TORINO – Giacomo Ho, padre evidentemente cinese ma con la passione per la storia europea, ha vestito i panni di un eroe rinascimentale con elmo, celata, corazza e spadone. Così, mentre Lorenzo Del Boca e Giuseppe Ruga proponevano il loro lavoro su “Il mistero del cavaliere” (edizioni Piemme, pagine 238, € 16,50), è sembrato che, accanto a loro, si fosse fisicamente materializzata la figura di Pierre Terrail di Bayard che è il personaggio oggetto della ricerca storica dei due autori. Il giovane Ho, studiando i testi con i racconti militari del Medio Evo e del Rinascimento, ha disegnato un costume che ha realizzato in parte costruendo personalmente e in parte facendosi costruire i pezzi dell’armatura. Con lui Giacomo Incudine e Monica che hanno costituito un gruppo storico che studia e valorizza spicchi di passato.
La presentazione del volume è avvenuta nello “Spazio incontri” del Secondo Padiglione del Salone del libro di Torino. A introdurre gli autori, il direttore di “Torino Cronache”, Beppe Fossati, e quello della “Gazzetta di Saluzzo”, Fiorenzo Cravetto. Al termine una lettura affidata alla “voce” di Angelo Moia.
Il “Cavaliere” di cui si parla è il figlio minore di una famiglia di piccola nobiltà di Pontcharra, nel Delfinato francese, fatalmente destinato al mestiere delle armi. Abilissimo cavallerizzo, spadaccino invincibile, stratega geniale, si trasforma in un’autentica macchina da guerra proprio quando un immenso conflitto di dimensioni europee sta per abbattersi sull’Italia. La Francia con i suoi alleati, da una parte, e la Spagna con il resto del mondo civile, dall’altra, si fronteggiano in uno scontro feroce, destinato a cambiare radicalmente i confini e il destino del Vecchio Continente.
Pierre Terrail di Bayard diventa presto una leggenda. Lo chiamano il “senza macchia e senza paura”. Intrepido nel combattimento, devoto a Dio è l’ultimo erede di una tradizione gloriosa cavalleresca che dal Medioevo arriva al Rinascimento.
Partecipa a tutti gli avvenimenti (e a tutte le battaglie) che si combattono in Italia fra la fine del 1400 e l’inizio del 1500. E’ protagonista – come giudice – della disfida di Barletta, difende il suo esercito sul Garigliano, conquista Napoli con Carlo VIII ed espugna il ducato di Milano con Luigi XII, scacciando Ludovico il Moro.
Incontra e frequenta papa Alessandro VI e Giulio II; conosce Lucrezia Borgia e il duca d’Este; partecipa al sacco di Brescia e alla conquista di Ravenna. Combatte a Fornovo, ad Agnadello e a Melegnano, teatro della “battaglia dei giganti” che lascia sul terreno 20 mila morti. Però, la sua storia, per certi versi straordinaria, che attraversa l’Italia in lungo e in largo, comincia e finisce in Piemonte.
Comincia perché il suo apprendistato, come paggio, avviene alla Corte dei Savoia, regnante Carlo I, che Pierre Terrail serve fin quando non viene stroncato da una malattia. Qualcuno sostiene che sia stato vittima del veleno del marchese di Saluzzo. Più probabilmente muore per colpa della tisi che costa la vita anche al figlio e alla figlia. Il corpo di Carlo I è sepolto nel duomo di Vercelli.
La vedova del sovrano, la duchessa Bianca di Monferrato, diventa l’amante di Pierre Terrail (forse, addirittura, la moglie, con matrimonio celebrato segretamente). Dall’unione nasce Jeanne, una ragazza che sposa il nobile del castello di Eidoche, Francois Boczosel, il cui ultimo discendente è un notaio che vive ancora a Grenoble. E anche alla fine dell’avventurosa vita del Cavaliere Bayard finisce in Piemonte perché, nel 1524, l’esercito francese, al comando dell’ammiraglio Bonnivet, viene assediato a Novara da dove – senza cibo e con armate esangui – sembra non abbia possibilità di scampo.
Invece, di notte, riescono a forzare il blocco e a incamminarsi, sulla strada per Fontaneto (più attrezzata per il passaggio di carri pesanti) per arrivare al fiume Sesia e ritirarsi in Francia. Gli spagnoli, accortisi di essere stati gabbati, inseguono per la strada di Briona, meno praticabile ma più corta in linea d’aria, e raggiungono i nemici a Romagnano.
Al guado “del morone” (così chiamato per via di un enorme gelso – un morone, per l’appunto – che rappresenta una specie di cartello segnaletico) avviene l’ultima battaglia di Bayard. Che, mentre comanda la retroguardia per proteggere il resto dell’esercito in fuga, viene colpito dal colpo di un archibugio che gli spezza la spina dorsale.