VIBO VALENTIA – Chi si aspettava la tristezza, o peggio la noia, che di solito scandiscono le commemorazioni dei notabili locali, l’altra sera a Vibo Valentia, avrà avuto una piacevolissima sorpresa. Si commemorava la figura e l’impegno di Antonino Murmura, giurista, più volte senatore e con incarichi ragguardevoli in diverse commissioni bicamerali, scomparso lo scorso 8 dicembre, festa dell’Immacolata, alla quale era stato sempre devoto, ma in quella discrezione tipica del vero credente.
I relatori di spicco, la location (alla sede della Camera di Commercio nel complesso del Valentianum, in una rinnovata, elegante e funzionale sala congressi che porta il nome del politico vibonese), il pubblico folto e partecipe sino al termine del dibattito, protrattosi oltre le tre ore, il tema scelto per la discussione, “Etica, politica e cultura”, tutto ha contribuito a fare di quest’evento un’occasione viva, un segno di speranza per chi crede ancora in un risveglio della Calabria.
A cominiciare dall’iniziativa presentata in apertura del convegno: la Fondazione Antonino Murmura (è stata già costituita l’Associazione con un ragguardevole e nutrito comitato scientifico, che ne perseguirà la creazione in tempi rapidi) il cui fine è non soltanto coltivare la memoria di un personaggio coraggioso e amato e rispettato dai più, ma anche rinnovarne l’impegno stimolando le nuove generazioni, fornendo delle opportunità ai nuovi talenti, scuotendo silenzi, omertà e ritardi vari con diverse attività, dalle pubblicazioni ai meeting culturali e scientifici, dalle borse di studio ai premi.
Un ente fortemente voluto dalla vedova del senatore, Maria Folino Murmura con le figlie: Anna, Francesca ed Enrica, un poker di donne di carattere e sensibilità, molto unite e d’insolita efficienza, come prova la riuscita di questo atteso e non semplice inizio da loro curato in ogni minimo dettaglio. Dopo che Enrica Murmura ha letto il vibrante e partecipe messaggio inviato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, proprio la vedova del senatore ha aperto il dibattito, vicendo la commozione, specie quando ha detto che oggi saprebbe come rispondere al padre che le chiese che cosa avesse trovato di diverso e di speciale in Antonino rispetto ad altri uomini: «l’intelligenza del cuore».
L’umanità oltre che il senso profondo dello Stato e delle istituzioni nel compianto senatore sono state poi tratteggiate dagli altri relatori, Gerardo Bianco, politico di lungo corso, ministro della pubblica istruzione nel ’90-’91 e vicepresidente della Camera dei deputati dal 1987 al 1990, e Alessandro Forlani, figlio di Arnaldo, già senatore e brillante avvocato a Roma. Rosa Jervolino, assente per problemi di salute, ha voluto mandare una lettera intensa, ricordando fra l’altro i tempi in cui, durante il rapimento di Aldo Moro e le altre recrudiscenze del terrorismo, lei, Murmura e altri democristiani di spicco andavano a pregare nella chiesa romana di Sant’Ivo alla Sapienza, la stessa in cui, mesi addietro. si è tenuta una celebrazione funebre per il senatore.
Anche Grasso, il presidente del Senato, ha voluto tratteggiare, con un suo scritto l’importanza di esempi di vita e impegno istituzionale come quello lasciato da Murmura. Monsignor Filippo Ramondino, archivista della curia di Mileto, ottimo storico, docente al seminario di Catanzaro, ha portato i saluti del vescovo Luigi Renzo e ha letto il messaggio del Cardinale Raffaele Farina, membro del comitato scientifico dell’Associazione pro Fondazione Antonino Murmura.
Particolarmente commovente l’intervento di Maria Romana De Gasperi, figlia dello statista leader Dc, primo premier e presidente “pro tempore” dell’Italia repubblicana che ha letto alcuni stralci di una inedita lettera del giovane Alcide a un amico, in un momento in cui era appena uscito dalla prigione, dov’era finito per la sua resistenza ai bavagli nella libera informazione imposti dalla dittatura fascista.
Una missiva densa di riferimenti religiosi autentici e intimamente vissuti che fanno comprendere come e quanto De Gasperi, “Servo di Dio” per il quale è in corso un processo di beatificazione, sia stato guidato dalla fede anche nelle fasi più dure della sua vita, pur tenendo sempre netto quel confine tra religione e politica che impedisce ogni strumentalizzazione, ogni inganno di chi vorrebbe usare il nome di Dio per potere, cupidigia o altri fini.
«Una volta», ha ricordato Maria Romana, che fu per anni segretaria particolare del padre, «doveva venire da papà un cardinale molto influente e papà temeva fortemente che gli avrebbe espresso desideri per lui irrealizzabili. Io, curiosa di sapere, come se la sarebbe cavata, feci una cosa di cui oggi mi vergogno, lasciai la porta leggermente socchiusa per ascoltare e sentii mio padre dire a quel cardinale, accogliendolo: “Eminenza, mi fa molto piacere che sia venuto a trovarmi, perchè sono certo che almeno lei non mi chiederà niente che mi crei dei problemi con la mia coscienza”».
Maria Romana, autorevole saggista, recente relatrice alla Festa dell’Europa dello scorso 9 maggio, è un esempio vivente che può illuminare il prossimo cammino della Fondazione Murmura, poiché quella in onore di Alcide De Gasperi cui lei diede vita ha mantenuto desto negli anni non solo il ricordo dello statista, ma anche le sue sfide più appassionate, quella per l’etica nella politica, o quella per una unità effettiva dell’Europa.
Dal passato di una unità politica dei cattolici oggi del tutto disgregata, si è arrivati, nel dibattito, al presente di riforme controverse, quella elettorale e quella della scuola. Si è parlato del nuovo accordo europeo per l’emergenza immigrati, dei vitalizi ai parlamentari, non sempre da demonizzare secondo Bianco se l’ex deputato o senatore continua il proprio servizio alla comunità, viaggiando nel territorio nazionale per convegni o incontri il cui fine è quello di trasferire esperienza e testimonianze preziose.
Tra gli invitati anche Agazio Loiero, il sindaco di Vibo, Nicola D’Agostino, e Vincenzo Pasqua, in rappresentanza del presidente del Consiglio Regionale, Tonino Scalzo. In tanti dal pubblico hanno voluto ricordare il proprio incontro con Murmura e l’impressione di una solerzia, anche e soprattutto umana, che avevano tratto dal suo atteggiamento, un esempio che può essere da sprone per il futuro di una regione come la nostra, attualmente segnata da una classe politica di livello mediocre, trasversalmente protesa alla logica degli “accorduni”, di quelle intese ai confini della legalità, che condannano la Calabria a un’asfittica palude stagnante.
E forse davvero, come ha detto una giovane che è intervenuta sul finire, può valere per Murmura quanto Indro Montanelli scrisse per De Gasperi, sottolineando come questi fosse stato uno statista e non un politico poiché “il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista invece alle prossime generazioni”.
Nel moderare la discussione, ho ricordato il mio personale incontro con il senatore Antonino che mi scrisse una lettera di incoraggiamento giorni dopo il finto blocco della rotativa che impedì l’uscita dell’Ora della Calabria con la notizia dell’inchiesta aperta dalla magistratura sul figlio del senatore Gentile.
Mentre tutti gli altri politici calabresi – a destra e sinistra, con la sola eccezione dei grillini – tacevano il senatore si spinse anche oltre raccontando di vecchie, pressanti richieste dei fratelli Gentile di cui lui era stato diretto testimone, tanto da spingere chi li aveva subite a denunciarle alla magistratura. Murmura si offerse poi di scrivere alcune riflessioni per il nostro quotidiano come quella sulla riforma elettorale voluta da Renzi in cui lui vedeva una “dittatura della maggioranza relativa” o quella sul necessario rinnovamento nella responsabilizzazione degli enti sindacali.
Ma il ricordo più vivo che porterò sempre di lui sono le telefonate private, le conversazioni su tante cose, in cui lui incantava col suo eloquio forbito e vissuto, con la semplicità dei grandi, di chi, come ha detto la moglie, ha intelligenza del cuore.
Quando lo incontrai nel palazzo della sua famiglia parlammo anche dello zio paterno Pasquale Enrico Murmura, poeta prediletto da D’Annunzio, scomparso precocemente a 19 anni. Non era a conoscenza che l’entità di questo suo insigne parente si manifestò alla mistica Natuzza Evolo, ancora ragazza, dettandogli una lettera contro le eresie di Roncaccia, che fu pubblicata nei primi anni Quaranta sul “Rabarbaro”. Avremmo dovuto rivederci per approfondire il discorso, ma poi se n’è andato all’improvviso, perchè come ripeteva spesso De Gasperi, secondo quanto ricordato dalla figlia, «noi crediamo di dover portare a termine a tutti i costi i nostri progetti, i nostri desideri, ma i veri disegni sono solo quelli del Signore».
Una o più pubblicazioni sulla vita e le opere del poeta Murmura, tuttavia, dovrebbero essere tra le prime attività della nuova Fondazione. I progetti, se nascono davvero dall’anima, non hanno tempo né fine, vanno oltre la vita…
Luciano Regolo