MOSCA (Russia) – “Ora il nome di Anna Politkovskaja li unisce, come li ha uniti la violenza che ne ha spento le voci”. Così Lucia Rocchelli, sorella di Andrea, ha ricordato a Mosca il fratello, fotoreporter ucciso nell’Est Ucraina e il suo rapporto con Andrei Mironov, morto con lui alle porte di Slaviansk lo scorso 24 maggio. Con l’auspicio che “i media tornino ad investire su un tipo di giornalismo di tipo genuino”, basato su fonti dirette e su verifiche sul posto, la Rocchelli ha chiesto che “i colpevoli” della morte del fratello “vengano puniti”, “perché la vita dell’informazione non è un lusso, ma una necessità”.
L’occasione per il messaggio è arrivata con un concerto di beneficenza al Conservatorio, a pochi metri dal Cremlino, per la consegna del Premio Kamerton, intitolato alla Politkovskaja e assegnato postumo quest’anno proprio a Rocchelli e a Mironov, per la lotta per la difesa dei diritti umani e della libertà di stampa.
Sopra l’orchestra svettava un inquietante fotomontaggio con tutti i volti dei giornalisti uccisi dal 1993 al 2014, al centro di un mirino. Tutto in bianco e nero, tranne un punto di domanda rosso sul 2014, come a dire, chi sarà il prossimo?
Tra gli altri volti, anche quello di Andrei Stenin, fotoreporter di Rossiya Segodnya, la cui morte è stata confermata una settimana fa, sempre nell’Est dell’Ucraina: il corpo è stato ritrovato carbonizzato in un’auto, che sarebbe stata a seguito di una colonna di rifugiati. L’ultima vittima in ordine di tempo, di una lunga scia di sangue che fa venire i brividi. E che tristemente unisce punti di vista e voci differenti.
A metà concerto c’è stato un po’ di scompiglio in sala, durante l’intervento del fratello di Mironov che ha ricordato come Andrei Mironov fosse entrato nel mirino del Kgb e ha letto un documento di accusa, che all’epoca i servizi segreti sovietici avevano stilato contro di lui.
Mironov, che fungeva anche da interprete per Rocchelli, durante la Guerra Fredda aveva trascorso diversi mesi in un gulag sovietico in Mordovia. Per le sue amicizie tra gli stranieri (all’epoca vietate) e la lettura del samizdat, la letteratura proibita sovietica diffusa segretamente in ciclostile.
Parte del pubblico del Conservatorio, durante la lettura dell’atto di accusa rumoreggiava, apparentemente perchè la voce del fratello di Mironov era troppo bassa, finchè un signore tra il pubblico si è alzato in piedi e, apostrofando con “patrioti” chi faceva confusione, ha gridato che “si chiede in maniera chiara ‘alzate la voce’ o ‘avvicinate il microfono’, e non si disturba!”. (TmNews)
In memoria di Anna Politvoskaja, l’omaggio al fotoreporter italiano e al freelance russo