LATINA – Minacce di morte a un giornalista del Messaggero. Tra le carte dell’inchiesta “Don’t touch” che ha portato all’arresto di Costantino Di Silvio e Gianluca Tuma e di altre 22 persone con l’accusa di associazione a delinquere spunta anche il grave episodio avvenuto l’11 gennaio scorso e rimasto fino a ieri coperto dal segreto di cui è stato vittima Vittorio Buongiorno, capo della redazione pontina del quotidiano.
“L’organizzazione criminale colpisce chiunque possa ostacolarla. In qualunque modo”, ha scritto nell’ordinanza il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Cario. “Intimidisce la stampa locale se questa soltanto riporti all’opinione pubblica e per dovere di cronaca fatti che passano attirare l’attenzione sull’organizzazione che invece a Latina ha tutto l’interesse a tenere il profilo basso e fare affari indisturbata”.
“Il giornalista si limitava a citare sul suo quotidiano quanto riportato nell’ordinanza di custodia cautelare essa dal giudice per le indagini preliminari di Roma in cui disponeva al custodia cautelare per Massimiliano Mantovano”, scrive il gip. E aggiunge: “questa indagine comprova in modo evidente la condivisione di interessi economici tra Mantovano e Tuma”. E ancora: “Per tali motivi appare evidente che Tuma non gradisca che un giornalista possa accomunare il suo nome al Mantovano”. E spiega: “Ha tutto l’interesse a che ciò non avvenga, temendo una sua esposizione che possa alterare quel profilo basso che consente il progresso dei suoi affari illeciti”.
“E allora – scrive il giudice Cario – avviena che il giornalista venga avvicinato dal Tuma”. È l’11 gennaio 2015. Il luogo prescelto è la Cattedrale di San Marco a Latina, dove si è appena conclusa la messa delle 10. “Tuma lo avvicinava in modo minaccioso, faccia a faccia, dicendogli: «Hai visto cosa è accaduto in Francia a usare la penna scorrettamente?». Il giornalista percepiva immediatamente la portata intimidatoria dell’avviso che si riferiva evidentemente a quanto accaduto quattro giorni prima a Parigi ove appartenenti a organizzazione terroristica internazionale avevano aperto il fuoco uccidento alcuni giornalisti del periodico satirico Charlie Hebdo. È evidente che la minaccia di morte sia profferita dal Tuma al giornalista al fine di impedite ce lo stesso riporti il suo nome associandolo a indagini in corso”.
“Non riusciva nel suo intento – scrivono prima i pm Spinelli e De Lazzaro nelle richieste, poi il gip Cario nell’ordinanza – per la ferma opposizione della vittima”, che “si recava il giorno stesso alla Questura di Latina per sporgere denuncia”. Un fatto grave, ieri ha ribadito il procuratore aggiunto Nunzia D’Elia “teso a condizionare la libertà di stampa e la libertà d’espressione, ancor più grave se collegato al fatto di voler limitare la libertà di espressione di chi è addetto a informare l’opinione pubblica”. (Il Messaggero)
Intimidazione a Vittorio Buongiorno, capo della redazione di Latina del quotidiano