Udienza il 20 marzo. Comune e Odg parte civile. L’editore-direttore: “Grave errore”

Mario Ciancio Sanfilippo a giudizio per mafia

Mario Ciancio Sanfilippo, editore e direttore responsabile del quotidiano La Sicilia

Mario Ciancio Sanfilippo, editore e direttore del quotidiano La Sicilia di Catania

CATANIA –  L’editore e direttore del quotidiano La Sicilia di Catania, Mario Ciancio Sanfilippo, è stato rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. È la decisione del giudice Loredana Pezzino che ha disposto il giudizio dopo che la Cassazione aveva annullato con rinvio la decisione di non luogo a procede del giudice del Tribunale di Catania, Gaetana Bernabò Distefano. La prima udienza è stata fissata per il 20 marzo, dinanzi alla prima Sezione penale del Tribunale di Catania.
L’inchiesta della Procura di Catania è durata diversi anni e inizialmente era sfociata nella richiesta di archiviazione. Ma il Gup Luigi Barone aveva disposto la trasmissione degli atti ai Pm che successivamente hanno chiesto il rinvio a giudizio dell’editore. La Procura ha, poi, presentato appello contro l’archiviazione che era stata decisa dal Gup Bernabò Distefano. Sono parti civili i fratelli del commissario Beppe Montana e l’Ordine dei giornalisti di Sicilia. In aula per l’accusa i Pm Antonino Fanara e Agata Santonocito. L’editore è difeso dagli avvocati Giulia Bongiorno e Carmelo Peluso.
“È un rinvio a giudizio che non mi stupisce. La mia assoluta estraneità ai fatti che mi vengono contestati è nelle indagini dei carabinieri del Ros. Sarebbe bastato leggerle per decidere diversamente”, afferma Mario Ciancio aggiungendo: “Non posso però fare a meno di dire che provoca in me un moto di indignazione il fatto che una ricostruzione fantasiosa e ricca di errori e di equivoci, che ha deformato cinquant’anni della mia storia umana, professionale e imprenditoriale, alterando fatti, circostanze ed episodi, sostituendo la verità con il sospetto, sia stata adottata quale impermeabile capo di accusa per attivare un processo contro di me. Ho sempre piena fiducia nell’operato della magistratura e non ho dubbi che sarò assolto da ogni addebito”. E conclude: “Sono pronto a difendermi con determinazione, continuerò serenamente a lavorare mentre i miei legali riproporranno con pazienza tutte le innumerevoli argomentazioni a sostegno della mia innocenza. Anche se i tempi si dilateranno riuscirò a dimostrare chiaramente il grave errore consumato con questo rinvio a giudizio”.
Il Comune di Catania si costituirà parte civile nel processo. Ad annunciarlo è stato lo stesso sindaco Enzo Bianco, che ha espresso “la massima fiducia nell’operato della magistratura” e si è augurato “che questa delicata vicenda possa essere definita quanto prima”.
Bianco ha ricordato che, come previsto dal regolamento per reati di questo tipo, il Comune, “ovviamente”, si costituirà parte civile nel processo a carico dell’imprenditore. (agi)

GIORNALISTA PROFESSIONISTA, DIRETTORE ED EDITORE 

Antenna-SiciliaNato a Catania il 29 maggio 1932, Mario Ciancio Sanfilippo è giornalista professionista iscritto all’Ordine di Sicilia dal 1° gennaio 1957. È direttore del quotidiano La Sicilia di Catania dal 1967 (dopo la morte di Antonio Prestinenza) e direttore responsabile dal 1976 (dopo la morte di Domenico Sanfilippo), oltre che editore avendo ereditato il totale controllo dell’azienda.
Con il suo amico Pippo Baudo lancia il 16 giugno 1979 l’emittente catanese Antenna Sicilia, acquisisce nel 1983 la concorrente Teletna e nel 2000 altre due concorrenti Telecolor e Video 3, monopolizzando l’informazione a Catania. Dal 1996 al 2001 è stato presidente della Fieg e, per un breve periodo, vicepresidente dell’Ansa, della quale è a tutt’oggi socio, e membro del consiglio di amministrazione assieme alla figlia Angela Ciancio.
Il Gruppo Ciancio Sanfilippo, proprietario della Domenico Sanfilippo Editore, della Società Industriale Grafica Editoriale spa, ha anche piccole partecipazioni nelle televisioni locali Telejonica, Rete 8 ed Rtp e nelle radio Sis, Telecolor e Video. Ha, inoltre, quote azionarie nei quotidiani Giornale di Sicilia, Gazzetta del Sud e La Gazzetta del Mezzogiorno e partecipazioni in LA7, Mtv, Telecom, Tiscali e L’Espresso/Repubblica. In passato è stato anche l’editore del quotidiano catanese Espresso sera. Sua anche la Etis 2000 spa che stampa e distribuisce in Sicilia e parte della Calabria anche numerosi quotidiani nazionali.

IL NODO DEL CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA

Un procedimento controverso quello a carico dell’editore catanese Mario Ciancio Sanfilippo, per il quale è stato disposto il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. La Procura di Catania il 17 febbraio 2015 aveva chiuso le indagini sul patron del quotidiano La Sicilia. L’accusa riguardava supposti interessi di Ciancio in attività imprenditoriali che secondo i Pm coinvolgevano anche la mafia, mentre un filone d’indagine era relativo a conti esteri con giacenze per oltre 52 milioni di euro.

AFFARI E CONTI IN SVIZZERA “RICONDUCIBILI A COSA NOSTRA”

Il Tribunale di Catania

Il Tribunale di Catania

La contestazione, spiegava allora la Procura, “si fonda sulla ricostruzione di una serie di vicende che iniziano negli anni ’70 e si protraggono nel tempo fino ad anni recenti; si tratta in particolare della partecipazione ad iniziative imprenditoriali nelle quali risultano coinvolti forti interessi riconducibili all’organizzazione Cosa nostra, catanese e palermitana.
Negli atti sono confluiti anche i documenti provenienti dagli accertamenti condotti in collegamento con le autorità svizzere e che hanno consentito, attraverso un complesso di atti di indagine, di acquisire la certezza dell’esistenza di diversi conti bancari. In quelli per i quali sono state ottenute le necessarie informazioni sono risultate depositate ingenti somme di denaro (52.695.031 euro), che non erano state dichiarate in occasione di precedenti scudi fiscali”.

NON LUOGO A PROCEDERE, CONCORSO ESTERNO REATO INDEFINITO

Il 21 dicembre 2015 il primo colpo di scena con la decisione del giudice per il “non luogo a procedere”. Nelle motivazioni depositate a febbraio 2016, Gaetana Bernabò Distefano spiegava, in merito al reato di concorso esterno, che sul profilo teorico la distinzione è chiara, sotto quello pratico invece la differenza può essere “problematica”, a tal punto che crea una difficoltà di concreta applicazione.
“La creazione di una fattispecie di reato non può che essere demandata al legislatore che deve farsi carico di stabilire i confini di tale figure, secondo precisi criteri di ermeneutica giuridica” e non “lasciare all’interprete il compito di definire qualcosa che, allo stato, non è definibile”.

Giovanni Falcone

Giovanni Falcone

Di più: “la creazione del cosiddetto concorso esterno appare, purtroppo, una figura che si potrebbe definire quasi idealizzata nell’ambito di un illecito penale così grave per la collettività. Con ciò non vuole dirsi che la zona grigia dei cosiddetti colletti bianchi sia una zona neutra, non passibile di controllo giurisdizionale. Si può affermare che il fenomeno è più delicato di quanto non si pensi, ed inoltre ha avuto un’evoluzione, in negativo, che negli anni Ottanta non si poteva neppure prevedere.
In sostanza – osservava il Giudice – l’intuizione di Giovanni Falcone e la conseguente creazione di una fattispecie di reato che potesse coprire la zona grigia della collusione con la mafia oggi non può che essere demandata al legislatore, il quale deve farsi carico di stabilire i confini di tali figure di reato, secondo precisi criteri di ermeneutica giuridica. Una volta individuata legislativamente tale fattispecie – osserva il Gip – sarà allora compito dell’interprete capire se il comportamento del singolo individuo vada ricompreso nella figura dell’associato mafioso o meno”.

LA CORTE DI CASSAZIONE RIMETTE IN PISTA IL PROCESSO

Per il giudice catanese il problema non è da poco, “soprattutto perché lascia all’interprete il compito di definire qualcosa che, allo stato, non è definibile”. La mancata certezza nella definizione del concorso esterno, che in astratto al momento potrebbe portare a contestare con maggiore chiarezza giuridica l’appartenenza a un clan, “non consente di sostenere l’accusa davanti al Tribunale”, proprio per la “difficoltà di ipotizzare il cosiddetto delitto di concorso esterno in associazione mafiosa”.
In ultima analisi “i singoli elementi indiziari non sono idonei a supportare l’accusa nel successivo giudizio per idoneità, carenza o contraddittorietà degli stessi”. Ma il 14 settembre 2016 è la Quinta Sezione Penale della Cassazione a intervenire disponendo l’annullamento con rinvio della sentenza, accogliendo il ricorso della Procura del capoluogo etneo. Ieri la decisione del Gup etneo e l’«indignazione» di Ciancio che parla di «ricostruzione fantasiosa», promettendo: «Mi difenderò da questo grave errore». (agi)

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