ADEN (Yemen) – Il giornalista Adeeb Al-Janani, corrispondente di Belqees TV, è stato ucciso il 30 dicembre in un attacco all’aeroporto di Aden, nello Yemen del Sud, mentre commentava in diretta l’arrivo del nuovo governo yemenita di ritorno da Riyadh, la capitale dell’Arabia Saudita. L’aeroporto è stato colpito da 4 missili lanciati dai ribelli Houthi ed ha provocato 25 morti e 110 feriti, di cui 9 giornalisti. Tra essi il corrispondente del canale yemenita Al Fadhayia, Sadok El Ritibi.
Adeeb Al-Janani stava descrivendo il caos causato dalla prima esplosione quando il suo racconto è stato interrotto da una seconda esplosione, che lo ha ucciso. L’aereo proveniva dalla capitale saudita dove ha sede il governo dello Yemen riconosciuto a livello internazionale da quando gli Houthi hanno preso il controllo della capitale yemenita, Sanaa, nel 2014.
Il nuovo governo di unità è stato formato il 18 dicembre come risultato di un accordo tra il governo in esilio con sede a Riyadh e i separatisti meridionali di Aden. È stato mediato dall’Arabia Saudita, che da più di un anno ha cercato di formare un fronte unito contro gli Houthi, che sono vicini a conquistare Marib, l’ultimo baluardo del governo ufficiale nel nord.
Sabrina Bennoui, capo del dipartimento Medio Oriente di Reporter Senza Frontiere denuncia che «la morte di Adeeb Al-Janani ha evidenziato, ancora una volta, i rischi che corrono i giornalisti yemeniti e il coraggio che devono mostrare per coprire gli sviluppi nel loro paese. Ma questo non significa che la loro morte sia inevitabile. È necessaria un’indagine internazionale per far luce sulle circostanze di questo atto inaccettabile e identificare i responsabili, che devono essere perseguiti».
Negli ultimi dieci anni, 44 giornalisti sono stati uccisi in Yemen, ma fino ad oggi nessuno degli autori è stato assicurato alla giustizia. Lo Yemen è stato uno dei cinque paesi presi di mira dalla Federazione internazionale dei giornalisti, Ifj, come parte della sua campagna 2020 per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti. In una lettera indirizzata al governo riconosciuto a livello internazionale del presidente Hadi e al governo de facto di Sana controllato dagli Houthi, l’Ifj aveva, infatti, invitato entrambe le parti in guerra a porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti.
La libertà di stampa continua, insomma, ad essere gravemente compromessa in Yemen. Tra luglio e settembre 2020, il sindacato Yjs ha segnalato 22 violazioni che vanno da arresti e minacce ad aggressioni e copertura vietata, indicando il governo dello Yemen e gli Houthi come i principali responsabili degli attacchi contro i lavoratori dei media. Yjs ha espresso il proprio dolore per questa esplosione criminale che è il risultato dei continui attacchi alla stampa dall’inizio della guerra.
Il segretario generale dell’Ifj, Anthony Bellanger, dal canto suo, nell’esprimere «le più sentite condoglianze alla famiglia di Adeeb Al-Janini, ai suoi amici e colleghi» ricorda che «è stato l’ultimo collega a pagare il prezzo più alto per aver svolto il suo lavoro durante uno spietato 2020. Le diverse autorità dello Yemen sono responsabili di prendere provvedimenti per porre fine alle uccisioni e agli attacchi in corso contro giornalisti e media. Devono intraprendere azioni immediate contro gli autori per dimostrare che non sono complici di questi crimini».
Reporter Senza Frontiere ricorda che un fotografo dell’Agence France-Presse, Nabil Hassan, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco da uomini armati non identificati fuori dalla sua casa in un sobborgo di Aden nel giugno 2020. Nessuna indagine ha identificato i responsabili.
Nel frattempo nove giornalisti sono tenuti in ostaggio in Yemen, sette dei quali dagli Houthi che controllano Sanaa. Quattro di questi giornalisti sono in attesa dell’esecuzione delle condanne a morte ricevute nell’aprile 2020 con l’accusa di spionaggio per conto dell’Arabia Saudita.
Lo Yemen è classificato al 167° posto su 180 paesi nell’indice mondiale della libertà di stampa 2020 di Rsf. (giornalistitalia.it)