ROMA – Quattordici anni prima dell’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, in Somalia, due giornalisti italiani furono rapiti, nel Libano, mentre cercavano la verità sui traffici di armi tra l’Italia, altri Paesi occidentali e il Medio Oriente. Non furono più ritrovati. La loro storia è intrisa di segreti e depistaggi.
Italo Toni era marchigiano, di Sassoferrato (Ancona), e prima di iniziare l’attività giornalistica, era stato un maestro delle scuole elementari. Il Medio Oriente e le problematiche politiche di quei territori lo avevano sempre affascinato e la passione per i viaggi gli permetteva, inoltre, di acquisire informazioni e testimonianze utili per documentare gli articoli che scriveva per “Diari”, pubblicazione del gruppo editoriale Parretti. Era stato lui l’autore di uno scoop, pubblicato nel ’68 dalla rivista francese «Paris Match», relativo ai campi di addestramento della guerriglia palestinese, che ebbe una notevole risonanza mediatica in tutti i continenti.
L’ex maestro elementare faceva coppia nella vita come nell’attività giornalistica con Graziella De Palo, romana, figlia di un capitano dei Carabinieri e sorella di Giancarlo, scrittore e giornalista anch’egli, caporedattore del network «LR – LiberoReporter». Lei proveniva da «Paese Sera» e da «L’Astrolabio», e aveva maturato diverse altre esperienze. Italo e Graziella avevano anche pubblicato assieme per l’editore Mazzotta nel 1978 il libro “Quale movimento – polemica su Che Guevara”.
Se Italo conosceva bene quell’area geografica per i pregressi viaggi e la questione palestinese, Graziella aveva curato più inchieste sul traffico internazionale di armi in violazione degli embarghi dell’Onu avverso le nazioni coinvolte in guerre di aggressione o comunque ritenute “a rischio”. Erano entrambi consapevoli che fosse un’area molto pericolosa, uscita fuori dall’occupazione siriana (1977) e da quella israeliana, nell’anno successivo, e che vi era la guerra civile.
La mattina del 2 settembre 1980, secondo alcune fonti, i due giornalisti, a Beirut da dieci giorni, uscirono dal loro albergo per recarsi, supportati dal “Fronte Democratico Popolare per la Liberazione della Palestina”, a mezzo di una jeep, nelle vicinanze del Castello di Beaufort, una delle aree più rischiose in cui si svolgeva il conflitto. Secondo altre fonti, ad attenderli davanti al loro albergo (il “Triumph”) non si sa chi era o erano i loro accompagnatori, né venne data per certa la destinazione del Castello di Beaufort.
Sebbene avessero comunicato preventivamente, pare il giorno prima, all’ambasciata italiana a Beirut le loro iniziative volte a far meglio conoscere e documentare quella guerra, i due “free-lance” da quel momento risultano “volatilizzati”.
Erano arrivati a Beirut il 23 agosto, Nemer Hammad, rappresentante dell’Olp in Italia, aveva organizzato e sostenuto il loro viaggio, e furono ospiti dell’organizzazione Al-Fatah. Andrea Purgatori, sul “Corriere della Sera”, venti anni dopo, nel ricordarli scrisse di un telegramma da Damasco inviato da Graziella il giorno prima e delle preoccupazioni che comunque i due avevano, poiché pare che all’Ambasciata italiana avessero detto “Se tra tre giorni non saremo rientrati in albergo date l’allarme”.
Da un’inchiesta di “Paese Sera” del 1983 sembra che il 29 e il 30 agosto si fossero recati a Zahlek, centro di libero mercato della droga nel quale vi erano costruzioni adibite a depositi di armi vendute dalla Nato ai falangisti dell’estrema destra libanese, un’area – quella di Zahlek – inibita ai palestinesi, e che da quel giorno Italo e Graziella siano stati seguiti.
Se per l’uccisione di Ilaria Alpi e Milan Hrovatin vi è stata comunque una prova, gli stessi cadaveri, al di là di ogni ipotesi sulle dinamiche di fatti antecedenti e dell’atto delittuoso, ancorché la verità sia latitante, per la scomparsa dei giornalisti in Libano le supposizioni sono ancor di più intrise di mistero e di carenza di fonti certe.
Molti “sembra”, molti “pare” non aiutano a fare vera luce sulla vicenda. Nel dicembre del 2019, su iniziativa della famiglia De Palo, il caso è stato riaperto dalla Procura di Roma, la stessa che nel 1985, a seguito delle indagini svolte, aveva portato all’arresto di militari italiani di stanza a Beirut per aver favorito con la divulgazione di informazioni riservate i presunti responsabili di quel che si può ora con certezza definire un omicidio e non una scomparsa. L’istanza dei De Palo è stata supportata anche dal sindacato dei giornalisti che, nel 2020, ha chiesto alla Procura di de-secretare e sequestrare tutti gli atti inerenti il caso.
Molti “sembra” e molti “pare” dovrebbero così tramutarsi in certezze o in falsità rispetto alle narrazioni che per molti anni, sono ora 42, hanno caratterizzato la fine dei due giornalisti italiani, uno dei tanti misteri legati al rischio di documentare i fatti che chi informa, facendo il proprio dovere, specie in alcune aree del mondo, sa di correre. Ma la verità, prima o poi, dovrà emergere. (giornalistitalia.it)
Letterio Licordari