ROMA – È una “spia” al soldo dei britannici. Contro la giornalista russa Marina Ovsyannikova, apparsa improvvisamente in diretta durante il tg serale della tv di Stato russa Channel One alcuni giorni fa con un cartello contro la guerra in Ucraina, la macchina del fango lavora a pieno regime.
Incapace di concepire il dissenso, la disinformazia russa mette in campo il suo arsenale complottista e affida la contromossa a Kirill Kleimyonov, direttore giornalistico di Channel One. «Non molto prima della protesta, secondo le nostre informazioni, Ovsyannikova ha parlato con l’ambasciata britannica», ha attaccato Kleimyonov in un video.
Ed è subito botta e risposta con Londra. «Non ha alcun rapporto con noi, è solo un’altra bugia spacciata dalla macchina della disinformazione» del Cremlino, ha replicato un portavoce del ministero degli Esteri del governo di Boris Johnson che dal primo momento aveva tributato pubblicamente tutta la sua ammirazione verso la giornalista.
«Penso che sia stato un incredibile atto di coraggio», aveva detto a stretto giro un portavoce di Downing Street, aggiungendo che «il primo ministro rende omaggio a coloro che in Russia levano la voce contro la campagna di violenza di Putin».
Secondo Johnson, aveva sottolineato il portavoce, si tratta «di una dimostrazione del fatto che una porzione significativa della popolazione russa non crede che questa guerra sia combattuta in suo nome».
Una presa di posizione che ha probabilmente peggiorato la situazione della giornalista che già nelle ore successive aveva affermato di aver preso da sola la decisione della protesta. Il giornale d’opposizione russo Novaia Gazeta, solitamente ben informato e il cui direttore Dmitri Muratov è stato insignito del Nobel per la pace, ha scritto che Ovsiannikova sarebbe stata interrogata a lungo a Mosca sul sospetto di presunti contatti con servizi segreti stranieri.
E già da subito è apparso chiaro che il futuro della coraggiosa Ovsyannikova non sarebbe stato semplice. Dopo la clamorosa incursione in diretta con il suo cartello con su scritto a mano “No alla guerra. Fermate la guerra. Non credete alla propaganda, vi dicono bugie qui”, che l’aveva catapultata sugli schermi di tutto il pianeta, era stata fermata, rilasciata dopo 14 ore di interrogatorio senza avvocato e infine condannata a pagare una multa di 30 mila rubli. Una pena lieve, per ora. Decisa dal Cremlino per non amplificare ulteriormente l’impatto di una figura che è già diventata un simbolo.
Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, aveva bollato come “teppismo” il gesto della giornalista scegliendo una linea di basso profilo per svilire il più possibile il significato del gesto. Ma una volta placato il clamore mediatico attorno al suo nome, il tiro potrebbe diventare molto duro. Intanto resta aperta la possibilità di un procedimento penale secondo la nuova legge sul controllo dell’informazione voluta da Putin per silenziare ogni forma di dissenso che vieta l’uso delle parole “guerra” e “incursione” e prevede pene fino a 15 anni di reclusione. Da teppista a dissidente in Russia il cammino è breve. E pieno di insidie. (ansa)
Eloisa Gallinaro