposito condivido totalmente la richiesta avanzata nei mesi scorsi dal segretario dell’Associazione Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo, assieme ad Ossigeno per l’Informazione e poi fatta propria dal presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, Carlo Verna, di introdurre nel codice penale il nuovo reato di ostacolo all’informazione al fine di tutelare il lavoro dei giornalisti e di garantire loro le condizioni per svolgere una professione ad alto contenuto sociale e democratico, proteggendoli con sanzioni penali adeguate e con la prospettiva dell’arresto obbligatorio, da ogni forma di violenza e minaccia finalizzate a limitare o impedire l’esercizio dei diritti costituzionali.

Carlo Verna

Questo è il testo proposto: «Chiunque, per limitare o impedire la ricerca, la raccolta, la ricezione, l’elaborazione, il controllo, la pubblicazione o la diffusione di informazioni, opinioni o idee di interesse pubblico, utilizza violenza, minaccia o frode in danno di soggetti esercenti l’attività giornalistica, è punito con la reclusione da due a sei anni».
Infine, è necessaria anche una nuova e più articolata disciplina che funga da valido ed efficace deterrente per impedire l’esercizio abusivo della professione giornalistica con conseguente evasione anche dei contributi all’Inpgi. (giornalistitalia.it)

Pierluigi Roesler Franz

CHI È PIERLUIGI ROESLER FRANZ

Pierluigi Roesler Franz, 74 anni, giornalista professionista, laureato in Economia e Commercio a Roma. Sono meglio conosciuto nella categoria come Pierluigi Franz, avendo sempre usato questo nome dal 1976 in poi nella sua attività di cronista giudiziario nelle redazioni romane del Corriere della Sera e de La Stampa. Su queste testate ha scritto circa 6 mila articoli riguardanti in gran parte l’attività della Cassazione e della Corte Costituzionale e i diritti dei cittadini. Sono stato Presidente dell’Associazione Stampa Romana, consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e della Fnsi ed consigliere dell’Inpgi e del Fondo Pensione Complementare. Ora sono sindaco Inpgi e presidente del Sindacato Cronisti Romani.

Un commento

  1. Enrico Morelli

    Ormai per l”Inpgi la soluzione è delineata, ma sulle norme sulla stampa molto si può fare e il programma di Franz mi spinge a votare lui e la sua squadra.

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