ROMA – “Il mio incontro con Natuzza” è l’ultimo libro di Luigi Renzo, giornalista calabrese ma soprattutto autorevole Vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, teologo e intellettuale fra i più lucidi della Chiesa di Calabria. Edito dalla Libreria Editrice Vaticana, il libro è stato per tre giorni consecutivi oggetto di ammirazione e di curiosità da parte del Sinodo dei Vescovi italiani, che proprio in questi giorni a Roma hanno incontrato nella solennità della Sala Nervi Papa Francesco.
Proprio così, ammirazione e soprattutto tanta curiosità, per questo saggio scritto quasi di getto, con tanto cuore, quasi una lettera-aperta, personale, diretta, riservata, privata, che Luigi Renzo decide di inviare alla sua amata “Mamma Natuzza”, ed in cui questo giovane sacerdote cosentino (il suo paese natale è Campana) racconta per la prima volta in pubblico il dramma e la passione di Natuzza Evolo durante la Settimana Santa.
Per la prima volta in assoluto questo libro squarcia infatti il velo sulle sofferenze immani ed indescrivibili che Natuzza sopportava e viveva la sera del venerdì santo, quando le stigmate che aveva alle mani e ai piedi riprendevano a sanguinare, e quando lungo il costato le si riapriva la vecchia ferita, che le provocava dolori lancinanti e fiumi di lacrime.
Luigi Renzo, testimone oculare diretto di queste lunghe notti di dolore fisico, per la prima volta trova qui il coraggio di raccontarci una Natuzza assolutamente inedita, riversa in un letto e soffocata dalla disperazione di una sofferenza fisica che sul piano scientifico rimarrà per sempre e per tutti noi un fatto assolutamente inspiegabile, una donna che viveva il “suo” venerdì santo allo stesso modo di come come il vangelo ci racconta la passione del figlio di Dio, con questa sua fronte sporca di sangue, come se qualcuno le avesse imposto con violenza sul capo una corona di spine, e con queste scritte impressionanti e indecifrabili lasciate dal sangue sulle lenzuola del suo letto. E’ il grande mistero delle emografie di Natuzza, questo sangue che sgorga e che disegna sulla stoffa di lino bianco immagini frasi e disegni indelebili nel tempo.
Il tutto viene raccontato qui con una semplicità e con un rigore insieme degno di un archivista meticoloso, attento persino ai dettagli più minuti, ma soprattutto con una dolcezza nei riguardi di “Mamma Natuzza” che fa di questo libro un documento fondamentale per la grande impalcatura futura su sui poi poggerà il processo di beatificazione di Santa Romana Chiesa.
Luigi Renzo nel ricostruire la vicenda umana e personale di Natuzza non concede sconti al suo racconto: ringrazia il giornalista Luciano Regolo per il lavoro meticoloso compiuto su di lei, e poi sull’amica più cara di Natuzza Evolo Italia Giampà, ringrazia la Rai per aver saputo ben mediare il “Mistero della Croce” con la vita reale di questa donna e della gente di Paravati, ricorda e ringrazia Carlo Parisi per aver voluto lui far rinascere proprio a Paravati, nella casa di Natuzza, la prima cellula operativa dell’Unione Stampa Cattolica Calabrese, ringrazia i vescovi che l’hanno preceduto per il lavoro certosino e attento che hanno realizzato in difesa di Natuzza, e a metà del suo racconto con un senso di grande modestia privata, e con uno stile davvero unico, Luigi confessa di averle chiesto un giorno un miracolo, ma di non averlo ottenuto.
Qui la storia privata dell’uomo di chiesa si incrocia e si scontra con la storia pubblica di Natuzza, Luigi ha un amico ammalato di cancro, lo racconta in maniera impietosa, i medici lo hanno dato ormai alla fine dei suoi giorni, Luigi chiede allora a Natuzza una mano d’aiuto, spera in un miracolo in parole povere, ma Natuzza lo disarma e con un sorriso come quei pochi che sapeva regalarti quando andavi a trovarla rimanda Luigi a casa.
Ci sono cose che neanche lei può fare, ma nessuno prima di Luigi Renzo aveva trovato il coraggio di raccontare tutto questo.
Come dire? anche per Natuzza insomma non tutto era possibile. Ma nessun altro prima di oggi ci aveva mai raccontato dei “sogni terribili”, come quelli che Luigi vive di notte, quando Natuzza gli appare diversa dal solito, scontrosa, burbera, arrogante, saccente, e solo alla fine Luigi, che di mestiere fa il sacerdote, intuisce che la figura che gli è venuta in sogno non è la vera Natuzza, ma è il “diavolo che lo tenta”.
Omelia dopo omelia, preghiera dopo preghiera,“Il mio incontro con Natuzza” è anche l’affresco di una Paravati ancora quanto mai viva, dove la gente continua ad arrivare ancora da ogni parte del mondo, continuamente, incessantemente, nonostante siano passati quasi cinque anni dalla morte di Natuzza, e continua ad arrivare fin laggiù per ritrovare, in quello che è rimasto dopo la sua morte, lo sguardo e la dolcezza sublime di questa donna educata a tenere la porta di casa sempre aperta.
Ha fatto bene Luigi Renzo ad inserire nella parte alta di questo suo libro il testo integrale dell’omelia che lui stesso ebbe il privilegio di fare il giorno dei funerali di Natuzza, un testo superbo, pieno di amore verso il popolo di Natuzza, ricco di aneddoti e di confessioni particolari sulla sua vita personale accanto alla mistica, ma soprattutto pieno di certezze e di orgoglio per la santità di questa donna, che Luigi racconta come “già santa”, perché questo vuole il popolo di Dio, perché questo vogliono i mille cenacoli di preghiera sparsi per i cinque continenti, perché questo gridano migliaia di ammalati che in questo lembo lontano di Calabria hanno ritrovato, malgrado tutto, la piccola Lourdes di casa nostra.
E tutto questo Luigi Renzo lo racconta con la passione che è cara alla gente del sud, con la fermezza che è dentro ogni uomo di fede, con la consapevolezza assoluta che un giorno dal Vaticano arriverà la notizia che centinaia di migliaia di fedeli si aspettano ormai da sempre, e con ansia: Natuzza Santa!
Prima di ripartire da Roma per la Calabria Luigi Renzo ci racconta di avere incontrato nella hall di Santa Marta, nella sua residenza privata, il Santo Padre: sai, gli ho regalato il mio libro, gli ho chiesto di leggerlo, lui mi ha promesso che lo avrebbe fatto, so di certo che anche in Argentina dove lui un tempo viveva era arrivato tanti anni fa il respiro pesante e la fama straordinaria di questa povera contadina calabrese che non sapeva né leggere né scrivere, ma che parlava le lingue del mondo.
Un mistero, – scrive nella prefazione mons. Giovanni d’Ercole, Vescovo Titolare di Dusa – forse il più vero, il più grande, e che il libro di Luigi Renzo prova oggi a decodificare una volta per tutte. Mentre a Londra, proprio in questi giorni, fa discutere la sceneggiatura che un’artista americana, Annamaria Haiken, ha scritto in lingua inglese per il teatro ed il cinema, ed in cui Natuzza Evolo viene raccontata come una “Santa” moderna della storia d’Europa.
Chi ha avuto il dono di parlare con Lei solo pochi minuti non la dimenticherà mai…. Le sue risposte ti illuminano e sono sempre attuali.
Ho avuto il modo di incontrala per problemi di salute di mia figlia. Non potrò mai dimenticare il suo sguardo e di aver tenuto nelle sue mani la mia coroncina del rosario e avere portato a benedire a Paravati la Madonnina di Fatima che oggi sta nella mia casa.
Anche io ho incontrato Natuzza per avere risposta sulla mia malattia ed anche a me, sorridendo, ha detto che non sapeva cosa fosse perché Dio non glielo aveva riferito…ma le risposte che mi ha dato sul resto mi hanno rafforzata dentro, dandomi la forza di andare avanti…
“Io non conosco il futuro, solo Dio lo sa e se non me lo dice, io non posso dirlo a te!”. Che sorriso disarmante aveva…
Sono la nipote di mamma Italia, così la chiamava Natuzza, amica cara ed affettuosa. Conservo gelosamente due fazzoletti macchiati del suo sangue, è stata una donna che ha segnato la mia cristianità. Continuo sempre a cercarla nel momento del bisogno e la sento vicina.
Una volta, durante un periodo buio e segnato dalla perdita di mio padre, con le lacrime agli occhi ho invocato che mi desse un segnale, le chiesi di venirmi a trovare, di non lasciarmi sola. Ebbene all’improvviso qualcuno suonò alla porta ma io, per paura, non aprii. Poco dopo, mia zia Italia mi telefonò dicendomi: “Ti manda a dire Natuzza che è inutile che la cerchi se poi non le apri quando viene”. Quanto me ne sono pentita. Spero che la chiesa tenga conto di tutti i miracoli che ha fatto.