MILANO – «Milano è sempre più capitale dell’editoria e, purtroppo, capitale delle crisi dell’editoria, con una concentrazione aumentata di giornalisti trasferiti da altre sedi, soprattutto da Roma, e con una platea sempre più vasta di operatori dell’informazione senza lavoro e con scarse o addirittura nessuna prospettiva di lavoro stabile e dignitosamente retribuito. È necessaria una mobilitazione generale che coinvolga noi in Lombardia, ma anche l’intera Federazione Nazionale della Stampa, il Paese e i cittadini italiani. Crisi dell’editoria vuol dire crisi del pluralismo e in generale della libertà di ciascuno. Io questa mobilitazione la chiamo e da oggi la apro». Con questo allarme e questo proposito combattivo il presidente dell’Associazione Lombarda Giornalisti, Paolo Perucchini, ha aperto oggi al cinema teatro Anteo di Milano l’assemblea dei Comitati di redazione e fiduciari della Lombardia. C’erano anche la giunta e il Consiglio direttivo dell’Alg, il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, esponenti sindacali di altre regioni come Stefano Fabbri, consigliere nazionale della Fnsi e tesoriere dell’Associazione Stampa Toscana.
«Sono venuto qui ben volentieri – ha scandito Fabbri al microfono – perché situazioni tremende e improvvise come quelle del Gruppo Riffeser coinvolgono tre giornali transregionali – Il Giorno, Il Resto del Carlino e La Nazione – che possono essere affrontate soltanto con un impegno comune e di tutte le Associazioni regionali di stampa e il vertice, la Giunta, il Consiglio nazionale della Fnsi. È una dorsale dell’informazione che rischia di incrinarsi, nessuno può tirarsi indietro o pensare a confini geografici. Èd è il momento del fare non del dire».
Presente anche l’assessore al Lavoro della Regione Lombardia, Melania Rizzoli, «e capite subito dal mio cognome e dalla mia vita – ha sottolineato – quanto a cuore abbia il problema, i nodi ma anche i cambiamenti e voglio sperare lo sviluppo di tutte le “informazioni”, di tutti i “giornalismi”. Mi metto a disposizione per studiare assieme interventi che possono essere anche piccoli, ma non lo sono se li fanno pure altre regioni, come quello delle borse di studio per la riqualificazione di giornalisti mi auguro temporaneamente espulsi del sistema produttivo. Farli rientrare aggiornati è un dovere direi sociale e politico. Borse di studio di 4 mila euro e convenzioni con le università diventano vitali. Moltiplichiamole per “n”, creiamo un volano, coinvolgiamo tutti i sindaci, facciamo lavorare i giornalisti ovunque perché ovunque ce n’è bisogno. E anche di editori che facciano gli editori e non perseguano altri interessi. Troppe ne abbiamo viste».
Presente anche il consigliere della Regione Lombardia, Fabio Pizzul, sensibile alle tematiche dell’informazione anche perché le ha vissute in casa: suo padre è, infatti, il popolare telecronista della Rai, Bruno Pizzul.
Pure Raffaele Lorusso ha puntato molto sul coinvolgimento della politica, punzecchiato comunque negli interventi «sulla disdetta inspiegabile del contratto Fnsi-Uspi appena nato che una prospettiva di vita avrebbe dovuto averla». «Soltanto assieme al Governo e al parlamento – la sua risposta – possiamo trovare soluzioni adeguate. Qui non si tratta di tamponare situazioni, perché le falle si aprono giornalmente. Bisogna ridisegnare il quadro e fare in modo che tutti mantengano gli impegni. Noi giornalisti e il sindacato lo facciamo per primi, di certo lo devono fare tutti gli altri attori. Per esempio la politica deve garantire che chi beneficia di un contributo pubblico poi abbia comportamenti conseguenti: non si possono ottenere soldi di tutti con la sinistra e con la destra licenziare anche in situazioni non drammatiche per il puro profitto oppure inventarsi pacchetti di prodotti centralizzati da distribuire alle reti regionali che di fatto mettono al tappeto sempre i giornalisti. Perché qui c’è qualcuno che non risolve i problemi, ma li sposta. Alla fine sempre i giornalisti pagano, quelli espulsi e quelli che non riescono a entrare».
Quanto alla disdetta del contratto Fnsi-Uspi, Lorusso ha risposto: «Mi chiedete del contratto Uspi, ma qui il problema è che gli editori i contratti non li vogliono proprio. Cottimo continuo è il loro mantra. Ci dobbiamo ribellare e richiamare tutti alle proprie responsabilità».
Perucchini e il direttivo dell’Alg hanno realizzato un manifesto choc che ha campeggiato nella sala del cinema teatro, nelle locandine e nei post: il giornalista steso per terra con la sagoma dei rilievi della Scientifica e la zona definita dal nastro giallo della scena del crimine. Invece del gesso, a sagomare il giornalista i ritagli di giornale e poi i numeri delle crisi: 1, 2, 3, 4, 5… Il titolo? #nonuccidetelinformazione.
E così la “Lombarda” ha presentato tutte le scene dei crimini, una per una: dalla Mondadori ad Askanews, da Visibilia a Metro, da Millionaire a Mediaset, da Lombardia Notizie a Universo, da QN, Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione a Condé Nast, Vanity Fair, Vogue, Wired, L’Uomo, Glamour, GQ, AD, Traveller, la Cucina Italiana. Al gruppo Rcs alla Provincia di Como, al Cittadino di Monza, Hearst, ClassEditori, MilanoFinanza e ItaliaOggi, al Corriere di Como al Gruppo Sole 24 Ore, agli esperimenti del Gruppo La Verità con Panorama e adesso con altri periodici, all’Ansa all’Eco di Bergamo, al Gruppo San Paolo a Credere. Dal Giornale a Repubblica e all’Espresso, alle televisioni e radio locali, ai siti internet, alla Rai e alle reti nazionali private. Per tutti una cartella con dati precisi e dinamiche da cronaca nera.
Cosa resta della giornata? L’impulso a fare il possibile – tutti – affinché non diventino Cold Case. (giornalistitalia.it)