ROMA – «Una gravissima violazione della tutela di genere e la manifesta incapacità ad assicurare la fondamentale funzione di vigilanza della disciplina deontologica della categoria» sono alla base della mozione di sfiducia, accompagnata da un esposto al ministero della Giustizia, presentata dai consiglieri di opposizione contro il neo eletto presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli, e il nuovo comitato esecutivo.
Una mozione di sfiducia record, considerato che il Consiglio nazionale che ha eletto Bartoli e il resto dell’esecutivo si è concluso oggi pomeriggio, al Grand Hotel Palatino di Roma, senza riuscire a completare l’elezione di tutti gli organismi previsti. A firmarla: Margherita Agata (Basilicata), Anna Scafuri (Lazio), Antonio Boschi (Emilia Romagna), Emilio Bonavita (Emilia Romagna), Oscar Buonamano (Abruzzo), Daniele Cerrato (Piemonte), Paolo Corsini (Lazio), Renato D’Argenio (Friuli Venezia Giulia), Giulio Francese (Sicilia), Santino Franchina (Sicilia), Giovanni Innamorati (Lazio), Oreste Lo Pomo (Basilicata), Nicola Marini (Abruzzo), Andrò Merkù (Friuli Venezia Giulia), Antonio Negro (Calabria), Carlo Parisi (Calabria), Luca Romagnoli (Marche), Alessandro Sansoni (Campania), Enrico Paissan (Trentino Alto Adige), Pierluigi Roesler Franz (Lazio), Gianni Maria Stornello (Piemonte), Carlo Verna (Campania).
All’origine della decisione, come ampiamente riferito ieri da Giornalisti Italia, la netta chiusura della maggioranza alla gestione democratica del massimo organismo di categoria dei giornalisti.
«Senza rispettare la norma del regolamento che prevede l’annuncio – da parte dei consiglieri nazionali che intendono candidarsi a svolgere il ruolo di membri del Consiglio di Disciplina – della propria disponibilità a svolgere quel ruolo, con successiva informazione al Consiglio dei nomi dei candidati, il presidente Bartoli – spiegano i consiglieri di opposizione, schierati con l’ex presidente Carlo Verna – ha avviato le operazioni di voto. Le preferenze espresse dalla maggioranza sono poi confluite sui nomi delle uniche due consigliere donne schierate all’opposizione, con l’implicito, ma evidente obiettivo di espellerle forzatamente dal Consiglio nazionale, in virtù della norma che prevede la cessazione dell’appartenenza al Consiglio nazionale per chi svolge le funzioni di membro del Consiglio di disciplina. Un comportamento dettato verosimilmente dall’incapacità della maggioranza di trovare all’interno delle proprie fila colleghi disponibili a rinunciare alle proprie prerogative consiliari per svolgere le funzioni disciplinari.
Un atteggiamento discriminatorio volto a tutelare l’esiguo scarto numerico a favore della maggioranza in Consiglio, estromettendo dall’assemblea alcuni consiglieri di minoranza, tanto più violento in quanto declinato in una logica di genere esercitata in modo brutale, al solo fine di garantire le quote di genere a scapito dell’effettiva volontà delle interessate ad ambire a un ruolo diverso da quello ricevuto dal mandato elettorale».
L’episodio è stato reso ancora più grave dal fatto che le colleghe Margherita Agata e Anna Scafuri sono state votate non solo a loro insaputa, ma anche contro la loro esplicita volontà». (giornalistitalia.it)
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