La sua vita in un libro: “L’Italia non è un Paese facile per chi non ha un posto fisso”

Massimo Mapelli, giornalista Ad alta voce

Massimo Mapelli

ROMA – I dolori del giovane Massimo. Ma anche le sue gioie. La sua vocazione. In un libro che ci parla, sì, di giornalismo e di mass media nell’ultimo abbondante trentennio, e dell’Italia e del mondo che sono freneticamente mutati, ma che è sostanzialmente un autoritratto di un professionista nel quadro del suo tempo; più un romanzo di formazione che una “semplice” autobiografia.

Giuseppe Mazzarino

Classe 1967, giornalista televisivo di lungo corso, e prima ancora conduttore radiofonico di trasmissioni musicali, con “Ad alta voce” (Baldini+Castoldi, 515 pagine, 20 euro) Massimo Mapelli, tarantino casualmente nato a Bari e trapiantato a Roma, inviato del Tg La7, rilascia una testimonianza sull’informazione – accompagnata da una colonna sonora che ricostruisce il clima di un’epoca – mentre è ancora in medias res; immerso nel fluire delle notizie, non rievocatore del “come eravamo”.
Una storia che comincia a Castellaneta Marina, dove il libro lo stiamo presentando, in un dialogo fra un dinosauro del giornalismo (io), l’autore ed un pubblico partecipe, in una estate del dopo-laurea, quando Massimo viene convocato a Roma per mettere a frutto la sua passione per la musica, sostanziata anche in un programma musicale per una radio privata (segno dei tempi, annoterò da dinosauro:una quindicina d’anni prima, al loro sorgere, noi le chiamavamo radio libere…), per lavorare a Rai Stereo Notte.

Enrico Mentana

Non è il giornalismo, che ha iniziato ad appassionarlo quando una professoressa di Lettere a cui rende omaggio (Anna Magno, del Quinto Ennio, che abbiamo vista commossa prendere parte alla presentazione del volume), ad onta della fama di severità che la circondava, elogiò un suo tema e gli diede la scossa per abbandonare una pigra rassegnazione scolastica, ma è comunicazione; e che comunicazione. Nell’etere, infatti, non va “soltanto” musica, ma in grande libertà anche parole.
Nel cuore della notte, con i ritmi vitali sfalsati, come capita ai neonati che han scambiato il giorno con la notte. Imprinting anche quello, perché il giornalismo – anche quello della carta, soprattutto quello della carta – era stato, ed in parte è rimasto, una professione della notte. E al giornalismo il giovane Massimo, ricco di un tesserino da pubblicista ottenuto nel ’92 grazie a quella fucina di talenti che è stato il pur poverissimo quotidiano Puglia, diretto da un mostro sacro del giornalismo, Mario Gismondi, voleva comunque arrivare.

Mario Gismondi

Ormai romanizzato, continuando a lavorare per Rai Stereo Notte si iscrive alla scuola di giornalismo della Luiss, che frequenta con profitto, grazie anche ad una borsa di studio, ma che non è ancora riconosciuta dall’Ordine, e quindi non ammette all’esame di Stato da giornalista professionista. E la Rai non assume se non giornalisti professionisti (per di più, di solito, li prende da liste infinite di precari con un cospicuo monte mesi di sostituzioni).
Si ricomincia. Ultimo stage della scuola a Telemontecarlo (in sigla Tmc), dove il Tg è da poco guidato da Sandro Curzi, il direttore accusato di aver trasformato in Telekabul il Tg3 Rai. E nel frattemo Stereo Notte chiude i battenti.

Sandro Curzi

«L’Italia non è un Paese facile per chi non ha un posto fisso», commenta Mapelli. A Curzi ha fatto una buona impressione, e Sandrone lo chiama per lavorare ad una striscia informativa quotidiana, con un contrattino a termine da programmista-regista da trasformare poi in un contratto giornalistico a tempo indeterminato: ma non fa in tempo. Il nuovo editore di Tmc, Vittorio Cecchi Gori, lo fa fuori. A Curzi Mapelli ha dedicato proprio il titolo del libro; sostituito come direttore, non ha potuto onorare l’impegno di assumerlo: “non aver paura di sostenere le tue idee con i prossimi direttori e con chiunque. Se sei nel giusto, quando serve, fatti sentire e fallo ad alta voce”, gli dice congedandolo. Resistere, resistere, resistere, si potrebbe dire. E alla fine il contratto arriva, dopo una vertenza di lavoro con Tmc chiusa con una transazione extragiudiziale. E con una carriera che decolla.
Un bel libro, che ci dice molto, fino all’infodemia sul Covid-19 e fino alle prime settimane dell’invasione russa dell’Ucraina, del ruolo dell’informazione sempre più veloce e in crisi, ma anche per questo sempre più necessaria, nel mare magnum della spazzatura in rete, per avere dei punti di riferimento nel mondo che cambia, sempre più fluido. (giornalistitalia.it)

Giuseppe Mazzarino

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