KABUL (Afghanistan) – L’avvio dei negoziati di pace in Afghanistan nel settembre del 2020 ha segnato un forte aumento degli omicidi di attivisti per i diritti umani e giornalisti nel Paese: è quanto emerge da un rapporto pubblicato oggi dalla Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama).
Lo studio analizza l’andamento di questi attacchi dal primo gennaio 2018 al 31 gennaio 2021: in questo periodo sono stati uccisi 65 tra attivisti (32) e cronisti (33). Rispetto a questo totale, ben 11 (circa il 17%) hanno perso la vita in soli quattro mesi, dall’1 ottobre al 31 gennaio scorsi (cinque attivisti e sei giornalisti).
Questo trend, commenta il rapporto, «ha creato un clima di paura nella popolazione», oltre a provocare una contrazione di entrambi i settori ed indurre questi individui ad autocensurarsi, a lasciare il lavoro o d abbandonare le proprie case e comunità per evitare di essere presi di mira. Molti altri hanno lasciato il Paese.
«Le voci dei difensori dei diritti umani e dei media sono fondamentali per qualsiasi società aperta e dignitosa», ha commentato l’inviata Onu per l’Afghanistan e capo della Unama, Deborah Lyons, sottolineando che «in un momento in cui il dialogo e la fine del conflitto attraverso colloqui e soluzioni politiche dovrebbero essere al centro dell’attenzione, le voci dei diritti umani e dei media devono essere ascoltate più che mai, invece vengono messe a tacere». (ansa)
Grido d’allarme dell’Onu nel Rapporto Unama. Cronisti costretti ad autocensurarsi