ROMA – “L’epidemia di meningite c’è, ma non è di origine batterica: è un fenomeno mediatico”. Tre esperti dell’Istituto Superiore di Sanità, Fortunato D’Ancona, Maria Grazia Caporali e Paola Stefanelli, affidano al sito dell’Iss Epicentro una riflessione su quanto sta accadendo in questi giorni, puntando il dito contro i mass media e provando a rassicurare la popolazione.
“L’effetto mediatico del moltiplicarsi di notizie allarmistiche – sostengono – ha generato preoccupazione tra la popolazione generale che si chiede se nel nostro Paese è in atto, o meno, un’epidemia di meningite”.
“In questi giorni – scrivono – molti servizi vaccinali delle Asl sono in difficoltà per le richieste pressanti da parte dei cittadini che vorrebbero fissare un appuntamento ravvicinato per la vaccinazione contro il meningococco. Obiettivo: la sicurezza di se stessi e dei propri cari”.
Cosa succede? È veramente un’emergenza? Cosa è cambiato? Cosa dobbiamo temere? La risposta, sostengono a chiare lettere i ricercatori, “è più semplice di quanto molti possano pensare: si tratta solamente di una ‘epidemia mediatica’, in cui il patogeno, che si sta moltiplicando a dismisura, contagiando giornali e lettori, è semplicemente la notizia giornalistica”.
Cosa dicono i dati? “Dal punto di vista scientifico ed epidemiologico, la diffusione delle malattie invasive (meningiti e/o sepsi) è sovrapponibile a quella dell’anno precedente. Il patogeno più pericoloso, il meningococco, continua a essere responsabile, in Italia, di circa 200 casi l’anno, mentre le forme invasive prevenibili con vaccinazioni dello pneumococco sono in diminuzione”.
Tuttavia, la disponibilità di dati e di informazioni scientificamente valide “non ha impedito il dilagare di ansia e preoccupazione nella popolazione”. La scintilla che ha scatenato questa crescente attenzione mediatica sulle malattie invasive da meningococco, ricordano gli esperti dell’Iss, trova la sua origine nell’anomalo aumento, dal gennaio 2015, di casi da meningococco C nella zona centrale della Toscana.
Questo incremento, spiegato con la circolazione in quell’area di un clone di meningococco particolarmente aggressivo, ha innescato una risposta decisa da parte delle autorità sanitarie della Regione Toscana che, per fronteggiarne la diffusione, ha adottato una politica di offerta vaccinale molto ampia a favore della popolazione.
“Tuttavia, l’obiettivo di ridurre la circolazione di questo patogeno tra i portatori, in modo da limitare il numero di casi, non è stato purtroppo raggiunto neanche nel 2016 (infatti il numero dei casi del 2016 è stato simile a quello del 2015) probabilmente a causa di livelli di copertura vaccinali non ideali in alcune fasce di età e gruppi di popolazione.
L’invito pressante alla vaccinazione, come riportato dalla letteratura scientifica, ha avuto l’effetto collaterale di innalzare il livello di preoccupazione”. Ma se nel 2015, l’attenzione dei media era prevalentemente focalizzata sui casi e sulla situazione locale, nel 2016 si è lentamente spostata a livello nazionale, “senza però – scrivono – che ciò fosse giustificato da un aumento dei casi di meningite meningococcica in altre Regioni”.
Ma perche’ ora vediamo così tante notizie sui giornali? “In un anno ci sono circa 1500 segnalazioni di malattia batterica invasiva (a fronte di una popolazione italiana di 60 milioni di abitati) con un atteso di più di 4 casi al giorno nel periodo più freddo.
Inoltre, i media spesso riportano anche solo i casi sospetti, segnalando lo stesso caso più volte per sottolinearne il decorso o l’esito della malattia, dando così la falsa sensazione che ci si trovi di fronte a un alto numero di casi prima non presente”.
Mentre i numeri parlano chiaro: i casi di meningite da meningococco sono stati 164 nel 2014, 196 nel 2015 e 191 nel 2016. Nessun incremento, dunque, anzi. Per il solo meningococco C, si contano 36 casi nel 2014, 63 nel 2015 e 67 nell’anno appena trascorso.
I circa 30 casi in più degli ultimi due anni sono interamente dovuto al “cluster” epidemico in Toscana, dove i casi erano appena 2 nel 2014 e sono schizzati a 30 e a 31 nel 2015 e nel 2016. Nelle altre regioni i numeri sono invariati se non addirittura in calo.
Gli esperti si interrogano anche su come supportare una corretta informazione, e questi sono secondo loro i punti da seguire:
– rassicurare il cittadino che i rischi di contrarre questa malattia erano, e sono, molto bassi;
– illustrare alla popolazione generale che le vaccinazioni, incluse quelle contro i patogeni responsabili di malattia invasiva, sono uno strumento importantissimo di prevenzione per proteggere le categorie in cui la patologia si manifesta più frequentemente. Quindi l’offerta vaccinale gratuita prevista dal calendario vaccinale nazionale e/o regionale va sempre accettata perché è disegnata per le categorie di popolazione più suscettibili
– discutere serenamente con i cittadini sull’opportunità di estendere la vaccinazione per altri patogeni (ad esempio meningococco Aciw-135 e meningococco B). Queste vaccinazioni, infatti, potrebbero essere accessibili solo a pagamento a seconda dell’età del soggetto e della regione e potrebbero fornire una protezione aggiuntiva per una maggiore tranquillità anche in caso di basso rischio di contrarre la malattia. I vaccini sono efficaci e sicuri e la scelta finale di investire sulla protezione, spetta al cittadino
– spiegare che non vi è alcuna emergenza o alcuna epidemia nazionale: la vaccinazione può tranquillamente essere programmata dalla Asl a distanza di giorni o settimane, senza un reale aumento di rischio da parte del cittadino
– integrare le informazioni disponibili sui media con le informazioni istituzionali che forniscono un quadro piu’ completo della situazione. Esistono molte fonti informative disponibili a chiarire dei dubbi (oltre allo stesso EpiCentro, Iss, ministero della Salute, Regioni, Asl, Associazioni scientifiche). (agi)
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