NAPOLI – La prima assoluta di “Nella lingua e nella spada” progetto di musica e teatro ispirato alle vite e alle opere di Oriana Fallaci e di Aléxandros Panagulis è l’evento di oggi del Napoli Teatro Festival Italia, diretto da Ruggero Cappuccio. Alle 21 al Teatro Nuovo, per la sezione Italiana, elaborazione drammaturgica, regia e interpretazione sono di Elena Bucci, musica e live electronics di Luigi Ceccarelli, con Michele Rabbia (percussioni), Paolo Ramaglia (clarinetti), la regia del suono è di Raffaele Bassetti e Andrea Veneri.
Il melologo si ispira alla storia di Alekos Panagulis, rivoluzionario e poeta greco, e della giornalista e scrittrice Oriana Fallaci: i due si incontrano per un’intervista il giorno in cui Alekos, incarcerato per un attentato al dittatore Papadopoulos, viene liberato grazie ad un forte movimento internazionale e restano legati, fra discussioni, lotte per la libertà, allegria, solitudini e speranze, fino alla morte di lui per un misterioso incidente, nel 1976.
Alle ore 19, nella Sala Assoli, in scena Schiaparalli life, con Nunzia Antonino e Marco Grossi, diretti da Carlo Bruni. Il testo di Eleonora Mazzoni presenta la storia di Elsa Schiaparelli, fra le più grandi stiliste di tutti i tempi, che decide di concludere il proprio itinerario artistico e professionale, pubblicando un’autobiografia che già nel titolo ne riassume l’intensità: “Shocking life” (replica il 9 luglio ore 21).
Al Cortile d’onore di Palazzo Reale ore 21.30 spazio alla musica con “Viaggio in Italia” Concerto di Alice, che interpreterà brani di Franco Battiato, Juri Camisasca, Lucio Dalla, Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, Mino Di Martino, Ivano Fossati, Francesco Guccini, Giorgio Gaber, Claudio Rocchi, Giuni Russo e Alice.
Per la sezione Laboratori alle 19 e alle 21 all’Auditorium ’900 è prevista la prova aperta di Lady M., a cura di Francesco Saponaro e Nadia Carlomagno, il workshop è finalizzato allo studio per una creazione originale a partire dalla rielaborazione del capolavoro operistico di Dmitrij Shostakovich, Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk e dall’omonimo racconto dello scrittore russo Nikolaj Leskov. (ansa)
Elena Bucci: “Provo a raccontare con le mie povere parole, di lei e di lui, l’orrore della dittatura”
Alekos Panagulis, rivoluzionario e poeta greco incarcerato per un attentato al dittatore Papadopoulos e poi liberato grazie ad un forte movimento internazionale, incontra Oriana Fallaci per un’intervista: restano allacciati, fra discussioni, lotte per la libertà, allegria, solitudini e speranze, fino alla morte di lui per un misterioso incidente nel 1976, e anche oltre, attraverso i libri di Oriana che, come lui, trasforma il dolore in scrittura per la memoria di tutti. Alla loro storia si ispira questo melologo dalle molte anime.
Mi pare che la memoria sia una pratica sempre più necessaria: prima pensavo che il mio non riuscire a dimenticare fosse una malattia, ora mi pare un infinito baule del tesoro dal quale attingere, come se la memoria degli altri fosse anche la mia.
Quando partii per un viaggio in Grecia dopo la maturità, portai con me un libro dove una giornalista ardita, Oriana Fallaci, raccontava dell’incrocio del suo destino con quello di Alekos Panagulis, politico e poeta greco imprigionato, torturato e condannato a morte per il suo fallito attentato al dittatore Papadopoulos. Un fortissimo movimento d’opinione internazionale aveva portato alla sospensione della pena e poi una grazia alla scarcerazione. Si incontrano per un’intervista e restano allacciati, fra discussioni appassionate, andate e ritorni, fino alla morte di lui per un incidente misterioso nel 1976.
La potenza della scrittura compiva il suo miracolo: persa in quella terra polverosa e profumata che trabocca di segni antichi, vicina e lontana, tra i templi, i paesaggi marini fermi nel tempo e le città caotiche e nere, mi sembrava di vivere le vite di Oriana e Alekos, in lotta contro il conformismo e le bugie, irriducibili, ostili per natura e disciplina al potere e alla tirannia. Si narrava di amore e di lotta, della solitudine degli eroi e della loro forza poetica, dell’allegria e della disperazione degli spiriti liberi. Ora capisco meglio quanto fosse anche una vigorosa trasformazione del dolore e del lutto attraverso la scrittura, una testimonianza che voleva diventare memoria di tutti e resistere all’oblio che, veloce, stava già calando.
“La politica è un dovere, la poesia un bisogno. È un urlo che non si può soffocare, l’ansia di un istante che non si può dimenticare. Allora cerchi carta e matita per fermarlo”.
Scrive Alekos nel carcere, su qualsiasi cosa trovi, per non perdersi.
Anche per lui la scrittura è medicina, memoria, appiglio che salva quando il mondo sembra impazzito. È un’arma e uno scudo.
Dalla scrittura gli viene la forza di ridere dei propri aguzzini, di prenderli in giro, di sopportare la solitudine che deriva dall’ossessione di cercare e dire la verità.
Mi pare che porti anche il sollievo per un errore che gli ha impedito di diventare un assassino, quando la rabbia non gli porgeva altra soluzione che un attentato, a lui che non sapeva vendicarsi nemmeno dei suoi aggressori.
Guardo i suoi libri ormai introvabili e dimenticati con la prefazione di Pasolini. Sembrano passati secoli, ma le domande sono vive. Mentre tutto il pianeta è scosso da guerre e mutamenti e si svegliano i mostri che approfittano della paura e dell’ignoranza, permane anche la volontà gioiosa di resistere alla violenza con la pratica tenace del pensiero, dell’arte, della scrittura.
Mi affido all’intuito drammaturgico e alla sensibilità sapiente del compositore Luigi Ceccarelli, con il quale collaboro da tempo, al talento di due musicisti e autori come Michele Rabbia e Paolo Ravaglia, da lui scelti, alla partecipe regia del suono di Raffaele Bassetti e Andrea Veneri, per ricreare attraverso i suoni e la musica un luogo sospeso dove ritrovare vite che ho vissuto. Quando posso immergermi nella musica e diventare suono insieme ai suoni, mi pare di perdere il mio stesso corpo e i limiti della mia identità. In un continuo scambio tra appunti, improvvisazione e riscritture, la drammaturgia si innesta sulle comuni radici di musica e teatro e mi pare più vera. Le luci di Loredana Oddone disegnano nello spazio quasi vuoto una piccola prigione che può diventare l’infinito, le isole abitate dai musicisti, le città, il mare, una suggestione di Grecia e di Italia.
Non userò le parole di Oriana Fallaci, non oserò strappare brani da un libro perfetto, ma proverò a raccontare con le mie povere parole di lei e di lui, di quell’epoca, di quella terra e della mia, di altri scrittori e artisti che vissero l’orrore della dittatura. Attraverso il loro dolore e la loro forza di resistenza amplierò il mio sguardo di fortunata, nata in tempo di pace, ma che ora vede avvicinarsi il buio.
Immagino un melologo che colleghi questa storia recente alle immagini delle rovine che le guerre del presente portano ogni giorno davanti ai nostri occhi, mentre è in gioco la vita stessa del pianeta. Sento risuonare gli echi di tragedie passate nel mio parlato cantato o canto parlato, sogno un teatro che sia centro nervoso della polis, catarsi, dove gli errori della storia siano spinta per migliorare: una piccola luce nel buio, dove risuona, invincibile, una risata.
Elena Bucci