Caro Parisi,
rispetto quanto ha scritto, ma i mezzi della democrazia prevedono il pubblico consiglio comunale. Non è stato il paese ad aggredire il giornalista ma il contrario.
A San Procopio non siamo nel Medio Evo e non accendiamo roghi. Apoditticamente il giornalista non può affermare nulla se non lo ha verificato.
Comunque, abbia l’amabilità di leggere la mia replica. L’invito al giornalista è il mezzo più signorile, a mio sommesso parere, per spegnere…il rogo. Cordialità.
Eduardo Lamberti-Castronuovo
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Caro Lamberti Castronuovo,
non avevo dubbi che la notte le avrebbe portato consiglio, inducendola a riportare la vicenda nell’alveo del confronto civile e democratico. Lei, che di metafore è maestro, sa benissimo che quella del “rogo” (usata da me, non da Inserra e dal Quotidiano), altro non è che la figura retorica che meglio rappresenta il “processo in piazza” in cui rischia di trasformarsi il Consiglio comunale aperto convocato per martedì prossimo. Le ricordo l’unico punto all’ordine del giorno da lei inserito: “Eventuale denunzia per diffamazione contro chiunque si permetta di offendere la dignità di un Popolo, attraverso la diffusione di notizie false, provocatorie e senza alcun intento costruttivo. I legali saranno presenti”.
Concordo pienamente con lei sul fatto che “i mezzi della democrazia prevedono il pubblico consiglio comunale”, ma il civico consesso non può e non deve essere convocato per mettere alla sbarra un giornalista che, adesso, ha dalla sua anche la conferma ufficiale del procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, il quale non solo ha confermato le tre inchieste sui presunti “inchini” (compresa quella sulla processione del paese di cui lei è sindaco), ma ha addirittura ringraziato “giornali e televisioni che hanno fatto venire a galla queste storie che non hanno nulla a che fare con la legalità e la religione”.
In uno stato di diritto vale la presunzione d’innocenza, siamo d’accordo. Ma Michele Inserra ha riportato una notizia vera, perché fondata sull’esistenza di un’inchiesta “certificata” dallo stesso procuratore generale. Se la notizia del Quotidiano, contrariamente a quanto afferma de Raho, è “totalmente destituita da fondamento”, se gli “inchini” ai boss sono tutta una montatura, se il presidente dei vescovi calabresi, mons. Salvatore Nunnari, sbaglia quando sostiene che “i preti dovevano scappare a gambe levate dalla processione di Oppido”, se persino Papa Francesco sbaglia denunciando che “la mafia è uno Stato nello Stato con un proprio Dio, un Dio mafioso”, se i mali della Calabria sono tutta colpa di noi giornalisti (ma, in tal caso, anche lei c’è dentro fino al collo essendo giornalista ed editore), se la Calabria è, invece, un’oasi felice, saranno le inchieste a dirlo, non certo i tribunali di piazza.
Lo ripeto con sincera stima: caro Lamberti-Castronuovo, lei è una persona perbene, non giochi non la piazza che – da valente medico lo sa bene – non è popolata solo da persone sagge, responsabili e “innocue”. Mi auguro di cuore che anche questa notte le porti consiglio, suggerendole di sconvocare la pubblica seduta di martedì. E, se non lo farà lei, mi auguro lo faccia il prefetto di Reggio Calabria, Claudio Sammartino, “per motivi di ordine pubblico”.
Cosa potrebbe, infatti, dimostrare quel Consiglio comunale aperto: che anche la ’ndrangheta è una pura invenzione giornalistica?
Con viva cordialità.
Carlo Parisi
Vicesegretario nazionale Fnsi
Segretario Sindacato Giornalisti della Calabria
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La replica inviata oggi da Lamberti-Castronuovo al “Quotidiano”
SAN PROCOPIO (Reggio Calabria) – In merito a quanto apparso sul Quotidiano di oggi, in replica alla mia lettera di chiarimenti ed alla conseguente presa di posizione sulla vicenda che attiene il paese di San Procopio, chiarisco:
⁃ nessuna iniziativa “teatrale” è da intravedere nella convocazione del Consiglio Comunale aperto, bensì una esigenza di difendere una cittadinanza apostrofata genericamente come “mafiosa” sulla base di un qualcosa di mai avvenuto. Non pretendo di insegnare nulla a nessuno, ma mi domando perchè il dr. Inserra non abbia ritenuto opportuno sentire il Sindaco, il Parroco o il Maresciallo dei CC. – presenti alla processione – prima di “sbattere” in prima pagina un intero paese. Avrebbe, se non altro, contestualmente potuto riportare le loro testimonianze dirette.
⁃ Il Consiglio comunale aperto va visto come un luogo di alta democrazia anche in una zona “delicata” dalla quale si vuol far partire una rivoluzione culturale pacifica fatta di verità vere, di condanne, reali e pubbliche, del malaffare e non come un “rogo” sul quale dar fuoco a nessuno.
A dimostrazione di ciò sarei ben lieto che Inserra accettasse l’invito ad essere presente durante i lavori consiliari con facoltà di prendere la parola per tutto il tempo che riterrà utile ad esprimere il suo pensiero.
Si renderà conto che i cittadini non aggrediscono nessuno e condannano, senza remore, i fenomeni mafiosi, illegali e malavitosi.
La mafia non si combatte criminalizzando un territorio che pur registra una sua presenza, ma la si combatte dando al cittadino fiducia che, chi osserva le Leggi e vive correttamente, è tutelato nel suo buon nome.
Sono venuto a San Procopio, non come il Messia, ma come colui che ha sempre tenuto la barra dritta avendo, da sempre, fatto la scelta sulla parte dalla quale stare: quella della legalità. Duole e, ovviamente, genera una reazione umana, doversi trovare in prima pagina per un fatto di una gravità inaudita, mai accaduto. Una sorta di reato impossibile.
La processione è un atto di fede. Che poi la malavita se ne sia appropriata indebitamente, come ha fatto con altri riti religiosi come il battesimo, è fatto noto. E va combattuto. Ma a San Procopio, sotto gli occhi delle Autorità religiose, civili e militari, non è accaduto nulla di simile. Se poi, l’avvicinarsi al Santo per baciarne il simulacro, di una donna del popolo – quale che sia il suo rapporto con la Legge – possa essere scambiato per un “inchino” dello Stato e della Religione alla Mafia, allora vorrà dire che abbiamo sovvertito le regole della società e non sarà più possibile fare il Sindaco, il Carabiniere e neppure il prete.
Sono d’accordo in pieno con il Procuratore della Repubblica, De Raho, che occorrono fatti e non parole e che chi mette il bavaglio all’informazione è complice, ma è giusto che l’informazione sia corretta e documentata. Una notizia non veritiera suona come una condanna. Una giustizia sommaria inaccettabile.
L’aver chiamato a raccolta tutte le persone perbene non può essere visto come un eccesso di difesa ma come un unico mezzo democratico per portare avanti le proprie ragioni. Senza fantomatici roghi.
E’ ben vero che esistono fatti negativi ed è altrettanto vero che bisogna combatterli. Ma allora perchè non si è dato alle stampe, con lo stesso rilievo, il processo di reale cambiamento in corso da due anni nello stesso paese? Perchè non si è parlato di un Sindaco, che sacrificando sue risorse personali, ha riaperto un asilo dove oggi, i bambini studiano anche l’inglese? E creato dal nulla un teatro? E una biblioteca?
Allora, vivere onestamente a San Procopio è davvero inutile?
Allora un giornalista, sia pure nell’esercizio delle proprie funzioni, ha il diritto di scrivere anche su circostanze non acclarate dandole per certe?
Si è complici della ndrangheta se si difende un paese da notizie lesive, di cui si conosce l’infondatezza, per essere stato presente allo svolgimento dei fatti accanto ai Carabinieri?
Beh, se cosi fosse, sarrebbe davvero impossibile far trionfare la legalità. Fare il Sindaco. Perchè da una parte sei avversato dalla Mafia e dall’altra ti si dice che potresti essere complice per il solo fatto di difendere la gente perbene dalle aggressioni, quelle sì, della disinformazione.
Per concludere.
Il 15 Luglio non vogliamo accendere roghi per nessuno. Vogliamo solo aprire un dibattito per serenamente affrontare il problema.
La denuncia (eventuale) nei confronti del giornalista? Chiarisca la notizia. Serenamente. Non abbiamo desideri di far male a nessuno, ma neppure di subirne.
San Procopio non ha altri mezzi per difendersi, non ne conosce altri se non quelli previsti dalla Legge.
E li ha, per il tramite del suo Sindaco, esternati. Pronto a ricredersi se sarà restituita, attraverso la verità, la dignità ed il buon nome. Null’altro che questo. Con i metodi civili e democratici.
Gli stessi usati durante la processione, avendo avuto cura di chiedere al Maresciallo dei CC, ad ogni piè sospinto, se tutto stesse andando per il verso giusto ed ottenendone risposta affermativa. Un impegno ultra-petita del sindaco, perchè le processsioni sono un fatto religioso e competono alla Chiesa. Ma lo Stato non si tira indietro, sopratutto nella prevenzione. E lo ha fatto.
Caro dr. Inserra, venga a San Procopio, con i sentimenti dell’amicizia, serenamente e professionalmente. Visiti il paese dove ogni diritto è stato denegato. Dove alcuni quartieri, come il Pioppo, somigliano alle favelas. Dove i bambini sono costretti a vivere in condizioni disumane. Capirà perchè in passato la Mafia ha vinto, ma vedrà anche come ora, la guerra la facciamo noi a loro, con le armi della cultura. Senza sconti, coni d’ombra o inchini.
Ed il suo articolo, se non ci fosse stata la mia reazione, avrebbe svilito rischiando di interromperlo questo virtuoso processo, lento, difficile, ma crediamo vincente. Per quello che scrive Alvaro. Corrado, s’intende.
Eduardo Lamberti Castronuovo