ROMA – I genitori del giovane cronista americano del Wall Street Journal Daniel Pearl, attirato nel 2002 in una trappola e decapitato da terroristi islamici a Karachi, in Pakistan, hanno fatto appello alla giustizia pachistana perché non vengano rilasciati i quattro presunti assassini, tutti assolti in appello lo scorso 2 aprile, uno dei quali, Ahmed Omar Saeed Sheikh, considerato l’ideatore del rapimento e omicidio, ha visto la sua condanna a morte commutata in 7 anni di carcere, tutti già scontati.
Due giorni dopo quella sentenza il Ministero dell’Interno di Islamabad ha deciso che i quattro comunque resteranno in carcere per altri tre mesi, visto lo sdegno che la sentenza di assoluzione, in attesa di un pronunciamento della Corte suprema.
«Abbiamo presentato ricorso su questa sentenza alla Corte Suprema del Pakistan», afferma il padre di Daniel, Judea Pearl, in un video, citato dalla Bbc. «Ci appelliamo alla giustizia e non solo per nostro figlio, ma per tutti i nostri cari amici in Pakistan, perché possano vivere in una società senza violenza né terrore e possano crescere i loro figli in pace ed armonia».
Daniel Pearl, che aveva 38 anni, nel gennaio 2002, pochi mesi dopo gli attentati dell’11 settembre, stava compiendo indagini per il Wsj sull’estremismo islamico in Pakistan e i suoi legami con alcuni attentati. E aveva – o credeva di aver ottenuto – di poter parlare con un religioso in vista. Ma quando si presentò a Karachi all’appuntamento, sparì nel nulla. Un mese dopo un video che documentava la decapitazione del cronista fu consegnato al consolato americano.
La moglie di Pearl, che al momento del rapimento era incinta, ebbe il loro figlio nel 2002. Il terrorista pachistano Khalid Sheikh Mohamed, considerato il pianificatore degli attentati alle Torri Gemelle e tuttora detenuto a Guantanamo Bay, aveva confessato di aver ucciso Pearl con le sue mani, ma la confessione non fu poi ritenuta valida perché «estorta con la tortura». (ansa).