MILANO – «Voi con queste gonnelline mi provocate». Un formatore della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia si rivolgeva così alle sue alunne durante le lezioni. Un’esternazione che ha lasciato le studentesse senza parole. L’insegnante andava anche oltre: Giuditta (pseudonimo di un’iscritta al master che, come le altre di questa inchiesta, ha scelto l’anonimato per timore di ripercussioni sulla sua futura carriera) ha raccontato che da parte dell’uomo c’era una «costante ricerca di contatto fisico» con «abbracci non richiesti», «carezzine», «pacche sulle spalle e sulla schiena» e «ammiccamenti».
Con un’inchiesta firmata dalle giornaliste Francesca Candioli, Roberta Cavaglià, Stefania Prandi, il magazine IrpiMedia del centro investigativo non profit “Investigative Reporting Project Italy”, punta i riflettori sui dieci master di giornalismo italiani pubblicando le testimonianze di centinaia di ex studentesse e studenti che rivelano come sessismo e molestie sessuali siano ancora fin troppo frequenti in classe e negli stage.
Nel corso di un’inchiesta lunga otto mesi, IrpiMedia ha raccolto testimonianze di molestie e discriminazioni da 239 studentesse e studenti, relative agli ultimi 10 anni di corsi: «Un terzo delle studentesse ha raccontato di aver subito discriminazioni, molestie verbali e sessuali in classe e negli stage. A ciò si aggiungevano inviti fuori dalla scuola, con il pretesto di un caffè o di una cena, diretti a una o più alunne. Una serie di comportamenti che hanno lasciato Giuditta sdegnata».
Sebastiano, un compagno di classe della giovane, ha aggiunto: «C’erano dei momenti in cui l’insegnante si avvicinava alle allieve mettendogli la mano sui fianchi e sulle spalle».
«Le avances indesiderate – incalza IrpiMedia – sono state talmente insistenti da venire notate da parte della classe che le ha riferite alla scuola. Nella replica l’istituzione ha confermato di essere stata informata dei fatti, reputati “gravi”, dagli alunni e di avere preso provvedimenti contro il formatore, mandandolo via e proponendo alle studentesse coinvolte azioni legali, se avessero voluto».
«L’inchiesta – spiega IrpiMedia – nasce da tre segnalazioni iniziali di discriminazioni di genere e molestie sessuali che abbiamo ricevuto durante conversazioni informali con studenti di giornalismo e redattrici. Dato che le redazioni di giornali, radio e televisioni sono tra i luoghi di lavoro col più alto tasso di molestie sessuali e sessismo, secondo diverse ricerche internazionali (da un sondaggio dell’International Women’s Media Foundation, quasi due giornaliste su tre hanno dichiarato di aver subito molestie durante la loro carriera), è particolarmente grave che questi fatti possano avvenire già nella fase della formazione, quando la sperequazione di potere tra formatori e alunne è particolarmente accentuata».
IrpiMedia ha deciso di «approfondire la situazione, per offrire uno spaccato sulla realtà» spiegando che «pur non pretendendo di poter rappresentare un campione statisticamente valido, abbiamo condotto una massiccia serie di interviste per rappresentare i problemi del settore».
Tenendo in conto gli ultimi dieci anni di attività delle scuole convenzionate con l’Ordine dei giornalisti, ha raggiunto e consultato centinaia di fonti e da febbraio 2024 ha intervistato 239 studentesse e studenti e quattro fonti interne ai dieci master di giornalismo attivi riconosciuti dall’Ordine: «La metà delle persone sentite ha riferito di aver assistito o saputo di molestie sessuali e verbali, tentate violenze sessuali, atti persecutori, stalking, ricatti e discriminazioni di genere. Un terzo delle alunne ha descritto nel dettaglio, con nomi e cognomi, gli abusi subiti. Oltre ai racconti, ci hanno fornito screenshot, e-mail, documenti e video. Nessuna delle persone che abbiamo sentito ha sporto denuncia per ciò che ha subito».
«Abbiamo scelto di non fermarci alle dolorose testimonianze che ci sono state riportate, ma – spiegano Francesca Candioli, Roberta Cavaglià e Stefania Prandi – di avere un confronto con i referenti delle scuole, i rettori degli atenei di riferimento, gli ordini dei giornalisti locali e l’Ordine nazionale, attraverso incontri online e risposte scritte alle nostre domande. Per inquadrare le situazioni rilevate, infatti, abbiamo ritenuto utile affrontare la complessità di un sistema nel quale diverse persone in ruoli di responsabilità considerano le molestie sessuali e le discriminazioni di genere non solo un danno individuale per le studentesse, ma per la didattica e l’intera collettività».
Alla Scuola di giornalismo dello Iulm decine di testimonianze su una persona della formazione, definita «laida» e «profondamente maschilista» che chiedeva alle studentesse di cambiare taglio di capelli, sottoporsi a un certo tipo di manicure e truccarsi per andare in video. La sua ossessione per l’estetica era tale che c’è chi si è sentita dire, durante le selezioni, che «avrebbe potuto sceglierci solo guardandoci in faccia, senza farci aprire bocca». Inoltre le giovani non erano considerate in grado di occuparsi di temi importanti come mafia ed esteri. C’erano poi invasioni nella sfera privata con domande sui fidanzati e richieste di aggiornamento sulle relazioni sentimentali, sfociate anche in un invito a cena.
Sempre a Milano, secondo le testimonianze, al master della Cattolica, nel corso di una lezione, un formatore, alla richiesta di una studentessa di alzare un po’ la voce perché in fondo all’aula non si sentiva bene, le ha chiesto al microfono: «Ah, ma come non mi sente dentro?». Lei non ha reagito e lui ha continuato a incalzarla davanti a tutta la classe.
Alla “Walter Tobagi”, durante una cena collettiva in un ristorante, alla presenza di studentesse, studenti e professori (una quarantina in tutto), hanno raccontato alle giornaliste di IrpiMedia di come un formatore del master si sia seduto vicino a un’alunna, che indossava una gonna, avvicinandosi al suo viso, parlandole sempre più da vicino ed è arrivato «ad allungare le mani sulla sua coscia». Un’altra allieva, che ha assistito alla scena, ha definito la tentata violenza sessuale «molto disturbante».
«C’era pure una situazione di sessismo tra pari: ci hanno riportato – aggiungono – come in un biennio gli studenti avessero una chat solo per maschi nella quale commentavano in modo sessualmente esplicito le colleghe e “descrivevano come se le sarebbero scopate”».
A Bologna, una praticante ha raccontato di aver ricevuto messaggi da un formatore, che sono diventati sempre più espliciti fino a dettagliati resoconti delle sue pregresse esperienze sessuali. L’ha invitata a un evento apparentemente al solo scopo – ha riferito l’ex-studentessa – di cercare di convincerla a salire nella sua stanza. La giovane è rimasta traumatizzata, non ha voluto lavorare con nuovi colleghi, nei mesi successivi, per paura di venire molestata e ha dovuto intraprendere una psicoterapia.
Nella stessa scuola, un gruppo di studentesse aveva deciso di aderire allo sciopero dell’8 marzo in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne con un comunicato da pubblicare sulla testata scolastica, ma sono state minacciate di querela da un formatore. Ne è seguita una discussione interna, con i docenti coinvolti, ma il testo non è mai diventato pubblico.
Al master “Giorgio Bocca” di Torino una studentessa ha riportato di aver ricevuto avances da un formatore che aveva già importunato anni prima un’altra giovane. Un insegnante, invece, ha perso le staffe quando un’alunna a lezione, parlando di un femminicidio che ha avuto molto risalto mediatico, ha chiamato in causa la responsabilità collettiva maschile. La scuola, informata del fatto, è intervenuta, difendendola.
Al master di giornalismo della Luiss un formatore ha molestato un’alunna su Whatsapp, diventando sempre più insistente e scrivendole, senza che lei avesse dimostrato consenso: «Ti voglio, vieni a casa mia stasera». E ancora: «Ho bisogno di sentire la tua voce, quando l’ho sentita la prima volta mi sono eccitato». A una sua amica è andata peggio: una sera, durante un concerto, il formatore ha incontrato per caso la ragazza e, dopo averle detto «so che anche tu mi vuoi» le ha preso la testa fra le mani e ha tentato di baciarla. Lei lo ha respinto decisa.
Del primo fatto è stata informata la scuola che ha subito preso provvedimenti. Il direttore Gianni Riotta ha detto: «La persona che si è resa responsabile di quanto accaduto non ha mai più messo piede alla Luiss».
La Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia, fondata nel 1992 dall’Università degli Studi di Perugia e dalla Rai, oltre al caso raccontato all’inizio dell’articolo, ha riconosciuto di essere stata a conoscenza di un secondo caso, compiuto da un altro formatore, che era stato notato da parte della classe.
Anche in questo caso dichiara di aver preso provvedimenti, allontanandolo. Secondo una delle fonti di IrpiMedia, durante un incontro casuale con il formatore allontanato, questi avrebbe detto, vantandosi di una nuova posizione lavorativa: «Adesso guadagno più di prima, avete perso voi, non io».
Le dieci scuole di giornalismo chiamate in causa, così come gli ordini regionali di riferimento, hanno accettato le richieste di confronto. Oltre a Perugia e alla Luiss, anche Torino e Tobagi hanno confermato di avere ricevuto segnalazioni di episodi di molestie e sessismo negli ultimi dieci anni e di avere preso provvedimenti. Luiss e Tobagi ci hanno invitate a presentare l’inchiesta alle studentesse e agli studenti del biennio in corso.
Tutte le scuole hanno affermato di non essere intervenute per i casi che non conoscevano, perché non gli sono stati comunicati in alcun modo, ma di essere sorprese e dispiaciute rispetto alle testimonianze che ha riportato IrpiMedia. Hanno sottolineato che si impegneranno per monitorare la situazione e lavorare sulla prevenzione. Una posizione simile a quelle dei rettori e delle rettrici degli atenei coinvolti.
Gli ordini regionali hanno sottolineato di avere possibilità di manovra limitate, ma nonostante ciò si sono impegnati ad affrontare la questione con le scuole cercando possibilità di intervento.
Il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli, ha affermato di non avere mai ricevuto, neppure in via informale, alcuna segnalazione in merito. Se gli fossero giunte notizie in tal senso assicura che «sarebbe stata immediatamente avvertita la Procura interessata». Infatti, sostiene che per casi simili non ci possono essere mezze misure. «Si tratta di comportamenti, se accertati, gravissimi. Chi ha notizia, a qualunque titolo, di fatti del genere non deve indugiare neppure un istante. Deve denunciare tutto e subito». Ha aggiunto che «il Consiglio nazionale dell’Ordine è impegnato a combattere senza alcuna esitazione, molestie, violenze e comportamenti simili non solo nelle scuole, ma anche sui luoghi di lavoro e, in generale, in qualsiasi contesto».
Rispetto alle azioni per prevenire la violenza di genere, Bartoli afferma che «le scuole di giornalismo sono strutture totalmente in capo alle università che le organizzano. All’Ordine compete solo la vigilanza sulle materie insegnate e la verifica dei requisiti dei docenti. Non siamo noi a scegliere i docenti e i tutor. Sono certo che i rettori e i direttori delle scuole abbiano la massima sensibilità riguardo a temi così delicati. In caso contrario avremmo provveduto a rescindere immediatamente la convenzione. In ogni caso, ho provveduto a inviare una lettera ai rettori, ai direttori dei master e ai presidenti degli Ordini regionali interessati».
A Urbino, un’alunna ha detto di avere incontrato un redattore, durante lo stage, che da subito le ha inviato messaggi commentando il suo aspetto. Lei rifiutava le sue avances: lui si offriva di accompagnarla a casa dopo il lavoro fino ad arrivare a prospettare un contatto fisico. Le ha chiesto: «Non ti piaccio o non ti interessa il sesso?» Alcuni colleghi della redazione le hanno confermato che si era già comportato così in precedenza. Un’altra studentessa ha raccontato di essere stata molestata nel corso di uno stage da due caposervizio di due aree diverse.
A Bari, invece, una studentessa, in occasione di una attività organizzata dalla scuola, si è vista avvicinare un formatore invitato dalla scuola che le ha chiesto se fosse fidanzata. Quando lei ha risposto in modo affermativo, lui le ha chiesto: «Ah, e il tuo ragazzo ti lascia andare in giro così?». Poi ha iniziato a indicare la sua scollatura e a toccarle i capelli lunghi, che lei cercava di spostare per coprirsi, dicendo: «No, no, fai vedere».
Molti si chiedono: in quali date si sono verificati i fatti e perché non sono stati pubblicati i nomi dei presunti molestatori o del presunto molestatore? Se fosse accaduto in scuole di altre professioni, avremmo usato tanto riserbo sui nomi? Anche se non sono stati denunciati, sono stati comunque allontanati dalle scuole dell’Ordine dei giornalisti, che avrebbero dovuto quantomeno presentare un esposto allo stesso Ordine e/o al ministero vigilante della Giustizia e/o alla magistratura. (giornalistitalia.it)
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