BEIRUT (Libano) – Ha studiato in Italia e scrive anche in italiano una dei tre vincitori del premio giornalistico arabo-mediterraneo per la libertà di stampa Samir Kassir finanziato dall’Unione Europea: la tunisina Hanene Zbiss si è aggiudicata la prestigiosa onorificenza nella categoria inchieste, mentre l’egiziano Mohammed Abol Gheit ha vinto come miglior articolo di opinione e il siriano Orwa Moqdad è stato premiato come migliore autore di documentario. Quest’ultima categoria è stata introdotta per la prima volta nell’edizione del 2014 e la cui premiazione si è svolta a Beirut nella suggestiva cornice del giardino dell’antico palazzo Sursock alla presenza inedita del rappresentante speciale dell’Ue per i diritti umani Stavros Lambrinidis.
Zbiss, 34 anni, ha vinto partecipando con un’inchiesta, realizzata per il periodico tunisino Realités, sugli “asili nido coranici”, apparsi nel paese nordafricano dopo la deposizione nel gennaio 2011 del contestato presidente Ben Ali e la comparsa, tra gli altri, di formazioni islamiche radicali.
La giornalista tunisina si è formata all’Università di Pavia e per anni ha scritto sul giornale in italiano “Il corriere di Tunisi”, prima di approdare come corrispondente dal suo paese per l’autorevole quotidiano panarabo al Hayat.
Il premio Samir Kassir è intitolato all’omonimo giornalista e intellettuale libanese ucciso il 2 giugno del 2005 da un attentato dinamitardo compiuto contro di lui. Il crimine è stato da più parti attribuito al regime siriano della famiglia Assad, che all’epoca aveva da poco ritirato le sue truppe dal Libano dopo 29 anni di tutela politica-militare. Kassir era stato per anni esplicitamente critico dell’ingerenza di Damasco negli affari di Beirut e lui, come altri intellettuali e politici libanesi, sono stati uccisi in una lunga catena di omicidi mirati apertasi nel 2004 e non ancora conclusasi.
Durante la premiazione di quest’ultima edizione, la vedova di Kassir, la giornalista libanese Jiselle Khoury, ha fatto riferimento esplicito a tutti i giornalisti arabi e stranieri scomparsi nel buco nero del conflitto siriano, “finiti nelle mani di estremisti o dei servizi di repressione”.
Khoury ha anche ricordato la scomparsa di Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano da quasi un anno nelle mani di qaedisti nel nord della Siria. Proprio dalla Siria è giunto a Beirut il giovane documentarista Orwa Moqdad, vincitore del premio come autore di un reportage sui musicisti siriani che si esibiscono nelle strade della capitale libanese.
“Lavoravo a un documentario sui bombardamenti del regime ad Aleppo quando a Beirut mi sono imbattuto in questi ragazzi… ho pensato di dover raccontare anche questo lato della storia”, ha detto ritirando il premio.
Dal canto suo, il giovane giornalista egiziano Abol Gheit, autore – secondo la giuria mista araba ed europea – del miglior articolo di opinione, ha denunciato tutte le “violazioni ai giornalisti egiziani: nonostante la transizione politica seguita alla caduta del presidente Hosni Mubarak nel 2011, gli operatori dell’informazione si trovano presi tra l’incudine islamista e il martello dei militari”. (AnsaMed)
Per un’inchiesta sugli “asili nido coranici”. Premi anche ad un egiziano e un siriano