TORINO – Diffamazione prolungata, linciaggio mediatico e soprattutto minacce di morte. Li sta subendo Tomaso Clavarino, 31 anni, giornalista pubblicista freelance e fotoreporter iscritto all’Ordine del Piemonte dall’11 gennaio 2010, che la scorsa primavera ha realizzato un reportage nei Paesi Baltici dedicato ai gruppi paramilitari (Lithuanian Riflemen’s Union, Latvian national Guard ed Estonian Defence) in crescita esponenziale quanto a numero di affiliati. All’interno di questi gruppi vi sono pure delle sezioni giovanili nelle quali ragazzi dai 12 ai 17 anni vengono anche addestrati militarmente.
Tutto questo è stato documentato dal collega e il suo reportage è uscito sulla testata olandese De Correspondent e sulla danese Dagbladet Information. Dopo la pubblicazione del reportage, il giornale estone Postimees ha pubblicato una serie di articoli diffamatori nei confronti di Clavarino, contenenti tra l’altro pesanti accuse nei suoi confronti da parte del Ministero della Difesa estone. Anche i media lituani e lettoni hanno ripreso le accuse e il ministero della Difesa lettone ha pubblicato un comunicato con i medesimi toni. Infine, la ciliegina sulla torta: un messaggio telefonico proveniente dall’Estonia, con minacce di morte.
La Federazione Nazionale Stampa Italiana e l’Associazione Stampa Subalpina sono a fianco del collega Clavarino e riaffermano con forza il diritto di cronaca e di libera espressione che dovrebbero far parte dei diritti di base dell’individuo in tutti i Paesi del mondo, specie quelli che, come le repubbliche baltiche, fanno parte dell’Unione Europea e dovrebbero condividerne i valori. Si può criticare l’operato di un fotografo e giornalista ma non si può cercare di impedire il suo lavoro con le menzogne o peggio con le minacce.
Fnsi e Associazione della Stampa Subalpina chiedono, pertanto, al Governo italiano di attivare i canali diplomatici nelle repubbliche baltiche per far luce al più presto su questa inquietante vicenda e tutelare il collega minacciato. (giornalistitalia.it)
Diffamazione e linciaggio mediatico per un suo reportage sui gruppi paramilitari baltici