NOVARA – Giuseppe Verdi «è innamorato dell’Italia, ma non si fida degli italiani». Questa tesi è sostenuta da Alberto Mattioli, autore di “Meno grigi più Verdi” dove per Verdi non s’intende il colore ma, per l’appunto, il cognome del principe del melodramma.
«Nelle sue composizioni – insiste lo scrittore – emerge il carattere della gente con le pochissime virtù e gli enormi vizi». Per iniziativa del Circolo dei lettori, questa riflessione avviene a Novara, nel foyer del Teatro Coccia che, dal momento della sua fondazione, viene considerato “l’anticamera della Scala di Milano”. A dialogare con lui, il giornalista di Repubblica Luca Marcolini.
Anche Alberto Mattioli è giornalista. Originario di Modena, lavora a La Stampa, dove ha occupato il ruolo di corrispondente da Parigi e responsabile delle pagine culturali e dello spettacolo. Adesso, è in forza alla redazione di Milano. Ma la sua passione è la musica, alla quale ha dedicato studi, ricerche e pubblicazioni. Firma una rubrica su “Classic Voice” che, nel settore, rappresenta l’autorevolezza della bibbia
«Giuseppe Verdi deve scendere dal piedistallo, – commenta Mattioli – occorre farlo uscire dal museo e raccontarlo in modo semplice. E lì si scopre la straordinaria attualità della sua opera che si rivolgeva alla gente dell’Ottocento ma, in filigrana, rappresenta anche quella di oggi». Nel senso che le opere di Verdi, viste nel dettagli, raccontano la vita quotidiana contemporanea.
Qualche esempio? Il prologo del Rigoletto «descrive una cena che potrebbe assomigliare a quelle eleganti di Arcore». Se, poi, prendiamo in considerazione l’“Aida”, tragedia che si svolge in Etiopia dove la protagonista s’innamora del generale Radamès, ebbene, se togliamo la sabbia e gli elefanti, rimane un ragazzo di media borghesia che vuole sposarsi con la cameriera extracomunitaria. Dunque, uno scandalo.
E l’“Attila”, appena presentato a Milano, è stata vista dall’immaginario collettivo come un’opera che incoraggiava il Risorgimento. La frase con cui Ezio si rivolge al capo degli Unni per proporgli “tieniti tutto ma lasciami l’Italia” è stata interpretata come desiderio di lottare contro il barbaro per conquistare la nostra autonomia e indipendenza. Niente affatto. Secondo Mattioli la frase deve essere intesa come la proposta di una spartizione poco trasparante e con ampi margini truffaldini: «Ezio è come Badoglio» che, altro che patriota, si è sempre e soltanto preoccupato della propria carriera e dei propri interessi.
Può sembrare irriguardoso, ma il ragionamento di Mattioli appare del tutto convincente. Ancora? Nel “Simon Boccanegra” è potente la descrizione del popolo e del suo carattere: “da lontano tuona ma, quando si avvicina, fa sentire la voce dei fanciulli”. Protesta, magari vigorosamente, quando non serve e, al momento buono, si intimidisce e diventa rinunciatario. Non è una fotografia attualissima del carattere tricolore?
Una lettura originale, certo affascinante che probabilmente è possibile estendere anche ad altri autori. Per questo, Mattioli torna al Coccia, a Novara, il 18 dicembre, alle 21, per proporre un “Meno grigi più Rossini”.
Al giornalista è riservato lo spazio per la presentazione e il commento di una serie di romanze (da “L’italiana in Algeri” a “Cenerentola” fino a “Il Barbiere di Siviglia”) che verranno poi proposte dall’orchestra “Hungarian State”, per la direzione di Balazs Kocsar. (giornalistitalia.it)
Un libro e uno spettacolo per spiegarci la straordinaria attualità delle loro opere