PALERMO – Attacco gratuito e ingiustificato a “la Repubblica” dal presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Gianfranco Miccichè, che stamane a Palermo, nel corso della tradizionale cerimonia del ventaglio, a Palazzo dei Normanni, si è scagliato contro i giornalisti del quotidiano dicendosi “avvilito da questo tipo di giornalismo” e annunciando querela per diffamazione “affinché la libertà di stampa non diventi libertà di offesa”.
Accuse gravissime e, oltretutto, fuori luogo, considerata la natura della cerimonia, come riferiscono le cronache dei colleghi della redazione palermitana di Repubblica, che riportiamo in questa pagina.
Un attacco che ha giustamente indotto il collega Emanuele Lauria, cronista de “la Repubblica”, a non firmare il ventaglio e guadagnare l’uscita in segno di protesta ed a scrivere un articolo nel quale contesta chiaramente tutti i punti oggetto delle accuse di Micciché ricordando, tra l’altro, che i dati che fanno gridare allo scandalo il presidente dell’Ars sono contenuti nel rendiconto di Palazzo dei Normanni, per cui “o hanno sbagliato i funzionari dell’Ars o le falsità non le dice Repubblica”.
Ad Emanuele Lauria, stimato cronista politico, ed a tutti i colleghi della redazione palermitana de “la Repubblica”, la piena e convinta solidarietà del segretario generale aggiunto della Fnsi, Carlo Parisi, e di tutti i consiglieri nazionali e regionali, in tutti gli istituti di categoria, di “Stampa Libera e Indipendente”, la componente sindacale nella quale, nel febbraio scorso al Congresso di Levico Terme, Emanuele è stato eletto consigliere nazionale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana.
Appunto, un valoroso esponente di Stampa Libera e Indipendente che, assieme ai suoi colleghi, svolge quotidianamente il proprio lavoro per informare correttamente i lettori e non certo per diffamare chi, piuttosto di replicare civilmente, non trova di meglio che inscenare un indecoroso spettacolo, degno di tutt’altro che di una cerimonia istituzionale. (giornalistitalia.it)
Il caso denunciato da “la Repubblica”: «Micciché: “Io vittima di calunnie”»
Fuoriprogramma alla cerimonia del ventaglio all’Ars. Il presidente del parlamento siciliano, Gianfranco Miccichè, ha annunciato di avere presentato querela per diffamazione nei confronti del quotidiano “la Repubblica” per alcuni articoli riguardanti la sua audizione in commissione antimafia sul caso Arata.
“Ricevo il ventaglio con infinito piacere ma anche con grande amarezza – le parole di Miccichè –, sono avvilito da questo tipo di giornalismo. Cosa bisogna fare affinchè la libertà di stampa non diventi libertà di offesa?”. L’accusa di Miccichè muove i passi da un titolo e da un passaggio di un articolo del quotidiano. Il titolo recita: “Miccichè smentisce l’incontro con Arata”. “Ma nella mia audizione ho detto proprio il contrario – ha sottolineato il presidente dell’Ars –, comunicando luoghi e orari in cui avevo incontrato Arata. Quel titolo – è il pensiero di Miccichè – voleva farmi passare per bugiardo. La calunnia è un venticello…”.
E ancora: “Sono molto stanco e dispiaciuto da attacchi e comportamenti che non merito, come non li merita questa assemblea che sta cercando di migliorare in tutto”. A Palazzo dei Mormanni era presente anche il cronista de “la Repubblica” Emanuele Lauria che, alle parole di Miccichè, ha rifiutato di firmare il ventaglio ed ha abbandonato la sala stampa. (la Repubblica)
Lauria: “O hanno sbagliato i funzionari dell’Ars o le falsità non le dice Repubblica”
Il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, utilizzando in modo improprio un appuntamento istituzionale di natura conviviale, questa mattina ha attaccato Repubblica accennando a “calunnie”, a “falsità” e a una manovra per screditarlo. Ha trasformato la cerimonia del ventaglio in un processo a questo giornale, con metodo e modi che si commentano da sé. Ma noi ci limitiamo al contenuto delle accuse pubbliche mosse da Micciché, che ha mostrato due titoli dell’edizione siciliana di Repubblica.
Il primo riguarda l’audizione in commissione regionale antimafia: “Micciché smentisce l’incontro con Arata”. Il presidente dell’Assemblea ha mostrato il resoconto dei lavori in cui ammette, in effetti, alcuni incontri con il faccendiere ed ex deputato che gli fu presentato da Alberto Dell’Utri, fratello dell’ex senatore condannato per mafia. Ma Micicché sorvola su un appuntamento-chiave che è al centro dell’inchiesta: il dirigente generale del dipartimento Acque e rifiuti, Salvo Cocina, ha detto agli inquirenti di essere stato convocato da Micciché nel suo ufficio all’Ars e di aver trovato lì, a sua insaputa, proprio Arata. E il presidente dell’Ars, in commissione – come risulta dagli atti che lui stesso ha distribuito, ha smentito quell’incontro. Dicendo di “non ricordarlo nel modo più assoluto”. Il titolo cui fa riferimento Micciché, evidentemente, parla di quella smentita che – ripetiamo – riguarda un momento-chiave della storia sotto le lenti dei magistrati. E non è errato.
Quando al secondo rilievo, in un articolo a firma Claudio Reale, si dà conto dell’aumento delle spese dell’Ars nel 2018 a fronte della diminuzione del numero dei deputati. Un dato contenuto nel rendiconto interno di Palazzo dei Normanni approvato dall’Aula il 2 luglio: “Nell’arco del 2018 la spesa effettiva è stata di poco superiore di € 2.468.317,17 rispetto all’anno 2017”, è scritto a pagina 2 di quel rendiconto. O hanno sbagliato i funzionari dell’Ars o le falsità non le dice Repubblica: delle due, l’una.
Quanto alle allusioni sul concorso per consiglieri parlamentari, nessuno ha mai parlato di raccomandazioni e favoritismi: Repubblica ha semplicemente raccolto, com’è nella sua funzione, la dichiarazione del segretario della Funzione pubblica Cgil che eplicitava il sospetto che molti candidati abbiano rinunciato alla selezione nel timore che questa fosse “tagliata su misura” per qualcuno.
Questi sono i fatti. I venti e i venticelli che inquietano le notti di Micciché rappresentano cronaca minore, al limite dello show. E non ci appassionano più di tanto. Tantomeno ci fanno sorridere. (la Repubblica)
Emanuele Lauria
Francese (Odg): “L’ennesimo attacco dai piani alti contro i giornalisti per cronache non gradite”
«I cronisti parlamentari siciliani volevano fare all’Assemblea regionale, nella rituale cerimonia del ventaglio, gli auguri di buona estate al presidente dell’Ars Miccichè, che ha invece trasformato un incontro istituzionale in uno scontro, puntando il dito contro La Repubblica, accusandola di avere pubblicato falsità contro di lui e costringendo uno dei suoi cronisti ad allontanarsi per protesta. È l’ennesimo attacco che arriva dai piani alti della politica contro i giornalisti per le loro cronache non gradite. Un atteggiamento che persiste e che non è più accettabile». È quanto afferma Giulio Francese, presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, non nascondendo lo stupore per l’iniziativa del presidente dell’Ars.
«Miccichè ha detto di essere stanco, si è visto e ce ne dispiace ma non se la prenda con i giornalisti che fanno scrupolosamente il proprio lavoro, che meritano il rispetto di chi ricopre un’alta carica come la sua, chiamata a dare il buon esempio. Il suo è stato invece un j’accuse inopportuno e fuori luogo. Non uno sfogo improvviso ma un “processo” organizzato, con tanto di accuse illustrate da slide, davanti a giornalisti di diverse testate che erano accorsi per ben altri motivi. Se aveva qualcosa da dire per fare valere le sue ragioni contro i giornalisti le cui cronache non gli sono piaciute, avrebbe dovuto farlo con gli strumenti che la legge mette a disposizione e nelle sedi opportune. Ha scelto invece il metodo del “processo in piazza”, parlando in maniera inappropriata di libertà di stampa, volendo affermare una sua verità, con il triste risultato di avere rovinato una festa e destato molte perplessità». (giornalistitalia.it)
La solidarietà dell’Associazione Siciliana della Stampa
La segreteria regionale dell’Associazione Siciliana della Stampa esprime incredulità e sconcerto per il grave attacco rivolto stamattina dal presidente dell’Ars Gianfranco Micciché a “la Repubblica”, nel corso della cerimonia per la consegna del ventaglio.
Non è ammissibile che un momento istituzionale, peraltro di natura conviviale, si trasformi in un processo pubblico a una testata giornalistica.
L’on. Micciché, se ritiene di essere diffamato, ha tutti gli strumenti per difendersi nelle sedi opportune. Quello che non può fare è mettere all’indice in modo maldestro e improprio il lavoro scrupoloso dei colleghi, parlando a sproposito di libertà di stampa e nei fatti alterando la normale dinamica dei rapporti fra l’istituzione e gli organi di informazione”. (giornalistitalia.it)