James Risen non sarà chiamato a testimoniare al processo di un ex agente della Cia

Negli Usa le fonti dei giornalisti sono sacre

James Risen

James Risen

NEW YORK (Usa) – James Risen, giornalista del New York Times due volte premio Pulitzer, non sarà chiamato a testimoniare al processo di un ex responsabile della Cia, Jeffrey Sterling, accusato di avergli passato delle informazioni segrete su un’operazione dell’agenzia in Iran.
Finisce così, si legge sul New York Times, una battaglia legale portata avanti dal giornalista per sette anni, per evitare di essere obbligato a testimoniare.
L’operazione della Cia aveva l’obiettivo di colpire il programma nucleare di Teheran; Sterling parlò dei suoi dubbi con alcuni funzionari governativi e, secondo l’accusa, potrebbe averlo fatt o anche con Risen, che descrisse il programma della Cia in “Stato di guerra”, un libro uscito nel 2006. Risen, chiamato a testimoniare nel 2008 e poi nel 2011, si è sempre rifiutato di presentarsi in tribunale, non volendo rivelare il nome della sua fonte, rischiando anche di essere incriminato.
Risen, secondo il New York Times, è il giornalista più conosciuto coinvolto nel tentativo dell’amministrazione Obama di punire i funzionari governativi che hanno rivelato alla stampa informazioni sulla sicurezza nazionale. Un tema particolarmente sensibile per l’amministrazione Obama, come dimostra il fatto che il dipartimento di Giustizia, sottolinea il quotidiano, ha formulato più accuse per casi di fughe di notizie di tutte le precedenti amministrazioni messe insieme.
Il caso di Risen aveva sollevato l’indignazione di giornalisti, associazioni per la libertà di stampa e lettori, tanto che più di 100.000 persone avevano firmato una petizione online chiedendo al dipartimento di Giustizia di non chiamare Risen a testimoniare.
L’avvocato di Risen ha commentato: “Questo va al di là del caso di Risen. Si tratta della libertà di tutti i giornalisti. I giornalisti devono poter proteggere le loro fonti per fare il loro lavoro”. (Askanews)

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