COSENZA – Il Tribunale di Cosenza ha rigettato la proposta di concordato del Gruppo Editoriale C&C, società proprietaria della testata L’Ora della Calabria, in liquidazione da quasi quattro anni, e ha fissato per il prossimo 1° febbraio l’udienza prefallimentare. Questa l’ennesima puntata nella storia infinita del quotidiano calabrese che, dopo aver subito la censura dell’Oragate, è stato portato all’oscuramento e alla chiusura con una serie di manovre le cui conseguenze ancora gravano su una cinquantina di giornalisti, nonostante i ripetuti appelli alle autorità competenti di Carlo Parisi, segretario generale aggiunto Fnsi e segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria e di chi scrive, in qualità di ex direttore dell’Ora della Calabria e consigliere nazionale Fnsi.
Nessuno, infatti, finora ha chiarito il perché il liquidatore, Giuseppe Bilotta, non abbia subito portato, già al suo insediamento nel marzo 2014, i libri contabili al tribunale fallimentare, dal momento che, fin da allora, era evidente che nel bilancio societario c’erano solo spese da saldare e alcun credito da acquisire.
Giova per altro ricordare che in tale bilancio lo stampatore Umberto De Rose, protagonista della minacciosa telefonata con cui la notte tra il 18 e il 19 febbraio tentò d’impedire la pubblicazione della notizia dell’apertura di un’inchiesta giudiziaria a carico di Andrea Gentile, figlio del senatore Ncd e sottosegretario allo sviluppo economico, suo amico di vecchia data, aveva accumulato un credito di oltre 800 mila euro per non aver mai richiesto il saldo del corrispettivo dovuto per la stampa e che, dopo averne preteso il saldo immediato nei giorni a ridosso dell’Oragate, non l’ha mai più sollecitato. Anzi, si era proposto, a segno di una ritrovata intesa (“accorduni”) con i Citrigno (proprietari del gruppo C&C con i quali ha condiviso, in passato, diverse avventure editoriali), come acquirente, l’unico credibile secondo quanto riferito dal liquidatore Bilotta, già commercialista di fiducia di Piero Citrigno, all’attonita rappresentanza sindacale dei giornalisti.
La pronuncia della Procura cosentina circa la proposta di concordato del Gruppo C&C, comunque, era scontata. I debiti in essa dichiarati con i creditori sono quasi la metà di quelli effettivi, accertati a suo tempo dal commissario giudiziale, Fabio De Buono. Questi, stilando una relazione dettagliata sullo stato effettivo del bilancio della società editrice, aveva concluso: «Lo scrivente esprime il proprio personale avviso che , allo stato attuale delle conoscenze e delle informazioni disponibili, la prosposta di concordato preventivo avanzata dalla società non permette di soddisfare i creditori privilegiati al 100% e non permette di soddisfare i creditori chirografari nella misura minima del 20 % stabilita dalla legge».
Tenendo conto che la stessa proposta, elaborata forse solo per perdere altro tempo, era a dir poco risibile se non addirittura offensiva verso la redazione della quale molti componenti avevano già subito, prima della chiusura della testata, condizioni di precariato e di inquadramento retributivo inaccettabili, e che i giornalisti, i quali con i collaboratori e i dipendenti del gruppo rientrano tra i creditori privilegiati, non potevano che dirsi contrari alla “soluzione” offerta da Bilotta, il giudice Francesca Gioggiamani non poteva che dichiarare lo stato di prefallimento, che precede la dichiarazione di fallimento vera e propria. Quest’ultima, salvo altri colpi di scena, altri rinvii e altre oscurità varie dovrebbe arrivare alla prossima udienza e dopo quattro anni finalmente i giornalisti dell’Ora potranno attivare i meccanismi di legge a tutela dei propri diritti più volte calpestati, con prepotenze e bavagli, in questa pagina tra le più nere, dal punto di vista sindacale, di tutta la storia del giornalismo italiano. (giornalistitalia.it)
Luciano Regolo